«A che ora è la fine del mondo?», si chiedeva preoccupato il buon Liga. E soprattutto – verrebbe da aggiungere – è possibile prevedere scientificamente come avverrà? Saremo sommersi da un innalzamento degli oceani che inonderà l’Italia come la mitica Atlantide, schiacciati dall’asteroide Apophis che si abbatterà sulla Terra nel 2036, arsi vivi per un’eruzione simultanea dei principali vulcani del pianeta, sterminati da una nuova epidemia di peste bubbonica o congelati per lo spegnimento del sole? A volere essere pignoli, si potrebbe dire che quella che ci aspetta non è la fine del mondo, ma una serie consecutiva di apocalissi una più devastante dell’altra. E soprattutto, a differenza della profezia Maya sul 2012, che di fatto è poco più di una leggenda, in questo caso a descrivere la fine del mondo sono delle teorie scientifiche elaborate dalle migliori università di Europa e Stati Uniti. Ovviamente si tratta soltanto di ipotesi, ma pur sempre di ipotesi realistiche. E che mai in passato sono state così numerose come oggi.
– A descrivere il primo scenario apocalittico è stato Witold Fraczek, ricercatore dell’Esri. Che ha ipotizzato che la Terra possa smettere di ruotare attorno a se stessa, pur continuando a girare intorno al Sole. Effettivamente il nostro pianeta negli ultimi secoli ha già incominciato a rallentare, tanto che a partire dal 1972 gli scienziati hanno progressivamente modificato la durata del giorno sugli orologi atomici. A causa del rallentamento, il giorno ha superato la durata canonica di 24 ore, in quanto quasi ogni anno è stato necessario aggiungere un «secondo bisestile» (nel 1972 persino due). L’ipotesi dell’Esri è però che la Terra giunga a fermarsi del tutto nell’arco di pochi decenni. In questo caso si interromperebbe la forza centrifuga esercitata dalla rotazione terrestre, che fa rigonfiare gli oceani nel punto dove la Terra gira più velocemente, cioè l’Equatore.
Resterebbe soltanto la forza di gravità, che ai due poli (Artide e Antartide) è molto più potente rispetto al resto del Pianeta, in quanto la Terra non è una sfera perfetta ma un’ellisse schiacciata alle estremità. E questo produrrebbe effetti devastanti. I mari sarebbero completamente calamitati dai due poli, creando due oceani alle estremità nord e sud e un’enorme continente lungo l’Equatore. Sommergendo tutta l’Italia, con l’eccezione di Sicilia, Calabria e parte della Puglia, oltre a gran parte dell’Europa, al Canada, alla Russia e a una buona metà degli Stati Uniti. A causa dello svuotamento degli attuali oceani Pacifico, Atlantico e Indiano, si creerebbero inoltre delle super montagne. Il vulcano Chimborazo (Ecuador) raggiungerebbe i 13.615 metri, il Kilimanjaro (Tanzania) i 12.786 e le Ande Colombiane i 12.280 metri.
– Altrettanto drammatico, se non peggiore, lo scenario che si creerebbe nel caso in cui l’asteroide Apophis dovesse colpire la Terra. Una probabilità tutt’altro che remota, al punto che nel maggio scorso l’agenzia spaziale federale russa Roscosmos ha annunciato di essere seriamente intenzionata a organizzare una spedizione per salvare il mondo dalla distruzione e intercettare Apophis. Lev Zelioni, direttore dell’IKi, l’Istituto di fisica cosmica dell’Accademia delle scienze, ha precisato di avere coinvolto i suoi esperti nel progetto e che la società che dovrebbe costruire la sonda è la Lavochkin Association specializzata nella costruzione di veicoli spaziali scientifici. Con l’avvicinarsi dell’asteroide si fa sempre più imminente l’ok politico del governo russo, con l’approvazione dell’investimento per la mega operazione.
«E’ IN GIOCO LA VITA DELLE PERSONE» – A preoccupare particolarmente i russi è il fatto che nella loro memoria storica hanno la caduta di una cometa o di un asteroide a Tunguska in Siberia nel 1908, che ha distrutto un’ampia regione non abitata. Apophis, che ha un diametro stimato di 350 metri e viaggia alla velocità di circa 30 chilometri al secondo, è in grado di sviluppare sulla Terra una potenza di 870 megatoni, cioè 65mila volte più grande di quella di Hiroshima. «E’ in gioco la vita delle persone – ha dichiarato il direttore di Roscosmos, Anatoly Perminov -. Non possiamo sederci ad aspettare con le mani in mano, dobbiamo costruire un sistema che ci permetta di evitare la collisione, anche se costerà milioni di dollari».
– Ma se anche la Terra dovesse salvarsi da Apophis sarà presto per tirare un sospiro di sollievo. Ogni giorno il nostro pianeta è letteralmente bersagliato da una miriade di piccoli oggetti. In media ogni 100 anni inoltre un meteorite di dieci metri di lunghezza colpisce la Terra, liberando l’energia di un piccolo dispositivo nucleare. L’ultima volta appunto è stato nel 1908 in Tunguska, zona fortunatamente poco popolosa. Ogni 100mila anni invece un asteroide di alcune centinaia di metri si scontra con il nostro pianeta con la forza di un arsenale nucleare. Il cratere prodotto in questo caso può avere circa le stesse dimensioni dell’Inghilterra, provocando un grande tsunami in grado di coinvolgere tutti i mari e gli oceani, sollevando tanta polvere nell’atmosfera da nascondere il Sole per mesi e distruggendo gran parte della vegetazione presente in tutti e cinque i continenti.
Potrebbe essere il caso appunto di Apophis, ma anche di un qualsiasi altro asteroide che non abbiamo ancora individuato. In ogni caso, visto in un’ottica globale, si tratterebbe di un evento di gravità media (per quanto letale per milioni di persone). L’ipotesi peggiore è che invece la Terra entri in collisione con un asteroide dal diametro di alcuni chilometri. Un impatto di questo tipo crea terremoti globali, onde marine alte un chilometro e mezzo e la morte immediata di quasi tutti gli animali terrestri. A essere sterminati sono anche tutti i pesci, perché l’evaporazione di miliardi di tonnellate di roccia nasconderebbe il Sole, provocando un drammatico raffreddamento delle acque, culminando con la distruzione della catena alimentare legata alla fotosintesi. Si tratta dell’evento che 65 milioni di anni fa ha portato all’estinzione dei dinosauri. Fortunatamente questo cataclisma si verifica in media ogni 100 milioni di anni, quindi per altri 35 milioni di anni dovremmo stare tranquilli. Sempre che l’asteroide non decida di arrivare in anticipo di qualche milione di anni.
L’AVVERTIMENTO DEL VULCANO ISLANDESE – Se ci può rassicurare comunque, la morte provocata da un asteroide o un meteorite sarebbe rapidissima, perché disintegrerebbe milioni di persone nel raggio di molti chilometri senza che questi si possano accorgere di nulla. Molto più dolorosa la fine che ci attenderebbe invece se i principali vulcani del mondo dovessero iniziare a eruttare, sommergendoci con le colate laviche o ustionandoci con una pioggia di ceneri bollenti. Tutti si ricordano l’eruzione del vulcano islandese Eyjafjallajokull: migliaia di voli cancellati e milioni di passeggeri rimasti a terra. Ma esistono numerosi altri crateri che fanno dell’Eyjafjallajokull un vulcano di secondo piano.
Sempre in Islanda si trova il Katla, che conta su un cratere il cui diametro è pari a dieci chilometri e un’altezza di 1.450 metri. Ed è uno dei vulcani attivi più pericolosi che esistano. E questo non soltanto per la sua potenza, dieci volte superiore rispetto al passato, ma soprattutto per la sua frequenza. Le sue eruzioni si verificano infatti con una cadenza tra i 40 e gli 80 anni. E tenuto conto del fatto che l’ultima si è verificata nel 1918, la prossima è imminente e potrebbe dare il colpo di grazia alla già malandata economia europea. Nella lista nera c’è anche il Monte Mayon nelle Filippine, che alcuni chiamano «il vulcano perfetto». Il Mayon si eleva maestoso con i suoi oltre 2.400 metri di altezza e nonostante il suo aspetto elegante, è uno dei crateri che negli ultimi anni hanno provocato più paura.
– Oltre 30mila persone hanno perso la casa nel 2006, mentre nel 2009 alcune decine di migliaia sono state nuovamente costrette a evacuare per salvarsi la vita. Dal 1800 il Mayon ha eruttato più di 50 volte. Tra le colate più tragiche c’è stata quella del 1816, nella quale hanno perso la vita 1.200 persone completamente sommerse dalla lava. E gli esperti si aspettano una nuova eruzione per il prossimo anno.
Nessuna eruzione è però tristemente famosa come quella provocata dal Vesuvio a Pompei ed Ercolano, completamente distrutta dai flussi piroclastici nel 79 dopo Cristo. Una tragedia che potrebbe ripetersi, dal momento che il Vesuvio continua a essere attivo e che, fatto ancora più preoccupante, nei suoi dintorni vivono attualmente oltre tre milioni di persone. Dal 79 d.C. a oggi il Vesuvio ha avuto altre 40 eruzioni e attualmente i vulcanologi sono ancora in allerta in quanto l’ultima si è verificata nel 1944 e la prossima quindi è prevista a breve.
Nel parco dello Yellowstone, negli Stati Uniti, sotto la bellezza dei boschi e delle acque termali si nasconde un’intricata rete vulcanica che fa dell’area abitata dall’orso Yoghi una delle più pericolose in assoluto. Quello dello Yellowstone è stato infatti definito come un supervulcano. Un tipo cioè di crateri che non eruttano con particolare frequenza, ma che quando lo fanno sono capaci di modificare il corso della vita sulla Terra. A Yellowstone si è verificato in tre occasioni, rispettivamente 2,1 milioni, 1,2 milioni e 640mila anni fa. E in tutte e tre le occasioni la sua potenza è stata milioni di volte più potente e distruttiva del vulcano islandese Eyjafjallajokull. Gli scienziati chiamano il vulcano di Yellowstone come il «grande gigante addormentato», e già da tre anni la Società geografica britannica ha lanciato un allarme mondiale affinché i governi prendano in considerazione la possibilità che l’eruzione del supervulcano possa essere un fenomeno «fino a dieci volte più probabile della caduta di un asteroide sulla Terra».
Tra le possibili cause che potrebbero portare l’umanità all’estinzione c’è anche una pandemia provocata dagli insetti. Come spiegato dal professor Vincenzo Girolami, entomologo dell’Università degli Studi di Padova in una recente intervista al Sussidiario, durante l’estate in corso «lo scenario peggiore sarebbe se si verificasse un contagio di febbre Dengue, trasmessa dalle zanzare. Una malattia terribile che contratta la prima volta produce sintomi estremamente dolorosi, mentre la seconda volta è mortale. Si tratta di un morbo presente ormai in tutto il mondo, e che può diffondersi anche in un clima come quello italiano». E sempre per il professor Girolami, «anche le pulci, debellate nei Paesi più evoluti, in Italia ritornano di tanto in tanto. E l’aspetto più sgradevole è che questi ultimi insetti passano dai roditori dei Paesi caldi ai ratti per poi arrivare all’uomo. Trasmettendogli la peste bubbonica. E’ accaduto di recente negli Usa, dove la peste bubbonica è trasmessa dai “cani delle praterie”, dei roditori chiamati così perché i loro versi assomigliano a dei latrati. Oggi la peste bubbonica si cura con gli antibiotici. Il problema è che spesso i nostri medici non sono più in grado di riconoscerla, e senza una diagnosi precoce questa malattia può diffondersi molto rapidamente».
– Legittima quindi la domanda se tra mille, duemila, un milione, cinque miliardi di anni sul pianeta Terra ci saranno ancora degli uomini, o se si saranno estinti molto prima. Nell’ipotesi ottimistica che qualcuno si salvi, la sorte che lo attende sarà però delle peggiori. Sarà infatti costretto ad affrontare la morte del sole, che nella sua lenta agonia prima brucerà la Terra e poi si spegnerà congelandola e facendola sprofondare nella notte cosmica. Il Sole infatti è nato 4,57 miliardi di anni fa dall’esplosione di una o più supernove nelle vicinanze di una nube molecolare del braccio di Orione, che è collassata portando alla formazione di una serie di giovanissime stelle.
Nella sua fase attuale l’astro attorno a cui ruota la Terra genera calore attraverso la fusione, all’interno del proprio nucleo, dell’idrogeno in elio. Quando la nostra stella esaurirà l’idrogeno, tra circa 5 miliardi di anni, entrerà in una fase fortemente instabile. Gli strati esterni si espanderanno e si raffredderanno assumendo una colorazione tipicamente rossastra, mentre il nucleo si surriscalderà fino a raggiungere i 100 milioni di gradi Kelvin. Il Sole diventerà così una stella gigante rossa, con un diametro di 100 volte superiore a quello attuale. Secondo uno studio del 2007 di un gruppo internazionale di astronomi che ha utilizzato i telescopi di Cerro Paranal dell’Eso (European southern observatory) in Cile, e la rete Vlba americana, il Sole ingloberà Mercurio, Venere e soprattutto la Terra.
Stando invece a una ricerca successiva, è possibile che la perdita di massa del Sole faccia allargare l’orbita terrestre, permettendo al nostro pianeta di sfuggire alla totale distruzione. Anche in questo caso però il nostro pianeta cambierebbe completamente volto, tanto che per i suoi abitanti la vita diventerebbe impossibile. Gli oceani evaporerebbero per le elevatissime temperature, mentre gran parte della nostra atmosfera si disperderebbe nello spazio. La fase di gigante rossa del Sole durerà probabilmente circa mezzo miliardo di anni, dopodiché tra 7,8 miliardi di anni il nucleo del Sole inizierà a comprimersi, mentre gli strati esterni saranno espulsi da un potente vento solare attraverso lo spazio interplanetario. Il Sole si trasformerà così in una nana bianca delle dimensioni della Terra, che si spegnerà lentamente nell’arco di molti miliardi di anni, fino a diventare un corpo oscuro incapace di emettere luce. Quel che resterà quindi della Terra si congelerà sprofondando nella notte cosmica.
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(Pietro Vernizzi)