Dopo la conclusione degli Stati generali dell’economia, che al di là di roboanti annunci, hanno dimostrato un’assenza di strategia e una carenza di idee da parte del Governo, l’impressione è che Conte faccia troppo affidamento sugli aiuti europei per uscire da un’impasse, politica ed economica, che potrebbe non solo far saltare la maggioranza giallo-rossa (soprattutto sul Mes), ma portare il paese su un crinale molto pericoloso. “L’Italia si affida troppo a un’Europa incerta – osserva Andrew Spannaus, giornalista e fondatore di Transatlantico.info –: il Recovery fund per ora è tutta fuffa. E c’è il rischio che tra due anni possa ripetersi quello che è già successo nel 2011, ma non è detto che si ripeta lo stesso epilogo: l’attuale governo fa quello che l’Ue chiede”. E sulla prospettiva che l’Europa, alle prese con l’emergenza Covid, stia provando a cambiare pelle, passando dall’ossessione dell’austerity a una maggiore solidarietà, Spannaus frena: “Mi sembra un’Europa indecisa, che non fa i passi richiesti dalla realtà, ha ancora troppa paura di permettere agli Stati nazionali di attuare ciò che davvero serve”.



Il ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, in visita a Roma, ha dichiarato che la Germania per l’Europa “vuole una ripartenza economica e sociale vigorosa” e che l’obiettivo del semestre a presidenza tedesca è di “non perdere nessun paese”. Il fatto di averlo detto in Italia sta a significare che il nostro paese corre questo rischio?



Forse ha voluto parlare a chi in Italia spinge su una linea anti-euro. Più che di un’estromissione, c’è il rischio che gli italiani si convincano ancora di più che l’Europa non stia facendo niente di utile per il nostro paese. Mi sembra più una reazione alla debolezza dell’Ue che ai problemi dell’Italia.

E hanno ragione gli italiani a pensarla così?

L’Europa non sta facendo nulla in questa emergenza. A livello di aiuti finanziari si è mossa solo la Bce, che parzialmente sta monetizzando il debito pubblico italiano, mantenendo così bassi i tassi d’interesse. E’ importante, ma siamo sempre lontani da quello che sarebbe invece necessario fare.



Fino a quando potrà continuare questo sostegno della Bce, alla luce anche della recente sentenza delle Corte di Karlsruhe contro il Quantitative easing?

La Lagarde vuole far vedere che non ha paura dei giudici tedeschi. Nel mondo reale l’acquisto di titoli pubblici dovrebbe essere rafforzato e dovrebbe continuare finché non si esce dall’emergenza, ma in questa Europa le pressioni, della Germania e non solo, non mancheranno. Appena l’economia si riprenderà, la Bce dovrà allentare gli acquisti. Qui sta il problema principale dell’Europa.

In che senso?

Da un lato, la Bce non può acquistare direttamente il debito pubblico di un paese. Dall’altro, non è credibile una monetizzazione a lungo termine, finché esisterà un Trattato che costringe i paesi ad abbassare il debito pubblico e una Commissione Ue che dà indicazioni a ciascun paese su come tenere basso il deficit per ridurre il debito.

Visto però l’andamento dei conti pubblici e dopo gli Stati generali dell’economia, che si sono chiusi con promesse e annunci roboanti ma senza una strategia chiara, l’Italia non le pare sempre più appesa ai soldi della Ue?

Intanto va precisato che il Recovery fund per ora è tutta fuffa, non c’è nulla se non il penoso spettacolo di parlare e discutere per mesi e mesi di che cosa si potrebbe fare, ma solo dal 2021 in avanti. Detto questo, l’Italia finora non è rimasta appesa ai soldi Ue, perché sta spendendo soldi propri. E secondo me dovrebbe spenderne ancora di più piuttosto che aspettare l’Europa. Anzi, l’Italia sta aspettando troppo l’Europa, sta ipotizzando il suo futuro sulla base di programmi che non rappresentano un grande aiuto, anche perché l’Italia per buona parte versa soldi all’Europa che poi torneranno indietro con delle condizionalità.

Lo stesso Maas ha parlato di “possibile compromesso” con i quattro paesi “frugali” ancora riluttanti sul Recovery fund, mentre il suo omologo Di Maio ha detto: “non possiamo accettare compromessi”. Ci sono due narrazioni diverse su quel che intende fare l’Europa per superare la crisi legata al Covid?

In Europa si dicono cose molto diverse rispetto a quel che dicono Conte e Gualtieri in Italia. Per esempio, quando è stato sbandierato l’annuncio dell’accordo sul Recovery fund, nessuna intesa era stata raggiunta, era solo una proposta e ancora oggi bisogna mettere d’accordo diversi paesi. Il governo ha presentato il Recovery fund in modo fasullo: non rappresenta un grande vantaggio, gli stessi calcoli della Commissione Ue dimostrano che se l’Italia riceverà 153 miliardi, in realtà netti saranno 60 miliardi di euro, in più anni. E anche il fondo Sure dipende dai versamenti volontari dei diversi paesi. Insomma, prima si paga, poi magari dal prossimo anno si riceveranno i soldi.

Sul Recovery fund, già ribattezzato Next Generation, l’accordo tra i 27 è di là da venire, si tornerà a parlarne a luglio. Avremo ancora riunioni, parole, verbali inconcludenti?

Non so cosa faranno. Ma è evidente che se si troverà un accordo non sarà certo quello che è stato annunciato da Conte e Gualtieri, è poco probabile. E sarebbe anche ora, perché aspettare mesi non ha proprio alcun senso. Negli Stati Uniti, dove l’epidemia è ben peggiore che in Europa e dove il mercato del lavoro è molto precario, sono state approvate spese pari al 14% del Pil e un altro 14% è stato aggiunto dalla Federal Reserve. Risorse spendibili da subito. In Europa, invece, prima che si approvino e si mettano in moto le misure quanto tempo passerà?

Fino al 2021, infatti, i soldi non arriveranno. Nel frattempo cosa rischia l’Italia?

L’Italia rischia perché le sue imprese devono assolutamente essere aiutate. Questa emergenza potrebbe rappresentare una grande opportunità per l’Italia, invece si sta lì a litigare su quanto costerà la riduzione dell’Iva: 5 o 10 miliardi? Sono briciole. L’Italia ha bisogno di realizzare quel che serve alla competitività del sistema paese: va bene parlare di treni al Sud o di infrastrutture informatiche, ma vanno iniziate appena possibile, perché richiedono tempi lunghi. E soprattutto bisogna risolvere l’annoso mismatch del mercato del lavoro, soprattutto adesso che si possono spendere i soldi. Già era un problema prima, ora con l’emergenza economica dovuta al coronavirus ci saranno decine di migliaia di lavoratori che dovranno essere accompagnati in percorsi di riqualificazione e di ricollocamento in settori più trainanti.

La Ue condizionerà gli aiuti del Recovery fund all’attuazione di alcune riforme. Torneranno le lettere di Commissione europea e Bce come quella che fu inviata al governo Berlusconi nel 2011?

Il rischio è molto alto. Fra un paio d’anni qualcuno potrebbe dire all’Italia: bene, avete speso, adesso dovete tagliare, rimettere a posto i conti. Chiaro, riformare la giustizia civile è importantissimo, l’Europa ha ragione a far notare questa mancanza, però l’esperienza dimostra che quando si parla di riforme strutturali poi si va ben oltre.

Potrebbe scaturirne lo stesso epilogo del 2011: caduta del governo “politico” e nuovo esecutivo tecnico magari guidato da Mario Draghi?

Se ci fosse un governo che opponesse resistenza all’austerità richiesta dall’Europa, sì, potremmo avere lo stesso epilogo di allora. Ma non vedo un Tremonti, che allora era in disaccordo con i globalisti, in questo governo.

Sul nodo del Mes, però, la maggioranza giallo-rossa è profondamente divisa. Il fondo salva-Stati rischia di diventare un cappio al collo per la sopravvivenza del governo Conte?

Questo governo sa che alla fine dovrà accettare il Mes. I paesi frugali sono impegnati a far sì che l’Italia sia costretta ad accettarlo. E se e quando dirà di sì, questo governo dimostrerà che non servirà mandarlo via, perché fa quello che viene chiesto.

L’Ue ha sospeso il Patto di stabilità, cancellato i parametri di Maastricht, rimosso il divieto di aiuti di Stato. Però i 1.500 miliardi del Recovery fund sono diventati i 750 di Next Generation e Francia e Germania stanno già chiedendo un’ulteriore riduzione a 500. Che Europa sta uscendo da questa emergenza Covid?

Non credo che la Ue sia e stia cambiando in modo sostanziale. Oggi c’è un approccio temporaneo ai problemi, senza compiere i passi decisivi che stiamo vedendo in altre parti del mondo. Cito un solo esempio: non è di grande aiuto dare prestiti non a fondo perduto, ma da restituire nel tempo, alle imprese che hanno perso tre mesi di fatturato. Mi sembra un’Europa indecisa, che non fa i passi richiesti dalla realtà, ha ancora troppa paura di permettere agli Stati nazionali di attuare ciò che davvero serve.

Non pensa che la Germania di Angela Merkel cominci a superare queste paure, avendo deciso una timida apertura alla condivisione del debito?

Sì, è un passo avanti. È però insufficiente e rischioso.

Perché?

Finora si è raccontato a tedeschi e olandesi che loro hanno pagato per paesi come l’Italia. Ma non era vero. Anzi, è l’Italia che nella crisi della Grecia ha pagato per salvare le banche tedesche. D’ora in avanti sarà invece così: la Germania e i paesi frugali verseranno soldi che andranno ai paesi più deboli. E questo aumenta la loro preoccupazione.

(Marco Biscella)

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