Mario Draghi si prepara a presentare il suo programma in Parlamento e ottenere una fiducia che appare scontata al Senato e alla Camera. Tuttavia non mancano in queste ore tensioni e critiche, anche da parte di alcuni partiti della nuova e inedita maggioranza. Non solo per quanto avviene all’interno del Movimento 5 Stelle e per la scarsa rappresentanza femminile nell’esecutivo che agita in particolare il Pd, ma anche per la scelta del ministro Speranza di rinviare all’ultimo la riapertura degli impianti di risalita dopo il parere del Cts che ha creato malumori nel centrodestra, dove si chiedono segnali di discontinuità rispetto al Governo Conte-2. Discontinuità che, secondo l’editorialista del Sole 24 Ore Guido Gentili, si potrà misurare già nel discorso del Premier di domani al Senato. «Va evidenziata però una cosa a proposito di questo dibattito sulla continuità e la discontinuità del nuovo esecutivo».



Quale?

Che Draghi e Mattarella sono riusciti a mettere in piedi un Governo con una larga base parlamentare, precondizione per assumere successive decisioni politiche importanti. Il Premier è secondo me riuscito in un capolavoro dell’equilibrismo e ha dovuto ricorrere al compromesso, parola che lui stesso ha ricordato essere una delle chiavi di successo del decision maker, in questo caso politico, durante il discorso all’Università di Bologna di quasi due anni fa, quando venne insignito della laurea honoris causa in legge, nel quale ha citato un’omelia di Ratzinger in una liturgia celebrata per i parlamentari tedeschi cattolici del 1981: “Non l’assenza di ogni compromesso, ma il compromesso stesso è la vera morale dell’attività politica”.



Nel discorso di domani il Premier cercherà di far percepire una discontinuità rispetto al precedente esecutivo?

Credo che la discontinuità più importante vada mostrata nel metodo di lavoro del Governo e anche sulla comunicazione. Da questo secondo punto di vista basterà comunicare i fatti per avere una novità rispetto agli ultimi mesi, quando si comunicavano rinvii di decisioni o scelte non fatte, come nel caso dei provvedimenti “salvo intese”. Per Draghi ci sono degli elementi di continuità necessari, ma è anche importante riuscire a far percepire all’opinione pubblica un cambiamento. Dovrà quindi lavorare molto su questo equilibrio e penso che nel suo discorso al Senato, nell’illustrazione del programma di Governo, emergeranno le linee di discontinuità rispetto al passato.



Su quali temi insisterà o metterà più l’accento tra i tanti sul tappeto?

Quelli più importanti in questa fase, che saranno anche i capisaldi dell’azione del Governo nei prossimi mesi: sanità/vaccinazioni, Recovery plan, occupazione e riforme. Ovviamente ci sarà anche un occhio di riguardo per le crisi industriali tornate prepotentemente a galla come l’ex Ilva e Alitalia. Credo che su questi temi avremo la possibilità di effettuare un vero confronto con il Governo precedente e misureremo una discontinuità che, secondo me, sarà molto forte.

A proposito di riforme, si è parlato molto nei giorni scorsi di quella fiscale. Sarà un tema che verrà messo da parte per un po’?

La riforma fiscale è un’operazione in generale molto complessa, anche perché presuppone il dispiegamento di risorse importanti se non ci si vuole limitare a una pur necessaria semplificazione e razionalizzazione del sistema e si vuole anche abbassare la pressione fiscale. Escludendo una flat tax a deficit, e tenendo conto che sul piatto erano stati messi solo 2 miliardi di euro dal precedente esecutivo, non mi pare che questo sia un tema su cui si possano prendere decisioni a stretto giro.

Sui temi del lavoro, vista anche l’imminente fine del blocco dei licenziamenti, sembra si sia scelta la strada delle concertazione…

Lo si era già visto al momento delle consultazioni, quando erano state ascoltate anche le parti sociali. Il ministro del Lavoro Orlando ha già convocato i sindacati e incontrerà (oggi, ndr) Confindustria, anche perché il tempo stringe, sono rimasti circa 40 giorni per mettere a punto una strategia in vista della scadenza del blocco dei licenziamenti. Ritengo che anche su questo tema si potrà misurare una discontinuità importante con la messa a punto di un sistema di ammortizzatori sociali totalmente riformato e una spinta sulla formazione e sulla valorizzazione del capitale umano. Certo c’è anche il tema che Draghi stesso aveva sollevato alla fine dell’anno scorso, con il famoso rapporto del Gruppo dei Trenta in cui si evidenzia l’impossibilità di continuare a sovvenzionare all’infinito quei settori e quelle imprese che non hanno futuro: bisognerà quindi fare delle scelte.

In questi mesi sono state molte le richieste del mondo produttivo: troveranno risposte?

Secondo me sì, in particolare su due fronti. Il primo è quello delle politiche attive per il lavoro, con un sistema di ammortizzatori, come dicevo prima completamente riformato. Il secondo è relativo al rapporto tra pubblico e privato: credo che Draghi metterà dei paletti precisi ai casi in cui lo Stato potrà entrare nelle aziende in crisi. In generale comunque il sistema delle imprese non sarà al riparo da critiche e osservazioni da parte del Premier, in particolare sui temi su cui si è già espresso in passato, come la transizione generazionale e il ricorso all’indebitamento.

Nei prossimi giorni dovrebbero anche essere nominati i sottosegretari del Governo. Che metodo si seguirà?

È molto probabile che su questa scelta si scaricheranno moltissime tensioni degli ultimi giorni, come le insoddisfazioni per le scelte delle squadra di Governo di alcuni partiti, che magari a denti stretti hanno detto che va tutto bene, o la mancanza di adeguata rappresentanza femminile, specie nel Pd. Draghi dovrà stare molto attento a non fare in modo che queste nomine rappresentino una valvola di sfogo per soddisfare tutti gli appetiti dei partiti. Dovrà essere un’operazione ben regolata per essere un segnale di discontinuità con il passato.

Dove le tensioni sono più forti è certamente tra i 5 Stelle. Voteranno compatti la fiducia?

Sono state formalmente tamponate le falle che si erano aperte al momento della formazione del Governo. Le tensioni, al di là di quelle che sono le posizioni personali di Di Battista, sono però profonde e c’è effettivamente un rischio di scissione, che non andrebbe comunque a incidere significativamente sul sostegno numerico all’esecutivo. Stiamo pur sempre parlando del partito di maggioranza relativa e la situazione andrà quindi monitorata, anche per capire se Conte diventerà davvero il leader catalizzatore del partito nei prossimi mesi.

Nelle prossime settimane il Governo dovrà anche lavorare alla messa a punto del Def. Come agirà il ministro Franco, un tecnico dall’indubbia esperienza, ma alla sua prima prova politica?

La Banca d’Italia ci ha appena detto che il 2020 si è chiuso sopra la soglia dei 2.500 miliardi per quel che riguarda il debito pubblico. Quest’anno, quindi, oltre alla necessità di spingere sulla crescita, visto che le stime diffuse la scorsa settimana dalla Commissione europea (+3,4%) sono lontane dal +6% previsto dal precedente Governo, c’è anche quella di portare la finanza pubblica su un terreno di sostenibilità. Credo che Franco lavorerà molto su questo punto, che non significa chiudere i rubinetti, ma mettersi nelle condizioni di non generare deficit e debito a getto continuo.

Per Draghi è arrivato anche un tweet di congratulazioni di Biden. Quanto può essere significativo e segnale di discontinuità rispetto al passato?

La vittoria di Biden è stata un tassello fondamentale di quel che è successo in Italia nel momento in cui la crisi di Governo è entrata nel vivo. Il tweet di Biden è di grande apertura, com’era immaginabile per una personalità come quella di Draghi, ma segnala anche una svolta politica, peraltro attesa, nei rapporti tra Italia e Stati Uniti. Sapevamo infatti che uno dei principali sostegni di Conte era Trump. Sarà importante vedere come si svilupperà questa svolta in un anno in cui avremo la presidenza del G20. Sarà però importante essere molto cauti nei nostri rapporti con la Cina.

(Lorenzo Torrisi)

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