Sono molto onorato di poter partecipare all’incontro, che il Meeting di Rimini ha organizzato, assieme a due colonne di testimonianza del processo di pace e di conciliazione nei loro Paesi: il cardinale Dieudonné Nzapalainga e il patriarca latino di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa. 

Il titolo poi dell’incontro (“Artigiani di pace, la passione di conciliare”) è molto stimolante col suo richiamo a tre esperienze decisive per la vita dell’uomo, e per la storia: l’esperienza della pace, l’esperienza del processo di conciliazione e l’esperienza del lavoro, della responsabilità.  Sono queste tre esperienze che ritroviamo nell’uomo Gesù di Nazareth. Non nel Verbo, nel Figlio, ma nel Verbo incarnato, nel Figlio fatto uomo. Nell’eternità infatti non ci sarà la pace, non ci sarà il perdono, e nemmeno la misericordia. Nell’eternità non lavoreremo per la conciliazione. Queste esperienze sono necessarie all’homo viator, all’uomo in cammino per i sentieri della storia. 



Per questo devono essere esperienze, cioè eventi che entrano nella vita dell’uomo e la cambiano. Don Giussani nel suo intervento a Roma a conclusione dell’ultimo grande simposio dei movimenti ecclesiali con Papa Giovanni Paolo II in Piazza San Pietro nel 1998, disse che la misericordia è l’ultima parola anche nelle più drammatiche, violente, tragiche pagine della storia. 



L’esperienza della pace e della conciliazione vince la paura e l’esperienza del perdono vince la disperazione. Per questo è necessario viverle queste esperienze, e non appena enunciarle, o annunciarle come necessarie. Non basta parlarne, anzi quando si parla tanto di qualcosa, normalmente è perché questa cosa è assente. C’è addirittura un salmo, il 119, in cui il povero salmista si lamenta di questo paradosso: “Io sono per la pace, ma quando ne parlo, essi vogliono la guerra”.

Durante la Settimana Santa è mia abitudine passare del tempo nel confessionale della Cattedrale. Quest’anno la fatica maggiore con cui i penitenti si scontravano era il trovarsi senza forze nel respingere la violenza, l’odio, che sentivano premere alle porte del loro cuore. E mi ha molto commosso che il perdono, più che le mie pur giuste parole, fosse un’esperienza di liberazione per loro. Quanti pianti liberatori ho sentito, e che mi hanno coinvolto! 



La pace assieme al perdono è il dono che Gesù risorto dà ai Suoi perché lo diffondano. Perciò vanno domandati, poi riconosciuti come tali e accolti. Pace e riconciliazione, che riguardano i rapporti tra gli uomini, sono dunque anche frutto della libertà in azione. Mi pare molto azzeccato il termine “artigiano”, perché l’artigiano è un uomo libero, che partecipa con passione di tutto il processo fino al prodotto finale. E gli artigiani medioevali non mettevano la loro firma nei loro prodotti, neanche nei capolavori artistici, perché erano coscienti che l’arte era loro data per lasciare il mondo un po’ migliore. Anche noi abbiamo bisogno oggi di questi artigiani. Abbiamo bisogno di vedere artigiani di pace e di riconciliazione in azione, per supportare la speranza in noi e suscitarle nei nostri fratelli uomini. 

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