I dati Istat sul mercato del lavoro relativi al mese di agosto indicano un leggero calo di occupati, un trend di calo anche dei disoccupati e un aumento di quanti si sono ritirati fra gli inattivi. Agosto è un mese poco significativo per capire l’andamento della domanda di lavoro. Guardando agli ultimi tre mesi emerge un trend positivo. La crescita (+1,1%) resta però troppo bassa per assicurare una ripresa del tasso di occupazione. L’obiettivo che ci si è proposti è di superare il livello pre-crisi 2008 e non solo quello pre-pandemia. Per questo i temi del lavoro assumono grande importanza per le decisioni di prossimi mesi.



La sfida che il Pnrr ha lanciato a tutti gli attori della società è quale contributo sono disposti a dare per assicurare un Paese migliore alle future generazioni. Già così appare evidente che a sostegno di questi obiettivi serve una disponibilità alla collaborazione fra tutte le parti sociali, con una nuova sfida anche per i partiti. A lanciare la proposta è stato invece il presidente del Consiglio. Anche in questo caso ha esercitato il ruolo del bambino della favola del re nudo. Come per molte decisioni prese in questo periodo ha detto la semplice verità indicando cos’è necessario fare.



Si chiami poi patto per lo sviluppo, nuova fase di concertazione o semplicemente collaborazione per il bene comune l’obiettivo di guidare la trasformazione ecologica e tecnologica riportando l’economia italiana a un alto tasso di sviluppo con crescita dell’occupazione e dei redditi da lavoro, a tutti viene chiesta una disponibilità a cambiare i parametri con cui si sono costruite finora sia le trattative sindacali che le piattaforme di confronto fra Governo e parti sociali.

Le prime risposte si dividono fra l’eccesso di entusiasmo con vena antipolitica di Confindustria e il vorrei dire no ma fatemici pensare della Cgil. In mezzo la disponibilità della Cisl che già aveva proposto la collaborazione e il confronto aperto con tutti gli attori, seguita dalla Uil.



Se l’autunno appena iniziato si scalderà nelle piazze non è ancora prevedibile. È però certo che i temi del lavoro saranno centrali, nei prossimi tre mesi, per accendere i motori verso un accordo sulle riforme indispensabili o per tornare a una fase di incomunicabilità fra chi vuole costruire il futuro e chi ha ancora in mente il lavoro com’era nel secolo scorso.

Vediamo uno per uno i temi caldi che riguardano il lavoro e attendono interventi nei prossimi mesi.

Licenziamenti. Non vi è stato il disastro che qualcuno aveva previsto con la fine del blocco attuato durante il periodo più duro della pandemia. I dati indicano un andamento in linea con quanto avveniva nel 2019. C’è però bisogno di affrontare diversamente le crisi aziendali e favorire possibili interventi partecipativi dei lavoratori al rilancio dei siti produttivi.

Delocalizzazioni. Il comportamento antisindacale e scorretto di qualche gruppo che ha scelto di spostare all’estero le fabbriche licenziando con un sms non deve portare a scelte che penalizzino investimenti stranieri in Italia. Vanno sanzionati comportamenti contrari alle nostre regole e guidate le crisi verso nuove opportunità lavorative visto che alcuni settori saranno sconvolti dai cambiamenti tecnologici in corso.

Smart working. C’è il rischio che diventi un fattore divisivo fra chi ritiene che sia bandiera di progresso e chi privilegia il ritorno alla comunità lavorativa. Non potrà interessare più del 40% dei lavoratori e sarebbe meglio lasciare alla contrattazione di settore e aziendale la definizione degli accordi su tempi, modalità e sicurezza. Se poi lo interpretiamo come piena libertà di orari e luoghi sarà bene programmare posti per co-working dato che la spinta è comunque a lavorare assieme.

Politiche attive e formazione. È una riforma centrale per il nostro Pnrr dato che in Italia un’offerta di servizi per la ricollocazione dei disoccupati non esiste. Il confronto è appena iniziato ed è complicato dalla divisione di competenze fra Stato e Regioni. Il principio deve essere quello che sta alla base del servizio sanitario. Un sistema di tutele che valgono per tutti i cittadini che hanno necessità di trovare un’occupazione e l’attuazione di ciò che si articola nelle regioni, ma prevedendo una piena collaborazione fra centri pubblici e privati i accreditati. Nuovi servizi al lavoro e formazione stanno assieme sia per la centralità della formazione nei processi di transizione lavorativa di questo periodo, sia perché la formazione professionale attuata con il potenziamento del sistema duale è necessaria per assicurare un cambio di passo nella crescita di un’offerta di lavoro preparata alle nuove professioni che usciranno dai cambiamenti in corso sia nelle manifatture che nel terziario.

Ammortizzatori sociali, Reddito di cittadinanza e Quota 100. Sono tre temi, ognuno con aspetti specifici di grande rilevanza, ma che se si affrontano singolarmente rischiano di dar vita a riforme zoppe. I tre temi si tengono assieme perché sono parti del disegno di welfare legato al lavoro realizzato nel passato. I cambiamenti avvenuti, soprattutto lo spezzettamento delle carriere lavorative, hanno determinato una realtà per cui questi strumenti di tutela coprono aree sempre più limitate di lavoratori, non assicurano un reddito nelle fasi di transizione, non coprono le reali sacche di povertà e la pensione che assicuriamo ai giovani che entrano oggi nel mondo del lavoro è tenuta a livelli troppo bassi dai costi dei pensionamenti troppo ricchi concessi fino a oggi. Sono temi considerati di bandiera da alcune forze politiche e per questo richiederebbero un’elaborazione di proposte da parte sindacale che faccia leva sulla disponibilità dei lavoratori a ridisegnare il sistema di tutele pensando al futuro.

Salario minimo. È stato riaperto il dibattito da esponenti della famosa scuola economica Pancho Villa. Quella secondo cui basta stampare moneta e così ce n’è per tutti. Il tema è però oggettivo perché stanno crescendo i working poors. Vi è aperta una questione salariale che riguarda tutti i lavoratori. Per tutelare i giovani si potrebbe iniziare togliendo di mezzo stages e tirocini che, quando non curricolari non sono contratti di lavoro e sono usati per sottopagare i lavoratori. Serve però un accordo contro i contratti privati e una contrattazione che fissi anche un valore minimo per i lavori oggi senza tutele.

Sicurezza. Le morti sul lavoro di questi giorni chiedono una risposta collettiva fatta di certezza delle pene quando vi siano colpe, ma soprattutto una grande campagna formativa ed educativa perché il lavoro è vita e per questo va doppiamente difeso e reso sicuro.

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