Ha cinque anni e non può mai dormire perché ogni volta che cade nel sonno rischia di morire soffocata. E’ la storia di una bimba di Casale sul Sile, a pochi chilometri da Treviso, affetta da una malattia rara nota nell’antichità come la «maledizione di Ondina». Anche se la scienza l’ha ribattezzata con un nome complicato, Sindrome da ipoventilazione centrale congenita. Colpisce un bambino ogni 20mila, in Italia ci sono altri 44 casi come questo. Ogni sera la bambina di Treviso deve collegarsi a un macchinario per la ventilazione meccanica che la protegge dagli agguati dell’apnea, e passare tutta la notte con il respiratore artificiale. Anche un colpo di sonno improvviso può esserle fatale: per lei addormentarsi significa morire.



Per fortuna, grazie all’apparecchiatura fornita dalla Asl di Treviso, i suoi genitori si stanno sforzando di dare alla piccola un’esistenza per quanto possibile normale. Quello che la piccola non riesce a fare durante il sonno, a causa della grave malattia, lo fa la macchina al posto suo. La Sindrome da ipoventilazione (in inglese CCHS) colpisce il sistema nervoso autonomo, che nelle persone sane regola la respirazione durante il sonno. Chi ha questa malattia, per respirare deve concentrarsi e decidere di farlo. Se si distrae, anche da sveglio, cade in apnea. Anche se, ovviamente, durante il giorno bastano pochi secondi per «ricordarselo». Ma di notte questo è impossibile, e rischia ogni volta di essere fatale.



In Italia si verificano due o tre casi l’anno come quello della bimba di Casale. La mutazione di un gene, chiamato PHOX2B, provoca l’incapacità di controllare il respiro durante il sonno. Si tratta di una malattia genetica: chi la trasmette sono i genitori, che senza rendersene conto sono portatori sani. E la CCHS può coinvolgere non solo l’apparato respiratorio, come avviene nella maggior parte dei casi, ma anche il sistema gastroenterico, cardiaco e nervoso. Ed è proprio questo a rendere ancora più dura la vita delle persone che ne sono affette. Indipendentemente dalla gravità delle difficoltà di respirare, chi è affetto da CCHS non riesce a rispondere adeguatamente a un abbassamento dei valori dell’ossigeno nel sangue o a un aumento di quelli dell’anidride carbonica durante il sonno.



Nei casi più gravi i pazienti possono presentare disturbi respiratori anche quando sono svegli, e dunque devono stare notte e giorno collegati a un macchinario. Alla difficoltà a respirare si possono associare altre patologie. In circa il 15-20% dei pazienti la CCHS è associata ad un disturbo del Sistema Nervoso Enterico che prende il nome di morbo di Hirschsprung. Nel 5% dei pazienti sono presenti tumori della cresta neurale come il Neuroblastoma. I pazienti affetti da CCHS possono inoltre presentare alterazioni del controllo della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa. Nonostante i grandi passi avanti compiuti della ricerca, che hanno portato a individuare il gene responsabile della CCHS, al giorno d’oggi purtroppo ancora non esiste una terapia in grado di guarire da questa sindrome. Tutti i pazienti affetti sono costretti ad utilizzare dei respiratori artificiali per evitare di cadere in apnea durante il sonno e morire soffocati.

 

 

La malattia esiste dall’antichità, anche se un tempo era chiamata «la maledizione di Ondina». Nella leggenda germanica,Ondina era una ninfa acquatica che aveva un amante mortale e infedele. Il Re delle ninfe acquatiche punì l’amante mandandogli una maledizione che gli tolse tutte le funzioni automatiche. Egli poteva rimanere vivo solo tenendosi sempre sveglio e ricordandosi di respirare. Egli finì per addormentarsi per esaurimento, la sua respirazione si arrestò e morì. Anche se la CCHS è una malattia rara, in Italia e nel mondo sono stati segnalati diversi altri casi: in tutto 45 in Italia e 300 nel mondo. Uno è quello di Matteo, un bambino di Villa Guardia, in provincia di Como. E sono diverse le reti di solidarietà, spesso basate sul web, per aiutare le loro famiglie, che vivono in una situazione molto difficile.

Su Facebook è stato aperto per esempio il gruppo «Amici di Matteo». Tutti questi gruppi fanno riferimento all’Aisicc onlus – Sindrome di Ondine, con sede a Firenze. «Essere colpiti da una malattia rara costituisce un doppio problema – scrivono i genitori di Matteo sulla loro bacheca di Facebook -: sia perché non esistono protocolli precisi che aiutino i medici ad orientarsi nelle cure, sia perché non esistono farmaci o strumenti medicali idonei, dato che le aziende farmaceutiche non hanno interesse a svilupparli per poche persone. Inoltre, per coloro che ne sono affetti e per i loro familiari, comporta notevoli difficoltà nell’individuare i Centri specializzati e quindi nell’accesso ai trattamenti disponibili». Ma i familiari di Matteo non si arrendono, anche perché la scienza nel frattempo sta andando avanti, e hanno avviato una raccolta di fondi. «Siamo ora impegnati a sostenere un ulteriore progetto di ricerca della dott.ssa Ceccherini di Genova – rivela la coppia -, che grazie all’impiego di tecniche d’indagine più avanzate potrebbe portare alla sperimentazione terapeutica di una nuova cura».

(Pietro Vernizzi)

 

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