Gli studenti, nel corso degli ultimi dodici mesi, hanno dovuto fare i conti con la Dad, didattica a distanza, che le istituzioni italiane, da qualche tempo, preferiscono chiamare Ddi (Didattica digitale integrata). Poco cambia nella sostanza, però: trattasi, com’è noto, di lezioni che si svolgono in maniera regolare (al netto di eventuali problemi di connessione, peraltro non così rari), ma senza il tipico coinvolgimento dell’allievo che si registra in occasione dell’appuntamento frontale con il docente e nel confronto con i compagni di classe.



Molti ragazzi, a tal proposito, hanno riscontrato alcuni improvvisi cali nel proprio rendimento scolastico, manifestando una palese difficoltà nel memorizzare ciò che l’insegnante ha assegnato loro. La denuncia giunge da più parti del mondo, come si evince da un lettore che ha scritto al “The Atlantic”, dicendo: “Non so se abbia a che fare con la didattica a distanza, ma mio figlio che fa la prima media sembra dimenticare qualsiasi cosa studi. Ricorda a memoria i giocatori più importanti dell’NBA dagli anni Ottanta ad oggi e sa tutte le canzoni di Drake, ma, pur passando ore a studiare, non riesce a ricordare nulla della Mesopotamia o dei diversi tipi di nuvole esistenti”.



DAD, STUDENTI CON PROBLEMI DI MEMORIA: C’ENTRA DAVVERO LA DISTANZA?

A proposito delle difficoltà a livello di memoria denunciate dagli studenti in Dad, i colleghi dell’Huffington Post hanno interpellato Daniela Traficante, docente di Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione all’Università Cattolica di Milano ed esperta di Disturbi Specifici dell’Apprendimento: “Affinché venga trattenuta e duri nel tempo – ha spiegato –, un’informazione deve farsi esperienza a tutto tondo. Questo con la Dad non è possibile. L’apprendimento per i più piccoli passa non soltanto attraverso quello che si sente e si vede, ma anche attraverso l’esperienza. Banalmente, anche mediante la mimica del docente: se lo studente non segue, è distratto, ha difficoltà, potrà catturare la sua attenzione con i gesti, aumentando l’enfasi, avvicinandosi. Tutte queste situazioni mancano nella didattica a distanza”. La domanda, però, sorge spontanea: quando (speriamo prestissimo) l’emergenza pandemica sarà finalmente alle spalle, come faranno a riadattarsi alle lezioni frontali i ragazzi? “Certo, non sarà un processo semplice – risponde la professoressa –: ci sarà bisogno di almeno un anno di assestamento, in cui i docenti dovranno accogliere le nuove difficoltà dei ragazzi. Ma sono fiduciosa nella possibilità di recupero”.

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