Queste note che giungono a Il Sussidiario da “dentro”, abbiamo deciso – fin dall’inizio – che cercheranno di non essere una lamentela, né un luogo in cui le notizie del e sul mondo carcerario abbiano circolazione. Ce ne sono già fin troppi.

Nemmeno vogliamo raccontare le brutture, le storture, le inadempienze… Cerchiamo invece di raccontare qualche fatto diverso, gli eventi culturali, sportivi, ricreativi, qualcosa insomma che dica che anche “dentro” ci sono molti tentativi di bene e che questi hanno spesso successo. Per iniziativa di molti reclusi che lo sono senz’altro nei fatti, ma hanno cuore e mente liberi e sanno volare alti; oppure per opera dei molti volontari che sfidano ogni burocrazia ed entrano con un carico prezioso di accoglienza, di vicinanza, di supporto; anche di amicizia.



Continueremo senz’altro a fare così. Ma qualche volta, una noticina di perplessità va pur lasciata fluire, specialmente quando gli inciampi si sommano e sovrappongono tra loro a rendere l’esistenza dei ristretti ancor più faticosa e negativa, cosa questa che viene assolutamente respinta e negata in ogni documento formale, che a parole nessuno vuole, ma…



Di che si parla? Di poco, preso singolarmente.

Il primo fatto è che in molti luoghi dedicati all’espiazione della pena sul finire del 2022 è avvenuta una generale revisione dei contratti con i fornitori esterni di beni e servizi per i reclusi; i detenuti infatti possono “far la spesa” in carcere, una volta a settimana, e procurarsi cose da mangiare per arricchire il vitto che arriva “sul carrello” dell’Amministrazione; ma anche il necessario per l’igiene e la pulizia, i materiali di cancelleria… Ma da alcuni mesi, il cambiamento di molti soggetti che operano in questo settore, rende la spesa un’avventura. Prima la “lista” sulla quale fare gli ordini è stata dimezzata: “È provvisorio”, fu detto. Sono passati circa due mesi e ad oggi siamo circa al 65% delle possibilità originarie. I prezzi sono tutti aumentati, anche del 20%: che inflazione! E poi, le circostanze di paradosso; come a quel tale che avendo ordinato tre confezioni di caffè si è visto recapitare tre flaconi di detergente intimo femminile. Comicissimo dirsi, però…



Poi, le telefonate. Un ordinamento penitenziario scritto decenni or sono, assegna ai detenuti comuni una sola telefonata a casa di 10 minuti a settimana (coloro che sono in circuiti più stringenti, ne hanno di meno). Durante l’emergenza Covid, c’è stato un allargamento delle possibilità, che sono anche arrivate a tre a settimana… Ma purtroppo, dall’8 maggio 2023, si tornerà al vecchio regime. Le carceri sono tutte dotate di centralini automatici, per cui consentire due o tre chiamate a settimana non costituisce un sovraccarico di lavoro per nessuno. Ma “non si può”. Francamente non se ne comprende la ragione: quale danno può venire alle istituzioni se un marito parla con la moglie, se un genitore sente i figli, se un non scherza con un nipotino due o tre volte in una settimana, per 10 minuti? Ma niente. Si torna all’ordine, al dettato storico, a quanto si è sempre fatto. Vedremo se in questo rientro nella tradizione ci sarà anche l’impennata di suicidi, per dire.

E poi? Poi c’è la “riforma Cartabia”. Tirata alquanto per le lunghe dal governo Draghi, approvata da un parlamento piuttosto riluttante, ricevuta in “eredità” dal governo Meloni… Ha visto nascere i decreti attuativi con ritardo e fatica. In questa riforma l’elemento chiave è l’introduzione nell’ordinamento penale italiano della giustizia riparativa, per tutti gli imputati e i condannati. Ma perché possano avviarsi percorsi di giustizia riparativa, la riforma assegna alle Corti d’appello l’onere di istituire una conferenza tra le istituzioni e gli enti che di giustizia riparativa si occupano, selezionando così gli operatori certificati e curando che i mediatori siano ben formati e competenti.

Lanciamo dunque un sondaggio tra i lettori. Secondo voi quante Corti d’appello a oggi si sono mobilitate in Italia dopo diversi mesi dalla promulgazione della legge? E ancora: quando tutte le Corti d’appello avranno finito, così che in ogni angolo d’Italia, senza discriminazioni, ogni imputato o detenuto potrà accedere ad un percorso riparativo?

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