Tilikum, un’orca assassina del peso di sei tonnellate e dal carattere imprevedibile, artefice della morte di ben tre persone, torna ad esibirsi in un parco acquatico.

L’adagio “errare è umano, perseverare è diabolico” è, in tal caso d’obbligo. Quando capitano alcune disgrazie, è già tropo tardi. Non basta fermarsi a riflettere col senno di poi e a discettare sul come si sarebbe potuto evitare il peggio; né attrezzarsi, a quel punto, per il domani, apprendendo dal triste accaduto come, in  futuro, evitare il ripetersi di circostanze analoghe. Non basta, certo;  ma, quando una persona muore per l’incuria umana, ed è manifesto che con alcune accortezze si sarebbe potuto impedirlo, tale atteggiamento è d’obbligo per preservare quel minimo di civiltà che regola i rapporti tra uomini.



Non sempre è così. Non sappiamo se per cinismo, distrazione, insensibilità, calcolo, o altro ma l’orca assassina Tilikum, torna a esibirsi. Un nome che ai più non dirà alcunché. Assassina di nome e di fatto. Basta dire che balzò, tristemente, agli onori della cronaca per aver ucciso la propria addestratrice. Già allora non si trattò di un caso. L’animale, alcuni anni prima, aveva già ucciso.



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 – Il mammifero acquatico riprende a dar spettacolo di fronte al pubblico, dunque, dopo circa un anno di riposo forzato. Tra i motivi principali del suo rientro in attività, il suo benessere psico-fisico. Già. «Prendere parte allo spettacolo è solo una piccola parte della giornata di Tilikum riteniamo però che sia importante per il suo arricchimento mentale, fisico e sociale»; è quanto ha riferito la sua nuova addestratrice, Kelly Flaherty-Clark. Quantomeno, dati i precedenti, sarà severamente proibito al personale immergersi in acqua assieme a Tilikum.



La Federal Occupational Safety and Health Administration mise sotto accusa il parco acquatico di Orlando e lo condannò ad una multa di 75mila euro. La vita dell’addestratrice era stata messa in pericolo, infatti, dalle precarie condizioni di sicurezza. Ora sono stati apportati dei cambiamenti per implementare la sicurezza della struttura. Sono state aggiunte nuove barriere e si pensa di introdurre una periferica audiovisiva per distrarre l’orca laddove un addomesticatore dovesse, inavvertitamente cadere in acqua.

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Delle tre di cui è stata protagonista, la tragedia maggiormente nota ai più, anche perché consumatosi di fronte agli occhi esterrefatti del pubblico, è quella del 24 febbraio 2010. Siamo al Sea World di Orlando in Florida, e Tilikum, detta Tilly, si sta esibendo nel suo consueto spettacolo assieme a Dawn Brauncheau. Ad un certo punto l’orca esce dell’acqua, afferra la donna tra le fauci e la trascina sul fondo e, dal fondo, per tutta la piscina. La sirene suonano, la gente viene fatta evacuare. I soccorsi arrivano immediatamente. Ma per la donna non c’è più nulla da fare. E’ morta per soffocamento. Per una beffa della sorte, lo spettacolo si intitolava “A cena con l’orca”. Non solo. Tilikum significa “amico”.

Una fatalità? Può darsi; sta di fatto che è la terza. Nel 1991, Keltie Byrne, addestratrice di 20 anni cade nella vasca del parco di Sealand, sul Pacifico, in Canada. Anche lei trova la morte per causa di Tilly. Nel 1999, invece, causa la morte di Daniel Dukes, un giovane di 27 anni, rimasto nel parco acquatico, questa volta in Florida, ore dopo la chiusura per nuotare assieme ai cetacei.

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Episodi tragici che si potevano sicuramente evitare. Anzitutto, comprendendo il rischio di tenere animali del genere in cattività. Monica Oldani, psicobiologa presso l’Università degli Studi di Milano e l’università olandese di Utrecht, interpellata da ilSussidiario.net, chiariva che «il tentativo di spiegare l’attacco perpetrato dall’orca Tilikum quel giorno alla sua addestratrice, anche se può essere un interessante e utile esercizio etologico, è fuorviante dal punto di vista zooantropologico e privo di significato sul piano etico». In particolare, «focalizzare l’attenzione su singoli eventi di questo genere cercando l’aberrazione nel comportamento di un singolo animale rischia di far dimenticare che la vera anomalia sta nel fatto di detenere animali selvatici in cattività e quindi in condizioni che si discostano abissalmente da quelle nelle quali il loro comportamento si è evoluto».

Nel caso di Tilly, poi, per rendersi conto della sua pericolosità, bastava tenere in considerazione alcuni elementi: «le dimensioni (i 6-8 metri di lunghezza per 4-6 tonnellate di peso), l’organizzazione sociale (fatta di gruppi di femmine imparentate, a loro volta interconnessi con altri in una rete di rapporti sociali la cui complessità è pari a quella delle società delle scimmie antropomorfe o degli elefanti), il comportamento alimentare (basato sulla predazione), l’uso dello spazio (l’abitudine a compiere spostamenti di oltre 150 km al giorno a una velocità che può raggiungere i 55 km orari)». Secondo la Oldani, sarebbero bastate queste considerazioni «per capire che un parco acquatico è quanto di più lontano dall’adattamento biologico di questi cetacei».