UniCredit in utile netto, nel primo trimestre, a livelli doppi rispetto alle attese. Mps con i margini economici in crescita: anche se il tutto rapportato ai debolissimi fondamentali di Siena. Sui media, intanto, l’eco della “buona notizia” contenuta nei Decreto sostegni che irrobustisce da 2 a 3 miliardi la dote che il Tesoro metterebbe sul tappeto da subito – sotto forma di agevolazioni fiscali sui crediti deteriorati – per chi si cimentasse nel salvataggio di Rocca Salimbeni.



Quella di ieri è parsa una giornata di primavera inoltrata anche sull’accidentato scacchiere bancario nazionale. Eppure sembra ancora presto per pronostici sul risiko. La prima “conference call” di Andrea Orcel – appena approdato nella stanza dei bottoni di UniCredit – è sembrata escludere novità a breve. L’unica in agenda – ha confermato il nuovo Ceo – è la revisione strategica subito avviata e traguardata sull’autunno, in un  apposito “Capital Day”. E il dopo-Mustier guarda, al momento, al rilancio del bilancio UniCredit per linee interne: sul recupero del margine di interesse e sulla generazione interna di capitale, “un processo per il quale ci vorrà tempo”. Nel frattempo Orcel è  parso più preoccupato di comunicare subito al mercato che l’obiettivo di profitto 2021 (superiore ai 3 miliardi)  consentirà il ritorno di una congrua remunerazione dell’azione (50% di pay out, di cui il 30% per cassa) dopo anni di vacche magre per i soci di piazza Gae Aulenti, anche per le restrizioni Bce. La banca riprenderà ad assumere rischi per “rinvigorire il margine d’interesse”, ma a ogni buon conto UniCredit poggia oggi sul più alto Cet1 di sempre: il principale parametro di solidità patrimoniale del gruppo è quasi sette punti percentuali superiore al minimo.



Anche da Siena, per la verità, sono giunte indicazioni non pressantissime. L’amministratore delegato Guido Bastinanini ha confermato che il vertice Mps lavora con il Mef (azionista di maggioranza) per una “soluzione strutturale”, che tuttavia potrebbe maturare all’inizio dell’anno prossimo (sulla stessa vicenda Alitalia l’Ue ha dato segnali di relativa flessibilità sui tempi, se non sui modi). Rimane d’altronde l’aspettativa quanto meno di qualche linea d’orizzonte entro la fine dell’anno: quando – per cominciare – sarà più definita anche la cornice macro nella quale collocare la definitiva messa in sicurezza del Monte (e non solo: Carige e Popolare di Bari sono sempre più riallineate a Siena come dossier da chiudere). Se i tempi e i ritmi della ripresa del Pil in Italia ed Europa (soprattutto in chiave Uci) saranno confortanti e se anche la Borsa dovesse riacquistare fiducia nei titoli bancari, non è improbabile che a cavallo dell’estate player di mercato, Governo e Bankitalia possano uscire dallo stand by. 



Il ghiaccio post-Covid, in realtà, è già stato rotto dal positivo esito dell’Opa di Cariparma Credit Agricole su Creval. Dalla Banco Bpm, intanto, continuano a giungere segnali di attesa vigile. Mentre l’esito della recentissima assemblea delle Generali (con l’assenza al voto su conti 2020 di Francesco Gaetano Caltagirone, secondo azionista dopo Mediobanca) ha confermato che anche a Trieste la situazione è in evoluzione. E questo alimenta ulteriori attese su un possibile riassetto bancassicurativo più vasto e complesso di una semplice “presa in carico” del Monte da parte di UniCredit.

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