NAPOLI. È finita in rivolta. Con facinorosi e malintenzionati ad ingrossare le fila del corteo organizzato da commercianti e ristoratori fino ad assumerne il controllo e trasformare in bolgia una protesta che doveva essere pacifica. Nel mirino la serrata decisa da Vincenzo De Luca: una mazzata per l’economia locale.
La tensione era già alle stelle: e la doccia fredda della chiusura annunciata e confermata dello stabilimento Whirlpool cade in una Napoli che totalizza almeno la metà dei casi Covid in pericolosa ascesa in Campania nonostante il pugno di ferro contro ogni distrazione e assembramento del suo governatore sceriffo.
Cosicché la città e la regione che meglio avevano retto alla prima ondata della pandemia si trovano oggi nell’occhio di un ciclone la cui forza sembra montare ogni giorno di più. E alle difficoltà legate alle conseguenze del dilagare del morbo si aggiungono quelle di una conclamata crisi di mercato.
L’accelerazione del contagio è impressionante: dai 115 positivi di giugno si è passati ai 309 di luglio, i 2.068 di agosto e i 5.717 di settembre fino ai 19.284 contati al 22 ottobre per un totale di 32.025 casi a partire da febbraio quando i colpiti dal morbo sono stati non più di quindici.
Il tema è se la situazione possa sfuggire di mano e andare fuori controllo nonostante il polso fermo che il presidente De Luca continua a mantenere chiudendo anzitempo le scuole, imponendo il coprifuoco alle 23, impedendo il passaggio da una provincia all’altra se non per comprovate necessità.
Bar e ristoranti sono allo stremo. E così anche i negozianti che chiudono a migliaia come tutti i giorni le organizzazioni del commercio denunciano chiedendo ristori che non arrivano o che arrivano con colpevole ritardo. La cattiva salute delle persone e dell’economia preparano la bomba sociale.
Per quanto possibile, ci si consola considerando che il 93 per cento dei positivi è asintomatico. Il che riduce di molto il numero dei malati bisognosi di cura con poco più di mille ricoveri (1.037) e 94 terapie intensive, sempre al 22 ottobre, su 227 posti disponibili. Ma l’andamento desta grande preoccupazione.
In particolare, cresce a dismisura l’incidenza dei positivi (con sintomi o meno) sui tamponi effettuati con un esito del 18 per cento che le autorità sanitarie ritengono più che allarmante e giustificativo di una chiusura totale delle attività, come nel periodo nero del lockdown della scorsa primavera.
Una situazione ben chiara al presidente della Regione rieletto a stragrande maggioranza nello scorso mese di settembre anche e soprattutto per il comportamento di severo controllo e cautela tenuto prima del voto, quando il morbo infieriva al Nord e sembrava voler risparmiare il Sud.
Se fosse premonizione del progredire della pandemia o coscienza della problematica capacità di risposta della sanità campana (appena uscita da lunghi anni di commissariamento e ruvidi tagli a spesa e servizi) o pura tecnica di comunicazione, sta il fatto che lo schema di difesa sembrava funzionare.
Maurizio Crozza si è impossessato del personaggio per farne una delle migliori caricature del suo repertorio. I frequentatori dei social rilanciavano la figura dello sceriffo – col lanciafiamme al posto delle pistole – accompagnandola con vignette ironiche eppure affettuose perché, in fondo, la cura funzionava.
Adesso tutto è diverso. Quello che prima appariva esagerazione diventa realtà. E il vezzo o trucco di fare la faccia feroce non basta più a tenere lontano un virus che mette a repentaglio salute ed economia in un territorio già in difficoltà per carenze storiche di un ceto dirigente in perenne ritardo sui tempi.