Il primo amore non si scorda mai. Oltre che il titolo di una canzone, ora è anche una verità provata scientificamente. Merito di due ricerche condotte da psicologi americani e cinesi che hanno controllato le reazioni nelle diverse aree cerebrali attivate dall’innamoramento. L’amore romantico, vissuto soprattutto in giovane età, attiva infatti in maniera tutta nuova i circuiti neuronali dell’ansia e della paura, provocando in noi una specie di trauma. Un’esperienza unica, identica in tutte le culture, secondo quanto è stato scoperto da uno studio condotto dal professor Art Aron della Stony Brook University di New York insieme a tre ricercatori cinesi. Eppure, per quanto unica, l’esperienza dell’innamoramento può durare tutta la vita. A scoprirlo è stato sempre Aron in una ricerca realizzata nel 2009 insieme a Bianca P. Acevedo.
Ancora prima, nel 2005, Aron aveva studiato l’amore romantico negli Stati Uniti e nel Regno Unito, scoprendo l’attivazione dei sistemi del cervello legati alla ricompensa e alla motivazione durante l’innamoramento (gli stessi correlati al gioco d’azzardo e all’assunzione di droga). Nella nuova ricerca, appena ultimata, lo psicologo si è posto tre domande: quali sistemi neurologici sono attivati nelle persone cinesi; se queste attivazioni sono condizionate da differenze individuali all’interno di un contesto culturale di tradizione e modernità; se esiste un collegamento con il grado di soddisfazione che l’innamorato incontrerà nella relazione. Ai 18 cinesi che hanno partecipato al test, svoltosi a Pechino, sono state mostrate la foto della persona di cui erano innamorati e di un altro conoscente, nei cui confronti non provavano quel tipo di sentimento. Scoprendo così, attraverso delle scansioni cerebrali, l’attivazione di aree correlate soltanto alla persona amata.
LA «PREDIZIONE» – Gli effetti neurologici dell’innamoramento nei cinesi sono inoltre diversi a seconda che la relazione sia associata al concetto di tradizione o di modernità. Ma non è stata l’unica sorpresa emersa dalla ricerca. Diciotto mesi dopo il test, i ricercatori hanno svolto un secondo esperimento sui partecipanti cinesi. Chiedendo alle coppie di assegnare un voto da uno a sette alla loro relazione. E anche se tutti i partecipanti erano felici insieme, alcuni di loro hanno risposto con un sei, altri invece con un sette. I ricercatori hanno quindi confrontato le risposte con le scansioni effettuate 18 mesi prima. E il dottor Aron ha dichiarato al «New York Times»: «Per la nostra gioia abbiamo ottenuto dei modelli molto chiari. Abbiamo controllato per vedere se c’erano delle aree del cervello che avrebbero predetto il grado di soddisfazione 18 mesi dopo, e abbiamo ottenuto un risultato molto netto che lo conferma».
Sulla stessa linea d’onda un’altra ricerca, pubblicata nel 2009 da Arthur Aron e da Bianca P. Acevedo sulla «Review of General Psychology», con il titolo «Una relazione a lungo termine uccide l’amore romantico?». Uno studio che prende le mosse da una provocazione dello scrittore Oscar Wilde, che diceva: «Uno dovrebbe essere sempre innamorato. E questo è il motivo per cui non dovrebbe mai sposarsi». Aron e Acevedo hanno quindi realizzato una vera e propria equazione per descrivere il livello di amore passionale in una relazione di lunga durata. E all’interno dell’equazione sono stati inclusi diversi fattori, tra cui il benessere psicologico e l’autostima. Sottolineando per esempio come nell’amore romantico sia essenziale un elevato livello di autostima.
L’AUTOSTIMA – La definizione di eros utilizzata da Aron e Acevedo è infatti la seguente: «Fiducia in sé e autostima elevata che consentono un’attenzione intensa ed esclusiva sul proprio partner, ma non possessività o gelosia». L’opposto quindi dell’amore ossessivo, che consiste proprio nell’essere pieni di dubbi e insicurezze ed è collegato a turbolenza, insoddisfazione e ossessione nella relazione. «Esiste una precisa direzione di causalità che va dall’autostima all’amore», sottolinea la ricerca. Infatti, «le persone classificate come insicure sono meno in grado di fornire una base sicura ai loro partner e ottengono una minore soddisfazione e una maggiore conflittualità nella relazione, oltre a presentare un’autostima più bassa». Nelle conclusioni Aron e Acevedo sottolineano quindi che «l’amore romantico di lunga durata (con intensità, attrazione sessuale e coinvolgimento, ma senza l’elemento ossessivo tipico delle nuove relazioni) sembrerebbe essere un fenomeno reale, in grado di migliorare le vite delle persone, e associato positivamente con la soddisfazione relativa al matrimonio, con la salute mentale e con il benessere generale».
E aggiungono i ricercatori: «La possibilità di un amore romantico che duri a lungo dovrebbe essere un obiettivo per le coppie, molto più elevato di quello che finora è stato generalmente considerato come realistico». Mai accontentarsi, consigliano gli psicologi, anche se sembrano farlo tutte le altre coppie che abbiamo intorno. «Può darsi che Oscar Wilde si sia sbagliato?», si domandano alla fine gli esperti, concludendo: «La scoperta shock sulle possibilità che un matrimonio che dura molti anni non uccida necessariamente il romanticismo nella relazione, potrebbe fornire ad alcune coppie l’ispirazione di cui hanno bisogno, magari rischiando un po’, per compiere quei cambiamenti che miglioreranno la qualità della loro relazione».
(Pietro Vernizzi)
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