La guerra in Ucraina è anche in parte dovuta alla volontà della Federazione Russa di utilizzare la propria produzione di energia a fini di egemonia regionale e di politica estera. L’Italia si avvale per più del 40% delle proprie necessità energetiche del gas russo il quale transita per l’Ucraina. Ciò ha delle dirette implicazioni, accentuate dal conflitto in corso, anche sulla sicurezza energetica italiana ed europea. Imprese e consumatori privati hanno già iniziato a pagarne il prezzo, piuttosto elevato, nonostante i provvedimenti governativi.



Di tale situazione abbiamo parlato con Adolfo Urso, presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir). Questa intervista costituisce la quinta di una serie dedicata al tema della sicurezza informatica e alla tutela dell’interesse nazionale nel cyberspazio. Qui la prima intervista, qui la seconda, qui la terza e qui la quarta.



Sen. Urso, il Copasir che lei presiede ha appena svolto un’analisi approfondita sul settore energetico, dagli aspetti tecnologici e di mercato a quelli geopolitici, la “Relazione sulla sicurezza energetica nell’attuale fase di transizione energetica”, le cui conclusioni sono che bisogna elaborare un piano di sicurezza energetico nazionale ed europeo. Ci può brevemente illustrare le principali indicazioni strategiche emerse?

Uno dei principali obiettivi da raggiungere è la diversificazione delle fonti energetiche e delle sedi di approvvigionamento per superare o quanto meno attenuare lo stato di dipendenza rispetto ad altri Paesi. In questo senso, la recente “Relazione sulla sicurezza energetica” ha auspicato che il tema delle risorse sia oggetto di un’attenta valutazione per avere una cornice ben definita delle opportunità e delle debolezze. Nel corso dell’indagine conoscitiva si è posto in risalto la disponibilità delle risorse del Pnrr per sostenere il processo di transizione energetica e per promuovere una vera e propria filiera nazionale dell’energia. Infine, affinché tale piano nazionale di sicurezza energetica possa produrre risultati auspicati dovrà essere elaborato con la giusta lungimiranza e la più ampia condivisione politica.



Cosa dovrà fare l’Italia per attenuare il suo stato di dipendenza in questa fase di transizione?

Nell’attuale fase di transizione l’Italia dovrà utilizzare al meglio alcune fonti, come il gas naturale che rappresenta, anche nel quadro della cosiddetta tassonomia europea, un elemento imprescindibile per garantire una maggiore autonomia energetica del Paese anche nell’ottica della tutela della sicurezza nazionale. Le energie rinnovabili rappresentano, infine, un punto di forza del nostro sistema e già garantiscono una quota rilevante del mix energetico.

La posizione geografica peninsulare dell’Italia, insediata nel cuore del Mediterraneo, è da considerarsi come una vera e propria cerniera strategica tra i Paesi occidentali e l’Asia ma soprattutto l’Africa. Tale centralità era ben presente nel pensiero dei primi geopolitici italiani quali Paolo d’Agostino Orsini di Camerota, Giorgio Roletto ed Ernesto Massi. Quanto è attuale, oggigiorno, la realizzazione di una politica di intelligence economica che ci permetta di poter far pesare questa nostra centralità?

L’Italia deve essere protagonista nell’ambito del cosiddetto Mediterraneo allargato. E svolgere una funzione fondamentale per garantire la stabilizzazione di aree ancora oggi soggette a ricorrente instabilità e a conflitti di natura macroregionale. Ricordiamo che, a oggi, il nostro Paese è impegnato con i suoi militari in molteplici missioni, in Kosovo così come in Siria, in Libano ed in Iraq, dove tra poco assumeremo il comando del gruppo Interforze sul territorio.

Quanta cooperazione o conflittualità vi è con la Francia?

La Francia sta risentendo dell’instabilità di alcune aree e Stati, come il Sahel, il Burkina Faso, il Mali e certamente la Libia dove soluzioni unilaterali appaiono certamente non auspicabili e di difficile attuazione in scenari così complessi. Per questo la collaborazione, nell’ambito Nato e tra partner europei, rimane per l’Italia la stella polare da seguire e, anche nell’ambito del Mediteranno allargato, la sempre maggiore sinergia tra intelligence italiana e francese non potrà che contribuire positivamente alla risoluzione dei conflitti presenti nell’area.

Sempre in riferimento alla sua posizione geopolitica, pensa che l’Italia possa svolgere un ruolo significativo per quello che riguarda la collocazione dei cavi sottomarini i quali consentono la trasmissione dei dati di internet?

I cavi sottomarini rappresentano la nuova frontiera nella trasmissione dei dati e sempre più nei prossimi anni diventerà importante il controllo di queste infrastrutture capaci di trasportare migliaia di dati sensibili da un parte all’altra del globo. In Italia esistono delle imprese all’avanguardia nella costruzione e nella gestione dei cavi e alcuni dei player più importanti sono stati auditi dal Copasir nell’ambito della già citata inchiesta sulla sicurezza energetica. Non sfugge il fatto che alcune nostre infrastrutture portuali, come ad esempio Taranto, Venezia e Trieste – per quanto riguarda la parte ad est del Paese – e Genova, Napoli, Salerno e Savona-Vado Ligure – ad Ovest – potrebbero diventare degli hub strategici di assoluta importanza a livello globale. Ecco perché è necessario, da un lato, garantire gli opportuni investimenti e, dall’altro, controllare nell’ambito del perimetro della sicurezza nazionale l’evoluzione di un settore tanto importante dal punto di vista commerciale quanto delicato e fondamentale dal punto di vista strategico.

Lo stesso si può sostenere anche per quel che concerne la supply chain globale nella quale il sistema produttivo nazionale può dire la sua, ad esempio, dalla produzione dei semiconduttori, dalle batterie elettriche a quella dei pannelli solari, anche mediante forti investimenti ad hoc, ad esempio da parte della Cassa depositi e prestiti?

Il Copasir ha auspicato una sempre maggiore indipendenza energetica dell’Italia anche nei confronti di Paesi che, nei prossimi anni, rischiano di detenere un controllo importante sulle materie prime necessarie, ad esempio, per la produzione di semiconduttori o di pannelli solari. In questo senso, appare prioritario sostenere la filiera produttiva nazionale anche attraverso un intervento della Cdp, ad esempio, andando a riqualificare alcuni siti industriali dismessi in Sicilia per la produzione di batterie e accumulatori, ovvero favorire il riuso e il riciclo di attrezzature elettroniche dalle quali si possano ricavare i metalli necessari per la produzione di semiconduttori. Sarà importante, in questo senso, una sinergia tra l’Italia, l’Europa e i Paesi occidentali, che possa prevedere anche l’eventuale adozione di strumenti (ad esempio, i dazi) per impedire l’accesso di prodotti provenienti da paesi extra Ue che non rispettino gli standard obbligatori che l’Europa e il mondo occidentale si sono dati per i prossimi decenni.

Quali saranno le sfide/minacce cibernetiche più rilevanti di quest’anno?

Gli attacchi cibernetici sono aspetti della guerra ibrida. Ovviamente in gran parte sono attacchi a fini estorsivi com’è emerso in tutta evidenza nel corso degli ultimi mesi ma non dobbiamo dimenticare che lo spazio cibernetico, il quanto dominio secondo la Nato, è uno degli aspetti più rilevanti della guerra ibrida, come sta succedendo anche adesso nella guerra in Ucraina. La sicurezza cibernetica rappresenta, dunque, una nuova frontiera per contenere le minacce che possono avere origine da concorrenza commerciale, ma anche da attacchi terroristici senza escludere attori malevoli di matrice statuale. Proprio per questo motivo sarà necessario un sempre maggiore impegno e coordinamento tra le intelligence per scongiurare possibili attacchi, anche per tutelare milioni di dati sensibili come, ad esempio, quelli custoditi dagli Enti locali, che potrebbero essere facilmente essere messi a rischio in caso di hackeraggio. Il tema comporta poi una riflessione importante sul cosiddetto cloud nazionale, al fine di avere un sistema nel quale far confluire e custodire la complessità dei dati e delle informazioni riconducibili al sistema della Pa italiana.

(Achille Pierre Paliotta)

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