Due cristiani residenti in Algeria sono stati incriminati per non avere rispettato il Ramadan, dopo essere stati arrestati in «flagranza di reato» mentre addentavano un panino. E sono stati quindi denunciati per «offesa ai precetti dell’Islam». Uno di loro ha invocato la Costituzione, che garantisce libertà di coscienza, ma il procuratore gli avrebbe consigliato di lasciare il Paese, che è «una terra d’Islam».



Quello dei due cristiani, che rischiano fino a cinque anni di prigione, non è un caso isolato. In un’altra regione del Paese la polizia ha dato l’assalto a un locale commerciale chiuso, interrogando una decina di giovani, colpevoli di aver consumato dell’acqua e del caffè. Il loro processo è previsto per l’8 novembre prossimo. E altri cristiani compariranno davanti al giudice il 26 settembre per «pratica di un culto non musulmano senza autorizzazione». La repressione contro chi non rispetta il Ramadan è iniziata già nel 2009.
 



Alla vigilia dell’ultimo Ramadan, il Collectif Sos libertés aveva denunciato «il cambio di rotta delle istituzioni al servizio di una ideologia intollerante e liberticida», rivendicando l’apertura di caffè e ristoranti per coloro che non digiunano. Creato durante la campagna anticristiana del 2008, il collettivo è formato da artisti e intellettuali. Ma la lotta contro l’integralismo è ardua. Delle brigate finanziate dall’Arabia saudita sono state reclutate in numerose località, con la complicità del governo. Il loro compito è quello di arginare le conversioni al cristianesimo, contrastando al tempo stesso l’Islam tradizionale, considerato troppo «tiepido con gli apostati».



Anche per gli italiani che si trovano in un Paese musulmano come l’Algeria, in vacanza o per motivi di lavoro, può essere prudente evitare di abbuffarsi in pubblico durante il Ramadan, consumando i propri pasti solo all’interno dell’hotel. E non è l’unica regola da seguire mentre ci si trova all’estero. Per chi lavora in un Paese diverso dal proprio è infatti molto importante capire le usanze e i costumi della società che lo ospita. Ignorare quali sono i comportamenti da tenere e quelli da evitare porterà inevitabilmente all’insuccesso anche da un punto di vista professionale. In particolare in diverse parti del mondo il comportamento richiesto alle donne durante i meeting è completamente diverso da quello accettato in Occidente.

Indossare un abito dai colori sgargianti è normale, anzi addirittura consigliato, nei Paesi dell’America Latina. In Asia e in Medio Oriente invece una donna dovrebbe scegliere un abbigliamento più neutro possibile, simile a una divisa. Se in un ufficio di Tokyo portate in regalo una bottiglia di whisky, il vostro gesto sarà particolarmente apprezzato, mentre a Dubai sarà considerato una grande offesa. Un altro consiglio inoltre è quello di avere un contatto in loco, che rappresenta sicuramente un vantaggio per svolgere la propria attività in un Paese straniero. In Cina, Russia e nel Medio Oriente islamico prendere parte a una riunione importante senza un intermediario del posto è un vero e proprio handicap. E anche in Cina l’unico modo per avere successo è conoscere le persone giuste. Anche il modo di vestirsi va adattato al Paese in cui ci si trova. In Cina, Giappone, India e Russia è consigliabile un abbigliamento castigato.

 

 

In Medio Oriente il concetto è ancora più estremizzato, dal momento che è opportuno indossare una gonna che copra il ginocchio e una camicetta che nasconda i gomiti e che sia chiusa fino al collo. Meglio inoltre evitare di indossare i pantaloni quando si visitano il Giappone e il Medio Oriente.

Anche la percezione del tempo in relazione agli affari può variare da Paese a Paese. Negli Stati Uniti, dove il tempo è denaro, gli affari vengono conclusi anche in una notte. In molti altri Paesi invece, dove la fiducia reciproca rappresenta un presupposto fondamentale, per siglare un accordo sono necessarie anche diverse settimane. Meglio quindi non rifiutate mai il caffè, l’acqua o i cibi che vengono offerti, perché in Medio Oriente e in Asia sarebbe un segno di disprezzo. Fate invece attenzione invece agli alcolici, perché durante le cene in Cina e in Giappone riempiranno il vostro bicchiere fino a farvi ubriacare.

Un’altra buona regola è quella di portare dei regali per dimostrare la propria riconoscenza. Ma prima è opportuno fare qualche ricerca in proposito. Il whisky è un regalo ben gradito in Cina e Giappone, ma in Medio Oriente o nei Paesi asiatici di cultura musulmana, l’alcol è tabù. Il consiglio è quello di portare prodotti del proprio Paese, come libri, oggetti di design e opere d’arte. È poi fondamentale sapere con precisione quando offrire il regalo. In Medio Oriente e in Asia, è opportuno farlo alla fine dell’incontro, in modo che il gesto non sia inteso come un tentativo di forzare la trattativa. In America Latina è invece preferibile consegnare subito il regalo per iniziare il dialogo nel migliore dei modi.

 

 

L’IMPORTANZA DELLA PUNTUALITA’ – Anche l’importanza della puntualità può variare a seconda delle diverse aree geografiche. In Medio Oriente e America Latina, le riunioni spesso iniziano addirittura un’ora dopo l’orario fissato. Al contrario in Giappone, Hong Kong, Singapore o nel Regno Unito la puntualità è il primo segno della professionalità di una persona. Attenzione inoltre a non mettere nelle tasche e a non far scivolare nella borsa il bigliettino da visita che vi hanno appena consegnato. In Cina e in Giappone è un vero e proprio affronto, dal momento che vengono considerati come una rappresentazione della persona. Occorre quindi prenderli con entrambe le mani e mostrate di leggerli con interesse.

Ma la gaffe all’estero è sempre in agguato soprattutto per le persone che gesticolano troppo. Un gesto può infatti avere un certo significato in alcuni Paesi e uno diametralmente opposto in altri. Cominciando dai saluti, in Cina e Giappone si evita accuratamente di toccarsi, stringendo la mano o baciando sulle guance. In Medio Oriente, specialmente nei Paesi musulmani, si evita il contatto fisico con le persone di sesso opposto, ma le donne possono abbracciarsi o baciarsi tra di loro. In Thailandia e a Bali è considerato invece tabù toccare la testa delle persone.

Tra i gesti più comuni da noi inoltre, il pollice in alto, che usato per approvare qualcosa o per fare l’autostop, è un insulto in Iran, Iraq, Nigeria, Filippine e Thailandia, dove ha lo stesso significato del nostro celebre «gesto dell’ombrello». Il segno «ok» è invece considerato un insulto in Turchia, Venezuela e molti paesi dell’America Latina. Nel Regno Unito, in Irlanda, Australia e Nuova Zelanda, fate attenzione a dove rivolgete il palmo della mano quando fate il gesto della vittoria: se il dorso della mano infatti è rivolto verso il vostro interlocutore il significato da vittoria cambia in «vai a quel paese». Nei Paesi musulmani infine è considerato offensivo mostrare la suola delle scarpe o la pianta dei piedi agli altri.

 

 

Ci sono poi alcuni Paesi dove è meglio non recarsi del tutto, per evitare di mettere a rischio la propria incolumità. Il primo consiglio è quello di consultare il sito web Viaggiare Sicuri, il servizio offerto dal Ministero Affari Esteri in collaborazione con l’ACI per informare i turisti sulla sicurezza dei Paesi che intendono visitare. Utile anche la lista recentemente pubblicata da Forbes sui Paesi più pericolosi al mondo. Tra le «zone rosse» la Somalia, ma anche il centro dell’Africa con la Repubblica Democratica del Congo, il Ciad e il Sudan. Ma la lista è davvero lunga e, accanto a Zimbabwe, Niger e Algeria, troviamo anche Haiti. Tra i Paesi pericolosi in maniera cronica infine l’Afghanistan, in allarme soprattutto nelle zone al confine con il Pakistan, ma anche l’Iraq, lo Yemen e i territori palestinesi.
 

(Pietro Vernizzi)