Una donna inglese, dopo essere andata a letto con una forte emicrania, si è svegliata parlando con l’accento francese. Kay Russell, 49 anni, del Glouchestershire, ha dichiarato oggi di sentirsi come se avesse perso una parte di sé dopo che le è stata diagnosticata la sindrome dell’accento straniero (Fas), una condizione estremamente rara che può essere un effetto collaterale di gravi lesioni cerebrali. Intervistata dal Guardian, Russell ha raccontato che gli amici che conosceva da anni non la riconoscevano al telefono e che ha avuto difficoltà a convincere gli stranieri di essere inglese. L’ex direttrice vendite, che in precedenza aveva un accento inconfondibilmente inglese e che in vita sua era stata in Francia solo due volte, ha raccontato che la sua sicurezza di sé è stata infranta e che ha dovuto rinunciare al suo lavoro.
«Numerose persone vengono a dirmi: “Che bella voce che hai” – racconta Russell, che da gennaio si trova in quella condizione, di cui dal 1941 esistono solo altri 60 casi noti al mondo -. Ma in realtà ho perso la mia identità e una parte enorme di me stessa. Mi sento come se mi fossi trasformata in un’altra persona. Non ho perso soltanto la mia voce. Io vorrei riavere indietro la mia vecchia voce ovviamente. Ma c’è molto, molto di più. Riguarda la persona che ero, la persona che voglio essere». E ha aggiunto Russell: «Ho telefonato a un’amica che conosco da quando ero una teenager e l’ultima volta che le avevo parlato avevo ancora la mia vecchia voce. Mi ci è voluto un bel po’ a spiegarle che ero io». Alcune persone pensano che Russell provenga dall’est Europa o dall’ex Unione sovietica. Ma più spesso dalla Francia. La sua condizione le ha anche cambiato la sintassi. Per esempio per dire «gente» tende a dire (e anche a scrivere) «peoples», invece del corretto «people» e tende a dimenticarsi alcune parole base come «una», «di» e «a».
Ma perché chi cambia accento si sente smarrito, non si identifica più in se stesso? Per il professor Andrea Moro, docente di Linguistica dell’Università Vita Salute del San Raffaele, «bisogna ricordare che questa sindrome è causata da un danno celebrale di varia portata. Può derivare da un trauma cranico molto grave o da una lesione focale dovuta a ictus. Rarissimamente dall’emicrania. A seconda della sede in cui avviene, può comportare un danno cognitivo». E sottolinea Moro: «Sembra, in ogni caso, che tale sindrome possa coinvolgere il cervelletto. Consisterebbe in un danno sistematico che si ripercuote su un tipo di movimento, quello vocale. Nel linguaggio abbiamo vari livelli che interagiscono insieme. Abbiamo quattro tipi di canali di espressione: sonoro, tattile, visivo legato alla lettura e visivo legato alla gestualità. E, quando parliamo, convertiamo in suoni un sistema simbolico estremamente strutturato. La parte sonora genera la sindrome dell’accento».
Ma l’aspetto forse più interessante è che, come rivela il professore, «questa sindrome mette in luce il fatto che quanto parliamo non ci accorgiamo che dobbiamo coordinare un meccanismo simile a un orologio ad altissima precisione. Tra “papa” e “pappa”, ad esempio, la differenza riguarda un millesimo di secondo in più o in meno in cui le labbra stanno chiuse. Eppure, è evidente che il significato è diverso. Quando uno pronuncia una parola dal cervello partono una serie di messaggi cablati elettricamente che vanno a diversi muscoli, corde vocali e labbra. Inoltre, il cervello riconosce dalla voce un’infinità di dati: l’età, la provenienza, lo stato d’animo di una persona. Ciò che chiamiamo accento è un fenomeno particolarmente complesso. Non basta avere la “R moscia” per avere l’accento francese».
E questo per Moro è una prova del fatto che il linguaggio è un fenomeno di interazione di tantissimi livelli diversi: «Ci vuole una coordinazione muscolare e neurologica estremamente raffinata che si acquisisce prima della pubertà, quando il cervello è come una spugna che assorbe accento, contenuti e grammatica della comunità in cui vive. E grazie a patologie di questo tipo, capiamo meglio il funzionamento della sede del pensiero. I meccanismi del cervello si comprendono dai suoi guasti». E la sindrome dell’accento straniero è curabile se il danno è muscolare, nei cui confronti un buon logopedista può fare molto. Sarà molto più difficile guarire se il danno è neurologico.
L’INGLESE CHE PARLA IN CINESE – E sono diversi gli episodi simili avvenuti in Europa di recente. All’inizio di quest’anno Sarah Colwill, 35 anni, una donna di Devon che parlava con una pronuncia dell’Inghilterra sud-occidentale, ha dichiarato di avere iniziato a esprimersi in un accento che suonava come se venisse dall’estremo oriente. Gli infermieri che sono venuti ad aiutarla mentre soffriva di emicrania, che sembrerebbe avere innescato la sindrome Fas, le hanno detto che pensavano che avesse un accento cinese. Colwill, coordinatrice di un progetto di Information Technology, avvertiva un mal di testa così acuto che i paramedici hanno dovuto portarla in ospedale. E qui i dottori le hanno diagnosticato la sindrome dell’accento straniero. Ora sta seguendo una terapia per tentare di recuperare il suo accento inglese.
«MIA FIGLIA NON MI RICONOSCE» – Colwill ha dichiarato al Guardian: «Non sono mai stata in Cina. E’ molto frustrante e voglio soltanto recuperare la mia voce, ma non so se ci riuscirò mai. Mi sono stabilita a Plymouth quando avevo 18 mesi e quindi ho sempre parlato come una persona del posto. Ho parlato a mia figlia al telefono dall’ospedale e lei non ha riconosciuto chi fossi. Ha detto anche lei che sembrava avessi un accento cinese. Da allora i miei amici riattaccano il telefono quando li chiamo perché pensano che i miei siano scherzi telefonici. Ora parlo con un tono di voce molto più alto, la mia voce è del tutto stridula. Sto andando dal logopedista, ma non so se l’accento cinese se ne andrà mai via».
Mentre Linda Walker, 60enne assistente universitaria britannica, dopo essere stata colpita da ictus cerebrale, al risveglio in ospedale ha scoperto che il suo marcato dialetto di Newcastle aveva lasciato il posto ad un’inflessione giamaicana o, secondo alcuni, a un mix di italiano, canadese e slovacco. Lo riferisce la Bbc. «Mia sorellastra dice che sembra italiano, ma mio fratello è sicuro che ora ho la pronuncia slovacca», ha detto la paziente, ex dirigente universitaria, aggiungendo allibita: «Non so spiegarmi che cosa mi sia successo». «Ognuno, naturalmente, sentendomi parlare si è fatto un’idea diversa sulla mia pronuncia straniera – ha spiegato la donna -. In un primo tempo non ho subito realizzato di aver cambiato accento… poi i medici mi hanno fatto ascoltare una mia registrazione audio ed è stato uno choc». «Ho perso la mia identità, non ho mai parlato così prima d’ora. Mi sento una persona diversa», ha detto la paziente, non nascondendo di soffrire della nuova tonalità.
«NON RIUSCIVO A NON RIDERE» – Wendy Hasnip, una donna 47enne della città inglese di Sevenoaks, ha invece iniziato a parlare con un accento francese nel 1999 dopo un ictus minore. La signora Hasnip ha dichiarato: «Ho iniziato a balbettare, e la mia voce andava su e giù. Alla fine della settimana stavo parlando come ora. Non conosco il francese, non ho mai seguito lezioni preliminari di questa lingua, non ho mai avuto alcun contatto con la Francia». E ha aggiunto la 47enne: «All’inizio mi veniva da ridere. Ci sono cose ben peggiori che ritrovarsi con l’accento francese». Il primo caso conosciuto di questa malattia si è verificato durante la seconda guerra mondiale, quando una donna norvegese è stata colpita alla testa, e ha iniziato a parlare con accento tedesco, un fatto che l’ha resa emarginata all’interno della sua comunità, che non vedeva in modo favorevole gli invasori tedeschi.
Ma ci sono anche storie di persone che si sono risvegliate parlando completamente un’altra lingua. Una ragazza croata dopo avere perso i sensi per 24 ore, si è rialzata parlando solo in tedesco. Come scrive il sito della Msnbc, la 13enne aveva studiato tedesco a scuola e guardato i programmi della tv tedesca da sola, ma non lo aveva mai parlato così bene prima dell’incidente. Nel frattempo, ha perso l’abilità di parlare la sua lingua madre.
Come spiega Michael Paradis, neurolinguista alla McGill University di Montreal, in una condizione chiamata afasia bilingue, le persone spesso perdono una delle loro due lingue perché a ciascuna di esse sono associate diverse parti del cervello. E anche se una lesione cerebrale ha danneggiato la memoria della lingua madre della teenager croata, le aree del cervello che stavano imparando il tedesco potrebbero essere rimaste intatte. «E’ accaduto migliaia di volte», ha sottolineato Paradis. Un caso analogo per esempio si era verificato nel settembre 2007, quando il 18enne ceco Matej Kus, dopo un incidente in autostrada, è rimasto privo di conoscenza per circa 45 minuti, e quando si è risvegliato si è messo a parlare fluentemente in inglese con i paramedici arrivati per rianimarlo. Il teenager aveva da poco iniziato a studiare l’inglese e i suoi amici e insegnanti descrivono le sue precedenti abilità nella lingua come «non superiori a un livello base».
(Paolo Nessi e Pietro Vernizzi)