Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha aperto venerdì il Forum Ambrosetti di Cernobbio: appuntamento esemplare dell’esclusività delle élites italiane. Lo stesso intervento di Zelensky è filtrato solo ufficiosamente all’esterno di un evento oltremodo mediatico ma formalmente chiuso a tutti se non a un paio di centinaia di imprenditori, manager, diplomatici, accademici, vip assortiti (e paganti) assieme a un pattuglione di ministri in carica, moderati dai direttori dei maggiori quotidiani.
Il leader di Kiev ha detto – per la verità senza grossa risonanza – che non ha mai dubitato dell’appoggio dell’Italia nella guerra contro la Russia. È quello che avrebbe sicuramente affermato sette mesi fa al Festival di Sanremo: sempre in video, sempre in divisa militare. Ma allora non poté farlo: fu Amadeus, l’ultima sera, a leggere un testo inviato da Zelensky, a chiusura di un quasi-incidente diplomatico. Per superarlo si dovette muovere personalmente dal Quirinale all’Ariston il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, mediatore di ultima istanza fra il governo Meloni (schierato con la Nato e quindi favorevole ad aprire a Zelensky la tribuna di Sanremo dopo un anno di guerra) e una Rai pubblica ancora dominata dal Pd, da sempre tacitamente “equilontano” da Mosca come da Kiev.
Da Cernobbio (ambiente “atlantico”, frequentato in passato anche dal presidente americano in carica, Joe Biden) l’invito a Zelensky è partito invece tempestivo e fermo, la risposta è giunta senza esitazioni, così come l’accoglienza è stata quella usualmente riservata ai leader internazionali. Collegato come lui, ha partecipato al Forum anche Mattarella, il cui saluto – sempre a quanto si è appreso – ha evitato di affrontare direttamente la crisi geopolitica, concentrandosi su un appello vasto ai Paesi Ue perché trovino nella riscrittura dei Trattati economico-finanziari le energie per rifare dell’Europa un “interlocutore globale”.
Invitata d’obbligo, la premier ha dal canto suo disertato il Forum (in un recente passato lo aveva già fatto Matteo Renzi, mentre Giuseppe Conte mantenne la tradizione di presenza del presidente del Consiglio). A Sanremo per Meloni non c’era invece alcun spazio previsto in scaletta (e in teoria neppure per Mattarella, chiamato poi d’urgenza sul palco per stemperare la politicizzazione pacifista del “caso Zelensky”).
Gli aspetti di “cerimoniale” – sia formale che sostanziale – sembrano fornire già qualche spunto di riflessione.
La Meloni “pop” – che ieri ha incrociato al Gran Premio di Monza molti vip reduci da Cernobbio – sta leggermente prendendo le distanze dalla posizione pro Nato/pro Ucraina che un anno fa ha contribuito alla sua vittoria elettorale? Lo sta facendo in scia al recente gioco di freni della Casa Bianca? Mattarella che punta sull’Europa riecheggia il cardinale Angelo Zuppi, inviato speciale del Papa al fronte, per un cessate il fuoco subito, a qualsiasi condizione?
Non appare d’altronde solo di circostanza la vicinanza al leader ucraino della “resistenza occidentale” testimoniata dei “cernobbiani” italiani del 2023. Un “popolo” decisamente diverso dai milioni di teleutenti di Raiuno la prima settimana di febbraio. Fra questi ultimi, certamente, vi sono numerosi italiani nel frattempo “stanchi di Zelensky”, titolava un sondaggio del weekend. Invece il big business e la vasta corte di pensatori e commis che vi orbita attorno, fra la sala e la terrazza di Cernobbio sembra si sia mostrata più preoccupata che la Bce aumenti ancora i tassi in funzione antinflazione. Cioè: la tenacia di Zelensky nella sua “controffensiva” (con-causa dell’inflazione) non è oggetto di discussione, mentre quella di Christine Lagarde nel contrastarne i sintomi sì.
Alla base sembra esservi essere una dinamica semplice: l’inflazione è alla fine un tonico per le economie sfinite da due anni di pandemia (lo è anche, in parte, per i debiti pubblici, che si svalutano in termini reali, mentre le entrate fiscali aumentano). Gli “extra-utili”, finiti sotto i riflettori politico-mediatici per un’iniziativa di tassazione straordinaria sulle banche italiane, sono in realtà un fenomeno robusto e trasversale in tutti i settori e in tutti i Paesi occidentali. Chi sta pagando il prezzo della guerra fra Zelensky e Putin sono i consumatori/risparmiatori e ora anche i lavoratori dipendenti o autonomi mano a mano che le economie frenano o addirittura recedono.
Forse è anche per questo che Meloni non è andata a Cernobbio, perché il problema di rispondere a milioni di elettori è del suo Governo; mentre le élites applaudono (neppure troppo sommessamente) Zelensky e la guerra “inflazionistica”. A proposito: “L’Ucraina non può vincere ora ma può farlo entro il 2025”. È il titolo di un’opinione comparsa ieri sul Financial Times, il giornale dei mercati e dei grandi affari. Lo ha firmato Richard Barrons, un generale ritiratosi nel 2016 dopo aver retto lo stato maggiore congiunto delle forze armate di Sua Maestà Britannica.
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