La notizia era girata con poco entusiasmo. Andare a un concerto di un’orchestra fatta in parte da disabili non entusiasmava. I commenti erano tra il disinteressato e il molto critico, senza risparmiare battutacce. I detenuti dell’Associazione In Opera, che ha organizzato l’evento, però, insistevano per la partecipazione, dicendo che sarebbe stato bello, che ne valeva la pena, che non sarebbe stato pesante.
Così la sera del 15 marzo nel teatro del carcere sono affluiti più di cento ospiti di Opera, alcuni consapevoli, molti altri riluttanti, ma ci sono andati. Era stato spiegato loro che l’orchestra Esagramma costruisce un riuscito esperimento. Circa trent’anni fa don Pierangelo Sequeri, un sacerdote musicista molto noto tra i cristiani perché ha scritto canti liturgici che si eseguono nelle parrocchie, ha fondato questo gruppo, chiamando altri musicisti amici suoi e chiedendo loro di formare un’orchestra per e con persone disabili: metà musicisti, metà disabili. Si potrebbe pensare che ne sia venuta fuori una cosetta buona ma scarsina. Una “opera di carità”, aveva detto qualcuno, tanto valida quanto fiacca. E invece.
Qui nel carcere, in uno dei luoghi meno aperti che si conoscano, è accaduta una di quelle cose specialissime che lasciano il segno, che aprono la mente e il cuore. Noi eravamo lì, abbiamo ascoltato l’esibizione (il gruppo naturalmente è cambiato nel tempo: oggi sono una quarantina di elementi) e siamo rimasti a bocca aperta. Bravissimi! Con musiche di Tchaikovsky, Grieg e Beethoven. Mica briciole! Vederli suonare sconvolge, perché solo guardando intenzionalmente i volti e le posture ci si accorge che alcuni sono normodotati e altri no: suonano tutti insieme con maestri, con espressione, con stile, sotto la guida di un direttore estremamente competente e bravo, che ha modi amabili, coinvolgenti: sembra che orienti e accompagni più che dirigere. Splendido.
E poi c’è la sorpresa. Perché loro sono abituati a far suonare (e bene) persone anche con disabilità severe, che non conoscono la musica, né la studiano. Hanno sviluppato un metodo di apprendimento ed esecuzione che evita tutto lo studio teorico, non richiede nemmeno particolare maestria fisica, che in tanti dei loro orchestrali non c’è, e dunque consente praticamente a chiunque di “suonare in un’orchestra”, come dicono.
Ebbene, terminato il concerto, circa 40 minuti, ci hanno stupito invitando noi, che eravamo lì, a gruppi di dieci, a salire con loro sul palco e a cimentarci nell’eseguire i brani.
Anche io che sto scrivendo sono andato e mi sono seduto tra i violoncelli. Piuttosto incredibile, ma abbiamo suonato. Al mio turno è toccata una danza arabeggiante del Peer Gynt di Grieg. Abbiamo suonato! Io non avevo mai toccato un violoncello prima e mi sono trovato a trarre melodie dallo strumento, seguendo la musicista che avevo accanto. Ha del miracoloso.
È stata un’esperienza toccante, coinvolgente quant’altre mai. Creare musica in armonia con un’altra cinquantina di persone, dialogando con le arpe, con uno xilofono, con gli strumenti a fiato, con la sezione ritmica mette i brividi! Un regalo. L’ho sentito davvero come un regalo dal Cielo per me e per tutti quelli che hanno partecipato, uno dei molti che il Buon Dio ci dona, proprio quando più e meglio servono. Un grazie sincero a Esagramma, a tutti coloro che la animano e la compongono, al molto studio, tecnica, competenza, metodo che c’è dietro all’apparente facilità che ne risulta. Straordinario.
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