Per una volta parliamo di foresta che cresce. Quasi alla lettera. Tra incendi e Sinodo, negli ultimi mesi si è parlato molto dell’Amazzonia. Per capirla un po’ di più la raccontiamo da un punto di vista particolare: la Scuola Agricola Rainha dos Apostolos di Manaus, che da quarant’anni insegna come coltivare e allevare in quell’ambiente unico.



Manaus è esattamente al centro dell’Amazzonia, tanto geograficamente quanto come hub della comunicazione. Sta all’incrocio delle grandi autostrade della regione, cioè i fiumi. Rio Negro e Solimões si incontrano qui, e diventano – un po’ di malavoglia – il Rio delle Amazzoni. Si uniscono ma non si mescolano per decine di chilometri, con le loro acque di colori differenti che scorrono fianco a fianco.



È una città esplosa con il boom della gomma un secolo fa, e mantenuta in vita con sgravi fiscali praticamente totali per l’industria. Qui hanno le loro fabbriche – tra le tante – Honda, Suzuki e Samsung. Prima della concorrenza cinese e della sofferenza dell’industria, a nessuno conveniva esplorare alternative, come l’agricoltura. Così Manaus importa ancora oggi l’80% degli alimenti di cui ha bisogno. Le cipolle che mangiano i due milioni e mezzo di “manaoaras” risalgono così il Rio delle Amazzoni, per più di mille chilometri, dal porto atlantico di Belem.

Ora Manaus ha cominciato a vedere nell’agricoltura una possibilità di sviluppo. Padre Cenci e monsignor Frigeni, i due padri del Pime che hanno fondato la scuola, lo avevano percepito 40 anni fa. In quell’area lungo la strada per il Venezuela si poteva fare qualcosa di utile per i giovani della zona rurale di Manaus e di tutta l’Amazzonia.



Chi si diploma alla Scuola Agricola trova lavoro, può accedere all’università (anche le migliori, che sono pubbliche e gratuite) o tornare nei propri villaggi per dedicarsi a una agricoltura più sostenibile e intensiva, e quindi allo stesso tempo più redditizia e più rispettosa dell’ambiente.

Si capisce il valore della Scuola vedendo da dove arrivano molti dei suoi 140 studenti: cittadine come Barcelos, a 200 chilometri e due giorni di barca (ci si porta l’amaca e si dorme mentre si viaggia), o Oriximiná, a cinque giornate di viaggio, o, in un caso un po’ estremo, dalla frontiera con la Colombia e il Venezuela. Lì ora ci vive Adriana, una ex allieva. Ha risparmiato per mesi per pagare alla figlia di 13 anni il viaggio fino alla scuola, distante 1.200 chilometri e sette giorni di navigazione. È come se una famiglia povera di Milano mandasse la figlia a scuola a Varsavia. Sembra esagerato, ma per quella madre l’alternativa della Scuola era l’unica all’economia del traffico che domina la città.

Adriana non è l’unica ex allieva a mandarci i figli, e se non sono i genitori l’indicazione arriva da parenti o amici ex allievi. Il commento più comune dei moltissimi sulla pagina Facebook della scuola è “ci ho passato i migliori anni della mia vita”. Suona un po’ strano, ancora di più quando si scopre che ci si sveglia alle 6, si fa la teoria la mattina, si lavora nei campi il pomeriggio e la sera si seguono i corsi di scuola media, il tutto sei giorni alla settimana dall’inizio alla fine dell’anno scolastico. Eppure…

La “Rainha dos Apostolos” è “strana” anche per altre ragioni. È gestita da brasiliani laici da più di 30 anni, mentre nella maggior parte dei casi queste strutture non sopravvivono al fondatore. Il fatto stesso che duri da tanto tempo è un’anomalia, qui dove “la foresta mangia sempre tutto”. È un po’ paradossale, ma è poi l’unica scuola dello Stato ad avere attività pratiche: l’agricoltura, l’orticoltura e l’allevamento si imparano – letteralmente – sul campo, come il giardinaggio e la coltivazione di piante medicinali.

Non ha finanziamenti pubblici sistematici e si sostiene (a malapena) con qualche affitto, l’autoproduzione e molti aiuti da parte di benefattori storici, come l’Avsi, che l’ha inserita quest’anno nella sua annuale campagna delle “Tende”.

Quello che impressiona di più della scuola è comunque la cura e la dedizione all’educazione integrale dei ragazzi. Molti di loro sono indios, per cui già gli orari fissi rappresentano un certo shock. Fa veramente impressione vedere, all’ultimo anno, come si dividono i lavori del giorno dopo o la serenità con cui affrontano giornate veramente pesanti. L’ecologia umana integrale di cui parla la Laudato si’, che tiene conto dell’ambiente, delle persone e dello sviluppo, ha la faccia di questa scuola.

La Scuola Agricola ha un sito e manda una newsletter in italiano qualche volta all’anno. Conviene seguirla, per vedere l’Amazzonia dal suo cuore.