Secondo i dati diffusi ieri dalla Banca centrale europea, nell’ultimo trimestre del 2023 i rinnovi contrattuali hanno portato a una crescita delle retribuzioni nell’Eurozona pari al 4,5%: un dato in calo rispetto al 4,7% registrato nel trimestre precedente. Dal momento che Christine Lagarde aveva spiegato che la dinamica salariale sarebbe stata una “sorvegliata speciale” da parte della Bce nelle decisioni dei prossimi mesi sui tassi di interesse, c’è da ritenere che la diminuzione registrata alla fine dello scorso anno possa evitare il procrastinarsi di un taglio che nel nostro Paese si continua a richiedere, come dimostrano le recenti dichiarazioni del Governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta. E, secondo Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, «se la dinamica dei salari si sta raffreddando, la Bce dovrebbe tenerne conto».
È vero che è stato registrato un calo, ma il 4,5% non sembra un incremento basso…
Sembra un livello elevato, ma se consideriamo i dati sull’inflazione che erano stati anche in doppia cifra nei mesi precedenti, allora si comprende che in realtà non lo è. Anzi, è verosimile pensare che, nonostante gli aumenti salariali, i lavoratori non abbiano recuperato ancora tutto il potere d’acquisto perduto.
Nelle scorse settimane si è parlato dei crescenti rischi di vulnerabilità finanziaria per le imprese di Germania e Italia dovuti all’alto livello dei tassi di interesse. Si stanno riscontrando altri effetti negativi della politica monetaria della Bce?
Sì, basta guardare ai dati sulla bilancia dei pagamenti del 2023.
Dati positivi, dato che lo scorso anno si è chiuso con un surplus di 65,9 miliardi di euro per l’Eurozona dopo il deficit di 332,2 miliardi del 2022.
Anche in questo caso, come per le retribuzioni, c’è il rischio di non cogliere un aspetto importante. Il 2023 si è chiuso sì con un surplus, fatto certamente positivo, ma esso è frutto di un calo molto pronunciato delle importazioni (-13,5%), a causa principalmente del ribasso dei prezzi energetici, e di una diminuzione meno marcata (-1,2%) delle esportazioni
Insomma, c’è sì un surplus, ma si esporta di meno…
Esattamente. Su questo dato pesa certamente la crescita zero dell’export tedesco. Fortunatamente quello italiano è aumentato del 3%, come quello francese. Tuttavia, c’è un dato più preoccupante rispetto a questo.
Quale?
Quello relativo al calo dell’interscambio sia nell’Eurozona (-5,4%) che nell’Ue (-3,6%). Significa che ci troviamo in una situazione in cui occorre un trovare un qualche boost, una spinta per l’Italia certamente, ma anche per l’Europa in generale, dato che gli scambi all’interno dell’Eurozona e dell’Ue hanno rallentato più che con il resto del mondo.
E, per tornare a quello che diceva prima, su questo calo pesa la stretta monetaria della Bce?
Sì, questa stretta conta molto. Come ho avuto modo di dire in precedenti occasioni, mi sarei aspettato che fosse più vicina una qualche manifestazione da parte della Bce della volontà di ridurre i tassi, ma per il momento credo che questo, purtroppo, non avverrà.
Secondo lei, la Bce dirà di voler aspettare nuovi dati prima di muoversi sui tassi, come magari l’andamento delle retribuzioni del primo trimestre 2024 che verrà comunicato a maggio?
Credo che vorrà aspettare. Spero di sbagliarmi, ma dato che ormai è convinzione diffusa che la Federal Reserve sposterà il taglio dei tassi da marzo a giugno, è molto probabile che questo accada anche per la Bce.
(Lorenzo Torrisi)
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