Un enorme manifesto “Vendesi” è stato affisso di fianco alla Fontana delle Naiadi che si trova in piazza della Repubblica a Roma.
LA FONTANA DI SGARBI – Secondo l’originale annuncio, per acquistare il monumento occorre telefonare all’“Agenzia monumenti perduti”, una società inventata. Sul cartellone ci sono due numeri di cellulare, entrambi del critico d’arte Vittorio Sgarbi. Come scrive il sito web dell’Unità, non si sa chi abbia affisso il manifesto, che ha tutta l’aria di essere una burla. Numerosi i turisti e i curiosi che si sono fermati di fronte all’annuncio di dimensioni gigantesche. La Polizia di Stato, attraverso gli uomini del commissariato Viminale, ha fatto togliere l’affissione abusiva. Gli agenti inoltre hanno chiamato Sgarbi per informarlo della vicenda. Ma il primo cittadino di Salemi in realtà sapeva già tutto, in quanto nel frattempo era stato tempestato di telefonate da parte di persone che, probabilmente solo per curiosità, volevano sapere quanto costasse la Fontana delle Naiadi. Come ha dichiarato Sgarbi all’Ansa, «gli agenti mi hanno chiesto se volessi sporgere denuncia, ma è chiaro che si tratta solo di una trovata divertente. Non ho quindi nessuna intenzione di perseguire gli ignoti e spiritosi attacchini».
COME IN TOTOTRUFFA – Una vicenda che ricorda in parte una famosa scena del film Tototruffa 62, girato nel 1961 dal regista Camillo Mastrocinque. Nella commedia Totò cerca di convincere un turista ad acquistare la fontana di Trevi, insieme a tutti i diritti d’autore per tutte le foto scattate dagli altri visitatori, suscitando in questo modo una serie di equivoci e situazioni esilaranti.
MONUMENTO SCANDALOSO – La Fontana delle Naiadi tra l’altro è una delle opere architettoniche che ha fatto discutere di più l’intera Roma, in quanto all’epoca era considerata immorale e scandalosa. Progettata dallo scultore palermitano Mario Rutelli, è stata ultimata e inaugurata nel 1901. Il monumento era composto da quattro figure femminili nude realizzate in bronzo, che rappresentavano le naiadi, cioè le ninfe che nella mitologia greca presiedevano alle acque dolci. In particolare le quattro sculture erano quelle della Ninfa dei Laghi, individuabile dal cigno, la Ninfa dei Fiumi, coricata su un mostro acquatico, la Ninfa delle Acque Sotterranee, sopra un drago, e la Ninfa degli Oceani, in groppa a un cavallo simbolo del mare.
NAIADI LASCIVE – Uno spruzzo costante era indirizzato sulle statue, bagnandole di continuo, mentre la vasca centrale aveva cinque zampilli centrali più una serie di altri indirizzati dal bordo verso l’interno. Il monumento inoltre era attorniato da una cancellata. La nudità delle figure, in posizione lasciva e sensuale, e risplendenti in quanto sempre bagnate dall’acqua, fu giudicato uno scandalo dai conservatori dell’epoca. In attesa di decidere il da farsi, il Comune decise quindi di circondare il complesso con uno steccato di legno. Ma questo rese il monumento ancora più interessante e scandaloso. I giovani romani continuavano a recarsi alla cancellata per vedere le figure nude tra le fessure. Il dibattito fra tradizionalisti e liberali si fece sempre più acceso, ma alla fine il Comune decise di schierarsi dalla parte di questi ultimi. Non solo non fece distruggere le Naiadi, ma quando il 10 febbraio 1901 si scatenò una sollevazione popolare lasciò che i romani abbattessero la palizzata. Allo scultore che aveva realizzato la fontana fu commissionata la decorazione per il gruppo centrale del monumento. L’artista optò per tre tritoni, un delfino e un grosso polipo, raffigurati mentre lottano tra loro. Quando nel 1911 furono collocati in cima alla fontana, le reazioni furono negative e i romani li definirono “il fritto misto di Termini”. Venne presto rimosso[4], e si chiese all’artista di realizzare nuove figure. Nel 1912, finalmente, la fontana assunse l’aspetto definitivo che conserva ancora oggi, con la sistemazione, al centro, del gruppo del Glauco, una figura maschile nuda che afferra un delfino, simboleggiante il dominio dell’uomo sulla forza naturale, dalla cui bocca esce lo zampillo centrale.
(Pietro Vernizzi)