Sono sempre stato (e lo sono tuttora) favorevole alle valutazioni, anche quando si riferiscono ad ambiti complessi come la sanità e quindi richiedono metodi e strumenti complicati e sono esposte a possibili critiche rilevanti ed impietose. Queste valutazioni, però, non devono ridursi ad esercizi accademici e strumenti per fare pubblicazioni scientifiche, o peggio ancora diventare mezzo per solleticare gli appetiti mai sazi dell’informazione e della politica, ma devono essere utilizzate come strumento di programmazione sanitaria, di miglioramento della performance, di intervento per mettere a posto (per quanto possibile) quegli aspetti che la valutazione evidenzia come carenti o che possono comunque trovare soluzioni migliorative.
All’opposto, sono sempre stato contrario invece alle classifiche sanitarie, in particolare quando sono fini a sé stesse, fondate su dati discutibili, e raggiungono il solo scopo di suscitare polemiche inutili (quando la classifica punisce) o medaglie di cartone quando la classifica premia.
Il fenomeno si ripete periodicamente e proprio in queste settimane ne abbiamo assaporato di nuovo la presenza (ed i suoi potenziali effetti deleteri) prima con le valutazioni (in realtà: classifiche) di Agenas riferite alle ASL e alle aziende ospedaliere del nostro Paese e poi con le anticipazioni del ministero della Salute (esposte dal direttore generale della programmazione) sulle regioni che risultano adempienti o non adempienti nella erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (anche in questo caso sotto forma di classifica di quali sono le regioni migliori e quali le peggiori). L’ultima valutazione, per altro, è considerata ancora provvisoria e da questo punto di vista la sua comunicazione è stata ritenuta inopportuna sia dal ministro stesso che da qualche regione (è il caso del presidente della Lombardia Attilio Fontana; forse perché la sanità della sua regione non è stata adeguatamente premiata dalla valutazione? A pensar male …).
Non entro nel merito delle metodologie di valutazione adottate, sulle quali per altro ci sarebbe molto da dire se considero che questo è stato il mio mestiere principale per più di 40 anni di sanità, e nemmeno voglio discutere sulla coerenza (anche se spesso è incoerenza) dei risultati che emergono da tutte queste differenti valutazioni: mi interessa invece andare al cuore del problema per chiedermi a cosa serve una valutazione, cosa si deve valutare, perché (e per chi) si deve valutare la sanità e quali devono essere le conseguenze della valutazione. E per non fare un ragionamento teorico esamino alcuni casi concreti, a cominciare da quello più recente, appunto: quello dei LEA.
Da un po’ di anni il ministero della Salute valuta le regioni al fine di identificare quelle che risultano sufficienti (adempienti) per quanto riguarda l’erogazione dei LEA. L’obiettivo è chiaro, le metodologie utilizzate sono cambiate nel tempo ma sono note e sono state condivise dalle regioni, anche se per il momento non sono stati pubblicati i risultati di dettaglio riferiti ai singoli indicatori utilizzati quest’anno. Complessivamente, e prescindendo in modo esplicito dalla posizione in classifica, le regioni risultate sufficienti e quelle risultate insufficienti sono sostanzialmente sempre le stesse. E quali le conseguenze? Apparentemente nessuna: passate le schermaglie dialettiche nelle immediate vicinanze dell’uscita dei risultati, tutto rientra nel silenzio generale, e chi va male continua ad andare male anche nelle valutazioni successive.
Poco prima Agenas ci aveva deliziato con la valutazione delle ASL e delle aziende ospedaliere: anche qui classifica delle migliori e delle peggiori, ed ennesima polemica di chi non viene premiato. In questo caso la valutazione era indirizzata ad individuare le performance manageriali (in ottica multidimensionale) delle aziende sanitarie pubbliche, ospedaliere e territoriali, facendo ricorso ad una metodologia sviluppata da Agenas. Conseguenze? Per ora non si ha notizia di provvedimenti ma solo di reazioni stizzite da parte di chi non si è ritenuto adeguatamente classificato: è la prima volta che viene effettuata questa valutazione e quindi diamo almeno ai valutati il tempo di digerire e metabolizzare la valutazione, nella speranza che questo produca adeguate reazioni in termini di miglioramenti.
Sempre Agenas in precedenza ci aveva proposto i risultati del Programma Nazionale Esiti (PNE), cioè una valutazione della qualità delle cure erogate attraverso la misura di alcuni esiti delle stesse. Risultato: molti ospedali/ASL promossi e molti bocciati, con contemporanea assegnazione di medaglie (patacche) e maglie nere. Forse che qualche maglia nera ha messo in pista qualche processo di miglioramento (esempio: audit interno)? Molto poche per quello che ci risulta: vero è che tutte queste strutture sono ancora lì a svolgere il proprio lavoro come prima in attesa della prossima (probabilmente ancora negativa) valutazione.
Solo lo spazio suggerisce di fermarsi qui, ma dovremmo almeno nominare la valutazione delle regioni secondo il metodo dei bersagli (Scuola S. Anna di Pisa), la valutazione secondo l’approccio di Osservasalute (Università Cattolica, Roma), quella secondo la metodologia del Rapporto OASI (Cergas Bocconi, Milano), quella del CREA (Università Tor Vergata, Roma), e mi scusino tutti gli altri che non cito ma che pur mi piacerebbe nominare.
Diversi obiettivi, differenti metodologie, risultati discordanti; tante classifiche ed occasioni per distinguersi (nel bene e nel male); e poi? Chi va bene (meritatamente o meno) in genere si fa bello della valutazione ricevuta; chi va male (al minimo) dà la colpa al metodo che deve essere per forza inadeguato. Ma, condivisibile o meno che sia il risultato della valutazione, sorprende l’assenza di provvedimenti che queste valutazioni (classifiche) suscitano, considerato che esse si ripetono praticamente invariate nel tempo. Appunto: che noia, siamo costretti a dire.
“Un processo di valutazione assume significato e valore ed esprime tutto il suo potenziale di stimolo al cambiamento se a valle del percorso valutativo vengono prese delle decisioni connesse all’esito della valutazione”, avevamo scritto alla fine del 2022: senza queste decisioni le valutazioni finiscono per essere puramente esercizi di stile, stantii e noiosi, senza alcuna reale incidenza sul SSN.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI