Bere il caffè non aiuta a stare svegli. Anzi, chi ne prende troppo si stanca più facilmente, in quanto è assuefatto, anche se in piccolo, un po’ come chi assume la droga. Questo almeno quanto sostengono otto studiosi inglesi e tedeschi, che hanno pubblicato una ricerca sulla rivista Neuropsychopharmacology, secondo cui gli effetti stimolanti del caffè sarebbero soltanto un’illusione. Gli esperimenti sono stati condotti su 379 persone, di cui 162 bevono tra zero e una tazza di caffè al giorno e 217 ne consumano tra una e sei. A ciascuno dei partecipanti al test è stato chiesto di astenersi dalla bevanda calda per 16 ore. A metà delle persone, estratte a sorte, è quindi stata data una tazza da 100 milligrammi di caffeina (ovvero una tazza di caffè lungo, detto anche americano), e dopo un’ora e mezza altri 150 milligrammi.



All’altra metà è stata invece offerta una bevanda placebo senza caffeina, ma con identico colore e aroma del caffè. I ricercatori hanno quindi valutato il grado di capacità di attenzione, ansia e mal di testa dei partecipanti. Dopo avere assunto la bevanda placebo, chi era assuefatto al caffè osservava un calo di attenzione e un aumento del mal di testa. Se invece era stato offerto loro del caffè vero, non riportavano né un calo di attenzione né un incremento del mal di testa. Tuttavia, il loro livello di attenzione non era superiore a quello di coloro che abitualmente non bevono caffè o ne consumano poco, e cui era stato dato del placebo.



 

L’ASSUEFAZIONE – Secondo la ricerca infatti chi beve abitualmente il caffè sviluppa un’assuefazione agli effetti della caffeina, sia per quanto riguarda l’ansia, sia come stimolo nervoso. Considerata infatti la maggiore propensione all’ansietà e l’incremento della pressione arteriosa che provoca nei suoi consumatori abituali, il caffè non produrrebbe quindi nessun beneficio in chi lo beve. Secondo i ricercatori inglesi, gran parte degli effetti della caffeina sono mediati dal suo stimolo su alcuni recettori cerebrali, quelli cioè dell’adenosina. Ma i ricercatori sono voluti andare oltre, analizzando a fondo anche i geni che potrebbero rendere più o meno sensibili alla caffeina. Scoprendo così che le persone più predisposte all’ansia non rifuggono affatto il caffè, anzi tendono a berne di più.



 

Inoltre, basta poco per produrre l’effetto dipendenza. Sono infatti sufficienti un paio di tazzine al giorno, per non risentire più delle conseguenze ansiogene del caffè. Ma dopo meno di un giorno di «astinenza», si inizia già a sentire il mal di testa e una riduzione della lucidità mentale, con il cervello intorpidito. La soglia «di non ritorno» per generare la dipendenza è pari inoltre a quattro espressi al giorno. Come sottolineato da uno dei curatori della ricerca, il professor Peter Rogers, del dipartimento di Psicologia sperimentale dell’Università di Bristol, «anche se i consumatori abituali ritengono che il caffè produca su di loro un effetto eccitante, le prove raccolte durante il test suggeriscono che in realtà questo è soltanto il risultato contrario della stanchezza che provano quando si astengono a lungo dal berlo».

 

 

«NESSUN BENEFICIO» – Per Rogers quindi «con il consumo frequente, si sviluppa una sostanziale tolleranza per l’effetto ansiogeno della caffeina, anche negli individui geneticamente più esposti. Ma non si ottiene nessun beneficio per il proprio livello di attenzione, in quanto l’astinenza dalla caffeina riduce il grado di reattività e il consumo della bevanda si limita a riportare allo stato di partenza». E aggiungono gli studiosi che hanno realizzato la ricerca: «La caffeina è considerata uno psicostimolante, ma è anche ansiogenica. La combinazione tra un gene del Dna (l’Adora 2A) e l’ansietà causata dalla caffeina si riscontra anche nelle persone che abitualmente consumano poco caffè».

 

Per gli esperti inglesi e tedeschi quindi «nelle persone con il gene Adora 2A, i risultati della ricerca hanno dimostrato una maggiore predisposizione allo stato d’ansia provocato dalla caffeina, ma non un’assunzione ridotta di caffeina abituale. Anzi, in questo caso l’assunzione è più elevata. Mentre nelle persone prive di quel gene, lo stato d’ansia dopo avere assunto il caffè è più ridotto in chi di solito ne beve tanto, rispetto a chi non ne beve o ne beve poco».

 

– Tuttavia il dottor Euan Paul, direttore esecutivo della British Coffee Association, ha dichiarato alla Bbc che «esiste una sovrabbondanza schiacciante di prove» che dimostra che la caffeina incrementa i livelli di attenzione agendo come stimolante sul sistema nervoso centrale sollecitando il rilascio di adrenalina. «Questo effetto non è stato riscontrato soltanto nei soggetti con uno stato di attenzione limitato – ha sottolineato Paul -, come i lavoratori dei turni notturni, o quanti si svegliano molto presto al mattino, ma è stato evidenziato anche in persone che sono già in grado di mantenere un livello elevato di attenzione». Il direttore della Coffee Association ha raccomandato di realizzare una ricerca più approfondita, aggiungendo: «Il caffè, quando consumato con moderazione, tra quattro e cinque tazze al giorno, fa bene e può sicuramente arrecare dei benefici per la salute, tra cui quello di contribuire al proprio apporto giornaliero di liquidi».

 

Ma ha precisato che le donne incinta dovrebbero ricordarsi il consiglio della Food Standards Agency e limitare l’assunzione di caffeina, in qualsiasi forma, a 200 mg al giorno. Una singola tazza di caffè solubile contiene tra 60 e 100 mg di caffeina, a seconda della diversa concentrazione della bevanda.

 

Una tazza di tè ne ha invece 30-100 mg di caffeina; un caffè espresso, o macchiato con latte, ne fornisce invece 90-200 mg. Ma la sostanza stimolante si trova anche nel cioccolato: una tavoletta di 55 grammi ne contiene 40-50 mg.

 

(Pietro Vernizzi)

 

Leggi ARCHEOLOGIA/ Quando gli esperti fanno flop: falsi storici e bufale, ecco le dieci più eclatanti

 

Leggi anche MEDICINA/ Il neuro-scienziato: cureremo la sclerosi multipla con le staminali adulte