DA RIO DE JANEIRO – Le morti in marzo sono cresciute esponenzialmente (in senso letterale) e ora sono sopra le 3mila al giorno, più che in tutta l’Unione Europea. Perché? Il ceppo “di Manaus” è più virale e più letale (specialmente tra i giovani) delle varianti sudafricana e inglese, le responsabili della seconda ondata nel resto del mondo. Un secondo fattore è stagionale: anche qui l’autunno segue l’estate, e come in Italia a settembre e ottobre, si raccolgono i frutti di un’estate e di un Carnevale in cui il distanziamento si è rilassato. Sembra comunque che il peggio sia passato: i contagi stanno calando e in metà degli stati le morti sono stabili o in calo.
Le vaccinazioni sono cominciate solo a metà gennaio ma stanno procedendo rapidamente, sfruttando le capacità di un sistema sanitario che è abituato a campagne di massa. Sono stati somministrate più di 20 milioni di dosi (quinti al mondo) e si sta raggiungendo il ritmo di un milione di vaccinazioni al giorno.
Naturalmente c’è chi accusa Bolsonaro di “genocidio” e ne chiede l’impeachment. Non ci sono i crimini, però. Al governo federale si può rimproverare di non aver limitato i collegamenti tra i vari stati e di essere partito con gli acquisti di vaccini solo dopo le prime mosse dello Stato di São Paulo e di João Doria, il cui governatore pensa di essere in competizione con Bolsonaro, ma questo non è materiale per impeachment.
Avere un presidente negazionista però, che ha già triturato tre ministri della Salute dall’inizio della pandemia, certamente non aiuta. C’è un buon 30% dei brasiliani per cui è un modello e seguono quel che dice, quel che fa e quel che non fa. Poi ci sono sindaci e governatori della sua area che – convinti o meno – non prendono decisioni che lo possano contrariare. La città di Rio de Janeiro ha stretto il suo lockdown, il Governatore bolsonarista dello Stato no, e ci sarebbe stata un’arlecchinata di regole diverse per ogni prefettura se un gruppo di città vicine non avessero deciso di coordinarsi tra loro.
Ma Bolsonaro l’impeachment se lo merita per un’altra ragione. Le sue pressioni perché le Forze armate (il “suo” esercito, come lo chiama) lo appoggino hanno portato alle dimissioni del ministro della Difesa. Per solidarietà, il giorno dopo lo hanno imitato i capi di Aviazione, Marina ed Esercito. Il paradosso è che sono proprio le Forze armate che non vogliono prendere il potere e non vogliono essere confuse con Bolsonaro e le sue mattane.
Ci sono dei meccanismi istituzionali che sono troppo delicati per il bene comune e la convivenza pacifica. Usare politicamente l’esercito, come far attaccare il Parlamento, meritano l’allontanamento immediato.
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