In qualunque paese, quando il bilancio comincia a traballare ecco spuntare come funghi nuove tasse di cui gli stanchi cittadini farebbero volentieri a meno, ma in Ungheria probabilmente nessuno si aspettava questa curiosa mossa da parte del governo conservatore del premier Viktor Orban, che ha presentato in Parlamento un disegno di legge che propone di tassare i cibi con un elevato contenuto di grassi, sale e zucchero. Il suo ideatore è Gabor Csiba, membro del partito di maggioranza Fidesz e presidente dell’Alleanza strategica degli ospedali ungheresi, e la nuova legge, dopo la votazione che avverrà nel corso dell’estate, vede già una larga maggioranza in Parlamento. Al provvedimento è stato scelto il nome di “Chips Tax”, precedentemente conosciuto come “Hamburger Tax”, ed è stato creato con l’obiettivo di combattere l’obesità, le malattie derivanti da questa e, perché no, con l’occasione rimpolpare le casse dello Stato ungherese, che attualmente non se la sta passando così bene. È previsto un aumento del prezzo dei cosiddetti prodotti “spazzatura” di circa dieci fiorini, cioè quasi 4 centesimi di euro, mentre le bibite gassate e i liquori vedranno il proprio costo lievitare di un abbondante 10%. Con un’assistenza sanitaria pubblica attualmente in ginocchio, di fronte a un deficit di circa 370 milioni di euro, sembra che questo nuovo e particolare provvedimento ungherese possa riportare nelle case dello Stato circa 110 milioni di euro (trenta miliardi di fiorini). Una tassa che è stata definita “discriminante” dalla compagnia rappresentante dell’industria di settore, la Food Drink Europe, perché, colpendo solo una fascia specifica di alimenti, rischia di colpire soprattutto i cittadini meno abbienti.
Si è schierata anche l’associazione che riunisce i marchi dei prodotti più rappresentativi dell’Ungheria, la Magyar Márkaszövetség, annunciando il grave rischio di vedere sfumare numerosi posti di lavoro. Simile giudizio espresso dall’associazione dei commercianti, secondo cui le attività del mercato nero e del consumo illegale di prodotti potrebbero uscirne incentivate. Ma il ministro della Sanità ungherese è deciso a continuare la sua battaglia: “Chi si rovina con un’alimentazione malsana dovrà contribuire in maggiore misura al finanziamento del sistema sanitario”, ha dichiarato. Ma ecco nel dettaglio le caratteristiche della nuova imposta, che potrebbe entrare in vigore già dal primo settembre prossimo: il costo delle bevande zuccherate con un contenuto di frutta inferiore al 25% o con un contenuto di zucchero superiore agli otto grammi per 100 ml, verrà aumentato di cinque fiorini, mentre saranno cento i fiorini in più per ogni chilogrammo di dolciumi preconfezionati. Duecento fiorini extra sono invece previsti per ogni chilogrammo di aromi alimentari, mentre snack colpiti dalla tassa saranno quelli con oltre un 1 grammo di sale per 100 grammi di salatini. La tassa prevede però delle esenzioni, infatti non verrà pagata dalle aziende che, in termini di vendita annuale, non superano i cinquanta chilogrammi o i cinquanta chili di prodotti in teoria soggetti all’imposta. Sono quindi esclusi per esempio prodotti come i cibi, le salse e altri alimenti per i bambini.
Guerra dichiarata quindi a obesità e malattie cardiovascolari soprattutto tra i più giovani che, con questa manovra, almeno secondo le autorità, dovrebbero diminuire l’acquisto di cibo “spazzatura”. Il Parlamento ha già detto sì, attraverso la votazione che ha visto 256 voti favorevoli, 54 contrari e 36 astenuti e, insieme ad altri provvedimenti, lo scopo finale è arrivare a una riduzione del deficit di bilancio al 2,2% del prodotto interno lordo. Anche negli Stati Uniti, più della metà dei cittadini si è detta favorevole a una tassa sul “junk food”, come patatine fritte, dolciumi ripieni delle più grasse creme e giganteschi hamburger. Il 53% delle persone che hanno partecipato a un sondaggio pubblicato sul Los Angeles Times ha risposto nello stesso modo anche per quanto riguarda le bibite gassate e le varie salse. L’obesità negli Stati Uniti si sta sempre di più dimostrando una vera e propria calamità: ogni anno sono circa 100 mila le vittime di questa malattia, che costa alla Sanità americana circa 200 miliardi di dollari. Anche l’Urban Institute di Washington si schiera con i cittadini americani, ritenendo realmente necessaria questa tassa sul cibo spazzatura, che può portare a malattie cardiocircolatorie, ictus, problemi alle articolazioni e diabete.