“Putin è l’aggressore, ha scelto la guerra e pagherà le conseguenze”. “C’è una completa rottura ora nelle relazioni fra Stati Uniti e Russia”. “Proteggeremo gli alleati della Nato, difendendo ogni centimetro di territorio”. Sono alcuni dei passaggi chiave del discorso alla nazione pronunciato ieri dal presidente americano Joe Biden all’indomani dell’invasione russa in Ucraina. Biden ha annunciato nuove sanzioni e il bando dell’export tecnologico verso Mosca, mentre “Swift resta un’opzione, al momento nessun piano per usarla”, e ha concluso: “Non ho sottovalutato Putin. Le sanzioni contro di lui restano sul tavolo”.
Intanto in Lettonia sono arrivati i primi 400 soldati americani, che si uniranno al contingente Nato. E l’Alleanza ha attivato i suoi piani di difesa nell’Est Europa, “per dispiegare forze dove c’è più bisogno, dai Baltici al Mediterraneo”, ma non “invieremo truppe in Ucraina”, ha detto il segretario generale Jens Stoltenberg. Cosa farà la Nato? Le sanzioni degli Usa indurranno Putin a più miti consigli? Era proprio inevitabile che si arrivasse all’invasione? Di chi sono le colpe maggiori? Lo abbiamo chiesto ad Andrew Spannaus, giornalista e opinionista americano, fondatore di Transatlantico.info.
Cosa potrebbe o dovrebbe fare adesso la Nato?
Così come Biden ha ripetuto più volte che non si entrerà in guerra con la Russia, anche la Nato è stata chiarissima nel ribadire che non si manderanno truppe in Ucraina.
Detto questo?
Mi aspetto uno sforzo da parte degli Stati Uniti e della Nato per sostenere militarmente gli ucraini che, adesso, in questa fase iniziale del conflitto, non possono certo resistere in modo adeguato e sufficiente agli attacchi russi. Ma se Putin volesse rimanere in Ucraina, occupando i punti chiave del paese – a mio avviso, un grave errore –, sicuramente la Nato cercherà di fargliela pagare cara, sostenendo la resistenza ucraina.
Quindi lei non è d’accordo con alcuni analisti militari secondo i quali rifornire di armi l’Ucraina, in questo momento e dopo l’invasione, oggi non abbia più senso?
Non è solo questione di sostenere l’esercito, che come struttura organizzata fino a ieri, cioè fino all’attacco russo, non potrà resistere. Ma questo non significa che non possano restare sul terreno unità capaci di combattere, magari con azioni di guerriglia e di resistenza, contro l’invasore. Nel medio-lungo termine questo sforzo non verrà meno. E anche a Washington ragionano in questi termini.
Biden ha prima riunito alla Casa Bianca il Consiglio di Sicurezza nazionale e poi ha parlato alla nazione, illustrando le nuove sanzioni. Gli Usa vogliono fiaccare l’economia russa o indurre Putin a tornare al tavolo dei negoziati?
A Washington hanno l’impressione che Putin sottovaluti l’impatto delle misure intraprese o che si intraprenderanno. Se applicate a livello massimo, le sanzioni finanziarie potranno essere molto pesanti, per cercare di tenere fuori la Russia dal sistema finanziario dell’Occidente.
Finora avvertimenti, minacce di sanzioni, anche dispiegamenti di forze nei paesi baltici non hanno dissuaso Putin. Basteranno queste misure?
Ricordiamo quello che è successo all’Iran. Con una serie di sanzioni, comminate a più livelli, molte società occidentali sono state costrette a smettere di tenere rapporti commerciali ed economici con Teheran. Misure di questo tipo non sarebbero leggere e potrebbero avere effetti molto pungenti.
Anche le misure contro gli oligarchi vicini a Putin?
Sono persone molto influenti, ne subiranno in una certa misura gli effetti, ma Putin ha dimostrato che non gliene importa più di tanto di questo tipo di interventi.
E le sanzioni in ambito tecnologico?
Possono servire a limitare e rallentare le capacità russe nell’elettronica e nel digitale, con effetti anche nel settore della difesa. Qui la Russia dipende ancora dalle economie avanzate, anche se ha fatto grandi sforzi negli ultimi anni per rendersi indipendente.
Era inevitabile che si arrivasse a questo punto? Chi ha sbagliato di più?
Putin da anni persegue l’obiettivo e si è dato il compito di ridare dignità e influenza alla Russia. Dopo i fatti di Crimea del 2014, per i primi anni gli Stati Uniti si sono dimostrati prudenti, evitando di mandare truppe e materiale bellico per sostenere gli ucraini e per non arrivare allo scontro militare.
Poi cosa è successo?
L’Amministrazione Trump ha invece fatto proprio questo e ha incrementato il rischio che l’Ucraina intraprendesse alcune azioni contro le repubbliche separatiste del Donbass, che in effetti sono state messe in atto, così come hanno fatto anche i filo-russi contro Kiev. La questione, allora, tornando indietro di tre mesi, è se si poteva evitare questa piega dei fatti.
Secondo lei?
L’Amministrazione Biden ha scelto la strategia di rivelare i dati di intelligence che sono stati captati e oggi a Washington cantano vittoria su questo fronte, perché i servizi americani sono stati precisi e utili per compattare gli alleati. Tuttavia, fino a un certo punto, si è detto che non si sapeva se Putin avesse deciso di attaccare e credo che fosse possibile arrivare a un accordo, almeno parziale, sui punti da lui chiesti. Gli Stati Uniti hanno deciso di trattare con la Russia non in punta di fucile: se il metodo di Putin è mobilitare le truppe, non si voleva rispondere a questo.
Insomma, due linguaggi diversi?
Putin aveva bisogno di una via d’uscita dignitosa e probabilmente non l’ha trovata nella diplomazia.
E quindi ha scelto la via delle armi, anzi dei bombardamenti. Azione giustificabile?
Dal loro punto di vista, i russi possono dire che stanno facendo esattamente quanto ha fatto la Nato in Kosovo: hanno riconosciuto una provincia che si dichiara autonoma, occupano il territorio, operano un intervento militare diretto, attaccando e bombardando chi invece minaccia la popolazione. Questo non giustifica il metodo utilizzato da Putin, ma negli anni gli interventi occidentali in Iraq o in Libia o ancora prima, appunto, in Kosovo hanno fatto pensare ad altri paesi che fosse un metodo adottabile e giustificabile.
E oggi qual è l’obiettivo di Putin: si fermerà alla smilitarizzazione dell’Ucraina o andrà oltre?
Il primo obiettivo, in atto in queste ore, è chiaramente quello di voler disarmare l’Ucraina. Mi aspetto però che Putin cercherà di allargare il territorio ucraino sotto controllo di Mosca. Putin e l’establishment russo hanno deciso che la presenza militare di Mosca deve ormai estendersi a tutta quella che considerano la loro sfera d’influenza per scongiurare il processo di allargamento a est della Nato. E oggi, con l’offensiva anche di terra, visto che le loro parole non vengono ascoltate, vogliono spingere in senso contrario.
(Marco Biscella)
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