I critici di Facebook non mancano mai, ma tra questi di sicuro non c’è Deborah Copaken Kogan, la madre di un bambino che rischiava di morire per una malattia rara.
FOTO POSTATE SU FACEBOOK – La donna racconta che il social network ha salvato la vita del figlio, ed è convinta che se non fosse per il sito web, non gli sarebbe mai stata diagnosticata correttamente la sindrome di Kawasaki, potenzialmente fatale. Come scrive Rachel Quigley sul Daily Mail, svegliandosi la mattina dell’8 maggio scorso, giorno della festa della mamma, Deborah ha notato che Leo, di quattro anni, aveva un’eruzione cutanea e la febbre, e subito ha pensato: «Oh no, ha preso la scarlattina». Lo ha portato dai medici che gli hanno prescritto degli antibiotici, ma le sue condizioni hanno continuato a peggiorare. Il giorno dopo lo ha riportato per una nuova visita medica, gli è stata diagnosticata la scarlattina, eppure il bambino stava sempre peggio. Parlando al Today Show, in onda sulla tv americana MSNBC, la signora Copaken Kogan ha rivelato: «Oggi è il terzo giorno che sta male, si è svegliato da poco, è molto gonfio e io sono davvero preoccupata. Ho quindi iniziato a scattargli delle foto e le ho postate su Facebook». Sotto alle immagini, ha scritto: «Non è mai una bella festa della mamma quando trascorri la domenica mattina dal pediatra». Quando le condizioni di Leo sono peggiorate ulteriormente, ha postato delle altre foto del figlio su Facebook, inviandole nello stesso tempo anche al medico.
LA DIAGNOSI CORRETTA – In meno di un’ora, tre dei suoi amici su Facebook l’hanno contattata e hanno identificato correttamente la malattia del bambino, cioè la sindrome di Kawasaki. La signora Kogan ricorda che la sua amica Stephanie l’ha chiamata e le ha detto: «Spero che mi scuserai se quanto sto per dirti ti urterà, ma devi portarlo in ospedale al più presto». Secondo la Cbs, il figlio di Stephanie, che in passato ha avuto gli stessi sintomi, alcuni anni prima era stato ricoverato per la sindrome di Kawasaki. Si tratta di una malattia rara che colpisce i bambini, causando rigonfiamenti delle arterie in tutto il corpo, incluse le coronarie che pompano sangue al cuore. E più si aspetta a intervenire, più la sindrome causa danni permanenti ai pazienti. Kogan non voleva apparire troppo allarmista ma, come scrive il New York Daily News, quando le analisi per la scarlattina hanno dato esito negativo, ha deciso di portare di corsa il figlio in ospedale. E qui, racconta la madre, è stato «curato, poi dimesso, curato per la seconda volta e quindi ancora dimesso» per la sindrome di Kawasaki e per i conseguenti danni al fegato. Ora il bambino ha ancora un cuore più grande del normale, e probabilmente dovrà sottoporsi a ecocardiogrammi per il resto della vita. Ma ha evitato dei rischi ben peggiori, tanto che Kogan ha scritto che sarà grata per tutta la vita per avere evitato il peggio. Come dichiarato dalla mamma al New York Daily News, «Facebook si è trasformato dall’inconsapevole salvatore del mio bambino allo strumento più prezioso nel mio arsenale».
«CONNESSA AL GENERE UMANO» – Sempre Copaken Kogan racconta: «Facebook ha tenuto la mia famiglia e i miei amici aggiornati sulla condizione sempre mutevole di mio figlio, senza dovergli rubare tempo ed energie emotive. E questo mi fa sentire connessa al genere umano mentre vivo, respiro, mangio e dormo nella bolla isolata della camera d’ospedale di Leo. Infatti, tutti gli esseri umani con cui avrei potuto fare amicizia sul nostro piano erano troppo sconvolti dal destino del loro figlio, per prestare attenzione a quello di un estraneo». Deborah sa che si dovrà sempre preoccupare per la sindrome di suo figlio. Ma, come ha scritto, «grazie ai miei amici su Facebook e al loro continuo sostegno, non mi sono sentita del tutto sola».
LA SINDROME DI KAWASAKI – Ma che cos’è esattamente la sindrome di Kawasaki? Si tratta di una malattia che coinvolge la pelle, la bocca e i linfonodi, causando un rigonfiamento delle arterie e in tutto il corpo e spesso colpendo i bambini sotto i cinque anni. La causa è sconosciuta, ma se i sintomi sono individuati con tempestività, i bambini con questa sindrome possono riprendersi del tutto entro pochi giorni. Se al contrario non è curata, può portare a serie complicazioni che possono danneggiare il cuore. La sindrome di Kawasaki coinvolge 19 bambini americani su 100mila. E’ diffusa soprattutto in Giappone e Corea, anche se può colpire tutti i gruppi etnici del mondo. I sintomi includono l’arrossamento degli occhi e il rigonfiamento di gola, lingua e linfonodi, oltre a eruzioni all’altezza di stomaco e petto.
(Pietro Vernizzi)