La Germania arranca, l’Italia tiene ma risente del calo tedesco, la Francia fa quello che può. Ma c’è un Paese in Europa che, escludendo la parentesi del Covid, vede ormai da anni il suo Pil in crescita. Nell’ultimo trimestre ha fatto segnare un +0,8 dovuto all’export (frutta e pesce, macchinari, ma anche prodotti chimici e tessili) in un contesto in cui il turismo la fa da padrone. Si tratta della Spagna, che sta raccogliendo i frutti di una politica di riforme strutturali iniziata più di vent’anni fa, a cavallo tra gli ultimi anni del Novecento e i primi del Duemila. Un cambiamento, spiega Andrea Monticini, professore ordinario di Econometria finanziaria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, all’insegna della liberalizzazione dell’economia, che ha riguardato soprattutto il mercato del lavoro e le università, diventate vero centro di attrazione a livello internazionale. A questo si aggiunge un sistema finanziario basato su banche solide e la capacità negli ultimi tempi di debellare più rapidamente di altri l’inflazione.
La Spagna fa segnare un +0,8% nel secondo trimestre 2024 e continua una crescita che a fine anno potrebbe essere del 2,9%. Da cosa dipende questo risultato?
Ha avuto nel periodo considerato un forte boom di esportazioni, che le ha consentito di avere un aumento del Pil consistente. I consumi interni sono in crescita, ma non in modo esagerato. Non c’è ancora lo spaccato dell’export, ma il dato complessivo è comunque più che positivo.
Non si tratta di un risultato isolato; l’anno scorso il Paese ha fatto registrare un tasso di crescita del 2,5% e quest’anno potrebbe arrivare a +2,9%. Come si spiega?
Hanno fatto crescita prima. La Spagna ha un’economia che gode di una serie di riforme fatte 15-20 anni fa, che hanno consentito di liberare il potenziale di crescita su un livello molto superiore a quello italiano e francese. Ora, dopo la ripresa post-Covid, si è rimessa a correre sul sentiero che percorreva prima della pandemia.
Quali sono, in particolare, le misure di cui ora si sentono i benefici?
Le riforme del mercato del lavoro e dell’università, le riforme strutturali che sono state fatte poco dopo gli anni 2000. L’Italia, per contro, per darci un termine di confronto, è agganciata al ciclo economico tedesco e l’industria italiana sta regredendo. Lo dice l’Istat: non è sorprendente, le aziende italiane, quelle che crescono, si inseriscono nelle catene del valore tedesche. Ma ora la Germania è ferma o addirittura sta indietreggiando, anche per scelte errate nella transizione ecologica legate al settore automotive.
Se lavoro e università sono i due pilastri della crescita spagnola, su quali criteri ha puntato il Paese per arrivare dov’è ora?
Gli spagnoli hanno liberalizzato l’economia, liberando il loro potenziale attraverso riforme mirate, che premiassero il merito e andassero verso una diminuzione della tassazione, rendendo la Spagna attrattiva. Parlo dei governi come quelli di Aznar dei primi anni Duemila: il tasso del Pil da lì ha cominciato a crescere. Tutto ciò è fatto da un mix di buone università, che attraggono gente da tutto il mondo, e un mercato del lavoro dinamico, che consente di avere la giusta flessibilità. Non è sorprendente. Dal 2000 in avanti la Spagna è una delle aree più dinamiche dell’Europa. Dopo il Covid ci aspettavamo una ripartenza su basi differenti per vari Paesi; in realtà, per quanto riguarda l’Italia, ci stiamo rimettendo su un percorso di crescita simile a quello precedente. Non è così per la Germania, mentre la Francia sta vivacchiando. La Spagna, invece, cresce e la parte che è andata meglio è quella delle esportazioni.
La Spagna non ha un settore industriale particolarmente sviluppato rispetto ad altri Paesi. Quali settori sostengono la crescita?
Sono i servizi, insieme alle esportazioni. Per di più, il Paese è andato particolarmente bene sull’inflazione. Il problema ce l’ha avuta tutta l’economia europea, ma la Spagna è uno di quelli che è stato in grado di riassorbirla prima. La Francia, invece, ha avuto un vantaggio non indifferente: quando il prezzo dell’energia è schizzato verso l’alto, la pagava meno avendo più nucleare di noi e della Germania.
Uno dei grandi pilastri di ogni sistema industriale ed economico è quello creditizio. Qui il Paese come è messo?
L’altro elemento forte della Spagna è il sistema finanziario: ha grandi banche che sono in piena salute e sono un motore di crescita non indifferente. Nel momento in cui alcune sono entrate in crisi, hanno preso gli aiuti europei per risanare gli istituti di credito di medie e piccole dimensioni che avevano bisogno di interventi. E così hanno sistemato il polmone principale dell’economia.
(Paolo Rossetti)
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