In un sondaggio condotto meno di due anni fa, il 42% degli inglesi si diceva d’accordo a una rinuncia da parte di Carlo al trono inglese in favore del figlio William. È un dato che la dice lunga del poco affetto che il popolo del Regno Unito ha per il primogenito di Elisabetta, ma che come ci ha detto in questa intervista Claudio Martinelli, professore di diritto pubblico comparato e diritto parlamentare all’Università di Milano-Bicocca ed esperto del sistema giuridico e politico britannico, “intanto non è un dato maggioritario e soprattutto esprime un parere su quello che Carlo è stato fino a ieri e non su quello che sarà domani quando diventerà re; e come sarà nessuno può saperlo”.
Sempre secondo Martinelli, “Carlo è una figura sottovalutata e ingiustamente derisa dal gossip mondiale, mentre invece è una persona consistente che dovrà adottare un modo di esprimersi e di comparire in pubblico che non potrà essere quello che ha avuto per così tanti anni”. Certamente la sfida che lo attende è dura.
Recenti sondaggi esprimono poco attaccamento al nuovo re d’Inghilterra, molti avrebbero preferito lasciasse lo scettro a favore del figlio William. Ha anche lei questa percezione?
Non drammatizzerei questa sensazione, né darei grosso significato ai sondaggi. Certamente c’è una tendenza di queso tipo.
A suo avviso come si spiega? Carlo ha avuto tutta la vita per prepararsi al ruolo che lo attendeva: ha inciso il fallimento del suo matrimonio con la principessa Diana?
Bisogna chiarire. Elisabetta era regina da lungo tempo, da quando era giovanissima. Il monarca nel Regno Unito è una istituzione in sé, e può esserlo soltanto una persona alla volta. Il resto della cosiddetta Royal Family non ha le sue funzioni e quindi non ha tutti i limiti che incontra il re in carica.
Questo concretamente cosa significa?
Significa che per 50 anni Carlo ha avuto una sua vita nel corso della quale ha potuto fare cose che ovviamente sono imparagonabili a quelle che stava facendo la regina.
Intende dire che non si possono mettere sullo stesso piano?
Esattamente. È del tutto irrilevante il numero degli scontenti di Carlo fra il popolo inglese, perché sono scontenti di quello che ha fatto fino a ieri, ma nessuno può sapere cosa farà da sovrano. Sappiamo tante cose sue personali, dal fallimento del suo matrimonio all’amore per la natura, ma tutto questo ora finisce e inizia un’altra sua storia, quella di Carlo III.
C’è qualcosa che potrà contraddistinguerlo, ad esempio l’ambientalismo di cui è stato un anticipatore?
Sì e no. Certamente ci sono cose che caratterizzano la sua persona, ma nessuno sa cosa pensasse Elisabetta prima di diventare regina. Sappiamo che durante la guerra faceva la meccanica aggiustando i motori delle ambulanze, mentre la vita di Carlo è da sempre sotto i riflettori. Però quello che conosciamo di lui cesserà di esistere nella misura in cui interferisce con l’indirizzo politico.
Ci spieghi, professore.
Se è stato un difensore dell’ambiente mentre era principe non vuol dire affatto che continuerà a farlo da re, perché preoccupazioni come questa possono incrociare l’indirizzo politico del Paese, che spetta agli organi politici, dal primo ministro in giù. Come re non potrà mai mettere in difficoltà gli organi politici.
Lei, che si occupa e conosce questa nazione da lungo tempo, che idea si è fatta di Carlo?
Ritengo sia una personalità sottovalutata e inutilmente derisa. Credo sia di spessore molto più consistente di come la stampa lo dipinge da decenni per colpa del gossip. Se questa analisi sarà vera, gli inglesi avranno un re comunque imparagonabile a Elisabetta, ma un re consistente.
Elisabetta è stata un personaggio unico in grado di traghettare la monarchia nel terzo millennio. Suo figlio saprà gestire questa eredità?
Certamente Elisabetta ha contribuito a salvare la monarchia, ma la cifra storica si capisce se la mettiamo in relazione alle precedenti regine. Cominciando da Elisabetta I tutte le precedenti regine hanno determinato la storia e non solo dell’Inghilterra, ma del mondo. Elisabetta II invece ha interpretato la storia. È arrivata al trono in un momento in cui non era la monarchia a fare la storia, ma il primo ministro e la camera dei comuni. La sua grandezza sta nell’aver interpretato il suo ruolo dentro a quel preciso momento in cui si è trovata. Un momento in cui si trattava di gestire una riduzione.
Cioè la fine dell’impero?
Gli inglesi non potevano più pensare di essere la potenza guida del mondo come lo erano stati per secoli. Lei lo ha capito e ha saputo vivere questo cambiamento interpretando lo spirito della costituzione britannica, una costituzione la cui caratteristica è di evolversi nella continuità dei princìpi.
Si può dire che Carlo sarà un re di transizione, vista anche l’età non proprio giovanissima?
Lo potremo dire quando avrà finito il suo mandato. Il suo regno comincia in un momento che non si può definire di banale transizione. Ci sono nubi pesantissime nel cielo inglese, dal tasso di inflazione altissimo alla Brexit, cose che preconizzano momenti non semplici. Se a sua volta e in un altro modo Carlo saprà interpretare questo momento storico, allora avrà fatto il suo dovere.
(Paolo Vites)
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