Nata a Firenze nel 1936, Dacia Maraini è la primogenita di Fosco Maraini, antropologo e orientalista, mentre la mamma, Topazia Alliata di Villafranca, era una pittrice e gallerista. Una famiglia d’arte e di cultura, dunque, quella di Dacia, che ha trasmesso l’amore per la conoscenza alle figlie. L’infanzia della poetessa e scrittrice è trascorsa in Giappone, dove i genitori si erano trasferiti perché il papà, antropologo, dove studiare una popolazione locale. Proprio in Giappone sono nate le sorelle di Dacia Maraini, Yuki e Antonella, anch’esse impegnate nel mondo dell’arte: la prima è stata una musicista, la seconda una scrittrice.
Proprio in Giappone, Dacia Maraini è stata costretta a passare diversi anni in un campo di concentramento insieme alla famiglia. Questo perché i genitori, Topazia e Fosco, rifiutarono di giurare fedeltà alla Repubblica di Salò, richiesta arrivata dall’Italia al Giappone dopo l’armistizio di Cassibile nel 1943. La famiglia passò diversi anni nel campo di concentramento, patendo la fame e contraendo diverse malattie. Riuscì a tornare in Italia solamente nel 1945, stabilendosi in Sicilia.
Dacia Maraini, chi è: gli anni con Alberto Moravia
Anni difficili quelli in Giappone per Dacia Maraini, che hanno forgiato il suo carattere. “Nel 1943 cambiò tutto. Così, l’Italia chiese agli italiani che vivevano in Giappone di aderire alla Repubblica di Salò. I miei genitori, che odiavano il fascismo, decisero di non firmare. Mia madre, che venne accusata di aver messo in pericolo la nostra vita, disse: “Quando le mie figlie saranno grandi, ci giudicheranno”. Io oggi posso dire che hanno fatto bene” ha dichiarato Dacia Maraini, come racconta Ciociaria Oggi.
Per tanti anni Dacia Maraini fu la compagna di Alberto Moravia, con cui visse dal 1962 al 1978. I due vissero una profonda amicizia anche con altri grandi artisti dell’epoca, come Pier Paolo Pasolini. Insieme, i tre scrittori, viaggiarono spesso in Africa per conoscere la purezza del Continente. Proprio quei viaggi vengono raccontati da Dacia Maraini nel libro “Sguardo all’Africa”.