Dieci casi di sopravvissuti per miracolo a un disastro aereo o ad altri gravissimi incidenti. Spesso scampati per motivi misteriosi a una tragedia in cui hanno perso la vita centinaia di persone. Come nel disastro aereo avvenuto a Tripoli, dove un bambino olandese di otto anni è stato l’unico a non restare dilaniato nell’esplosione dell’Airbus dell’Afriqiyah Airways che ha falciato 103 vite. Andando a cercare negli annali dei disastri aerei, si scoprono episodi ancora più sconcertanti.
IL GUINNESS – Il guinness dei sopravvissuti spetta a Vesna Vulovic, hostess serba che è precipitata al suolo da una quota di 10.160 metri senza paracadute dopo che una bomba piazzata dai terroristi ha fatto esplodere il suo aereo. E nonostante le lesioni riportate (fratture a cranio, gambe e vertebre), in seguito alle quali è rimasta temporaneamente paralizzata, oggi si è ripresa e gode di ottima salute. Nella sciagura del 26 gennaio 1972, quando l’esplosivo dei nazionalisti croati disintegrò il DC9 delle Jugoslavian Airlines sulla rotta Copenaghen-Belgrado, morirono 27 persone. E la Vulovic fu l’unica a sopravvivere. Intervistata dal Corriere della Sera, ha dichiarato: “Ricordo tutto fino a un’ora prima dello schianto. Era come se ci sentissimo qualcosa: i piloti non facevano altro che comprare regali per le loro famiglie, parlare dei loro bambini. Io non dovevo neanche essere lì: fui imbarcata per l’omonimia con un’altra hostess”.
JAPAN AIRLINES 123 – E’ il più grave incidente aereo nella storia che abbia coinvolto un unico velivolo. Il 12 agosto 1985 muoiono 520 persone precipitando sul monte Takamagahara. La rottura della coda danneggia integralmente l’impianto idraulico. La depressurizzazione improvvisa è esplosiva: gli stabilizzatori verticali e altre appendici aerodinamiche si staccano e finiscono in mare. L’aereo è di fatto ingovernabile, cominciando a variare quota repentinamente. I piloti tentano di controllare l’aereo con il solo ausilio dei motori, poi la picchiata e lo schianto contro le montagne. Quattordici ore dopo Keiko Kawakami, 12 anni, è trovata dai soccorritori a cavalcioni del ramo di un albero. E, cosa incredibile, ha solo dei graffi. Sopravvivono anche Hiroko Yoshizaki, 34 anni, e la figlia Mikiko, 8 anni. Alla notizia dei superstiti i parenti dei dispersi, disobbedendo alla polizia, si lanciano a scalare le montagne, arrampicandosi a mani nude, nella speranza di trovare altre persone vive.
SUPERSTITI CANNIBALI – Il 13 ottobre 1972 un Fairchild F-227 dell’aviazione uruguayana, con rotta per Santiago del Cile, precipita sulle Ande. A bordo ci sono 45 persone. Diciotto muoiono subito, nell’impatto che spezza in due la fusoliera. Altri 11 perdono la vita pochi giorni dopo per il freddo, 40° sotto zero. Sopravvivono in 16, cibandosi della carne dei compagni per non morire di stenti. Su di loro è stato girato anche un film, “Alive – Sopravvissuti”. Il più giovane, Carlos Paes, ricorda oggi: “Nutrirci delle vittime del disastro era la nostra unica possibilità di sopravvivere, e tutto ciò che noi volevamo era sopravvivere, sopravvivere a qualsiasi costo”.
PISTA DI MANCHESTER – Il 22 agosto 1985 il charter della British Airtours prende fuoco mentre sta decollando da Manchester per Corfu, per un’esplosione al motore sinistro. Nell’aereo è l’inferno, ad avere la peggio sono i passeggeri della coda. Alla fine in 54 muoiono carbonizzati. E i racconti degli 83 sopravvissuti sono da brivido. “Non so come ne sono uscito – racconta Mike Mather -, credevo di morire calpestato; c’è stato un gran panico dopo lo schianto e quelle fiamme sull’ala, quel denso fumo nero di sapore acido che ha invaso le cabine… Qualcuno ha urlato di rimanere accovacciati sui sedili, ma invece ci siamo gettati nel corridoio. Non ho mai visto tanto terrore negli occhi della gente”.
TRAVIS BARKER – Tra i sopravvissuti degli incidenti aerei c’è anche una rock star, Travis Barker, batterista dei Blink-182. La mattina del 19 settembre rimane coinvolto, insieme a (nome d’arte di Adam Goldstein), nello schianto di un aereo privato in Columbia, nel South Carolina. Nell’impatto muoiono quattro persone, tra cui Chris Baker, assistente personale di Travis. Il batterista riporta a sua volta ustioni gravi. Dei sei passeggeri sopravvivono solo Barker e Goldstein, che riescono ad arrampicarsi sull’ala dell’aereo in fiamme e a lanciarsi sulla pista. Per poi restare per lunghi minuti in attesa dei soccorsi, impotenti mentre i loro amici bruciano all’interno del Learjet.
VARSAVIA – Maurizio Boetti, 54enne di Finale Emilia (Modena), è l’unico italiano scampato al disastro aereo del 14 settembre 1993 a Varsavia. Quel giorno il vento è così forte che al momento dell’atterraggio l’Airbus 320 non riesce a frenare e va a sbattere con un’ala contro un terrapieno in fondo alla pista, prendendo fuoco. “Una fiammata ha attraversato l’aereo da una fiancata all’altra – ricorda Boetti -. Il colpo mi ha scagliato sotto il sedile, la cintura di sicurezza mi è rimasta come ‘stampata’ sulla pelle. Ho sentito subito un dolore acutissimo. All’improvviso il fumo ha iniziato a invadere tutto. Sentivo gli altri passeggeri che urlavano. Con un’enorme fatica, mi sono portato nel corridoio, disteso, ma le altre persone mi calpestavano”. Oggi Boetti ha superato lo shock e ripreso a volare più di prima, ma chiede sempre il posto vicino all’uscita di sicurezza. E aggiunge: “Spesso c’è chi vuole sedermi accanto, perché ritengono che porti fortuna”.
TORCIA UMANA – Pasquale Padovano è l’unico a essere scampato alla strage di Linate dell’8 ottobre 2001, e porta sul corpo martoriato i segni di quel tragico incidente. Da allora non ha più ciglia né palpebre, la bocca è una ferita arrossata, l’unica parte del corpo quasi integra sono gli stinchi e i piedi. Quella mattina lavorava come operaio nella palazzina di smistamento bagagli di Linate. E gli piombarono addosso 60 tonnellate di alluminio e 26mila litri di kerosene del boeing Md 87 per Copenaghen. “Dall’ala squarciata – ricorda Padovano – è iniziato a piovere kerosene. Mi sono ritrovato fradicio, in un lago di combustibile. Un attimo dopo, tutto ha preso fuoco. Bruciavo come una torcia, non vedevo che il fuoco”. Un pensiero lo ha salvato: l’idea che, morendo, non avrebbe più visto sua figlia. E così Padovano si è messo a correre e, in questo modo, è riuscito a sopravvivere.
ISOLE COMORE – Una sola sopravvissuta anche nel disastro aereo alle isole Comore, dove lo scorso 30 giugno è precipitato un Airbus A310. Si chiama Baya Bakari e al momento dell’incidente aveva 14 anni. Tutti gli altri 152 passeggeri sono morti. Baya è rimasta per oltre 12 ore aggrappata a un pezzo d’aereo in balia del mare, raccontando una volta tratta in salvo di avere udito attorno a lei delle voci nel buio della notte. “Papà, siamo caduti in mare – ha detto al genitore -. Riuscivo a sentire parlare della gente. Ma non potevo vedere niente, era tutto nero intorno a me”. “Ho parlato brevemente a Baya, le ho fatto qualche domanda – ha detto il padre Kassim Bakari subito dopo l’incidente -. Mia figlia è molto timida e fragile, appena in grado di nuotare”.
SOTTO IL TRENO – Non sono soltanto gli incidenti aerei ad annoverare dei sopravvissuti per miracolo. A Melbourne, in Australia, lo scorso ottobre un passeggino è finito sotto il treno, ma il neonato non ha riportato neanche un graffio. Alla madre è sfuggito di mano la carrozzina, proprio mentre sopraggiungeva il convoglio. Il conducente non è riuscito a fermarsi e il bambino è finito sotto le ruote del locomotore, che lo ha trascinato per oltre trenta metri. La madre in preda al panico ha incominciato a urlare e ha chiamato l’ambulanza, ma quando questa è arrivata il piccolo era già tra le sue braccia, illeso.
TRAVOLTO DA UN CAMION – Era fermo di fianco a un passaggio a livello in Turchia e si è trovato coinvolto in un incidente spettacolare. Protagonista involontario un 32enne. Un camion ha attraversato le rotaie, ma è stato investito da un treno lanciato a tutta velocità. E l’autoarticolato ha travolto a sua volta il pedone. In un primo momento il 32enne sembrava essere stato completamente schiacciato dal veicolo. Invece è scampato e ha dichiarato di non ricordarsi assolutamente nulla di quanto accaduto.
(Pietro Vernizzi)
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