Alla fine di ottobre, nel Teatro della Casa di Reclusione di Bollate, s’è tenuto un evento di notevole impatto. Era formalmente la presentazione di un libro, con la presenza dell’autrice: una cosa non certo inusuale. Invece è stato diverso dalle aspettative, molto più forte e incisivo.

Il volume era Con la testa e con il cuore si va ovunque di Giusy Versace (Mondadori, 2013) che è la storia e il commento alle sue vicende personali. Molti ricorderanno il pauroso incidente che travolse la giovane Giusy (Giuseppina), aveva poco più di 25 anni, causandole la perdita di entrambe le gambe, tranciate di netto da un guardrail trasformato in una lama che ha sfondato l’auto e le ha strappato gli arti inferiori. Non è morta per un vero miracolo e solo perché – una volta tanto – il sistema di soccorso è stato tempestivo ed efficace: subito arrivati i paramedici, un elicottero l’ha portata in ospedale dove è stata operata per fermare la spaventosa emorragia.

La vita di Giusy era già instradata nel mondo della moda (con un cognome come il suo…) e stava imparando, crescendo nel settore. Tutto è improvvisamente cambiato: per mesi e mesi, superato il momento tragico dell’incidente, il coma, le prime fasi della convalescenza, il punto è stato comprendere che cosa fare di sé stessa, costretta su una carrozzella.

Ma se questo “si sapeva”, ha colpito tutti, quella sera, veder entrare in teatro una donna energica e determinata, che camminava disinvoltamente, sorridente, allegra e cordiale con tutti. Questa è quella Versace? Quella amputata? Così inizia la presentazione del volume, che non è per nulla una presentazione, ma un vero “spettacolo” che Giusy ha costruito sulla sua vicenda, per dare il giusto risalto alle molte persone che l’hanno accompagnata e per sottolineare la sua stessa decisione di reagire, di non fermarsi; e quanto le sia costata. Ma anche a che incredibili risultati l’abbia condotta. Sì, perché Giusy è diventata un’atleta, un’atleta vera; ha “imparato a correre” con le protesi in carbonio, meraviglia tecnologica che caratterizza coloro che perdono le gambe, diventando un’atleta paraolimpica che ha conquistato record su record, tuttora detiene un titolo mondiale, è stata alle Olimpiadi. Correndo senza le gambe.

Ma non si è fermata lì. Nella serata, Giusy ha prima presentato la sua vicenda di atleta, poi ha allargato lo sguardo e, con l’aiuto di video e immagini, ha descritto lo spettacolo teatrale che ha realizzato su sé stessa, scrivendolo e interpretandolo; ha richiamato la sua partecipazione a un’edizione di Ballando con le Stelle, il noto programma RAI, che ha persino vinto (…sempre ballando senza gambe!).

C’è anche spazio per commentare il suo impegno politico, visto che lei è ora in Parlamento (è la senatrice Versace) e s’è data da fare per leggi che agevolassero le attività sportive per i diversamente abili, facendo votare alcuni provvedimenti che disponessero finanziamenti e facilitazioni; ancora sta lavorando a quel livello su progetti molto “trasversali” tra le forze politiche, come insiste nel dire: non ha molto a cuore l’appartenenza a un partito, ciò che conta è favorire chi ha meno e può meno.

La serata scorre molto piacevole, anche perché Giusy s’è fatta accompagnare da Daniele Stefani, musicista e cantante italiano di spessore (vincitore di un Sanremo giovani, anni fa) che ha punteggiato la serata cantando alcuni brani suoi e “classici” di grande effetto, come il celebre Alleluya di Coen. Ciò che è rimasto ai presenti (detenuti e invitati esterni) è l’incontro con una donna di eccezionale forza interiore. Senza remore né reticenze, Giusy ha riconosciuto che la radice della sua energia risiede in tre elementi, senza i quali non ce l’avrebbe fatta: la vicinanza e la premura della sua famiglia, eccezionale nel fornirle tutto l’appoggio possibile; la sua Fede, che l’ha sostenuta quando s’è trattato di “rimettersi in piedi” là dove era impossibile (molto toccante è la parte della serata dedicata al suo impegno con i pellegrini a Lourdes, dove lei è andata prima a sciogliere un voto fatto alla Madonna mentre credeva di morire; e poi v’è tornata varie volte come “sorella” accompagnatrice di altri malati che cercano là risposte e aiuto). E infine, gli amici che si sono stretti a lei lungo questi decenni molto sofferti, faticosi, nei quali la lotta non è mai finita, il dolore continua a essere un problema, ma la qualità delle relazioni la regge e conforta.

Una serata del tutto inattesa, indimenticabile. Con un culmine: Giusy ha detto che “prima” era appagata e lanciata in una carriera brillante che chissà dove l’avrebbe portata. Tutto finito di botto, ritrovatasi a “non poter più toccare terra”, come dice lei, dopo anni, può cominciare a trarre un bilancio: “Non tornerei indietro; va benissimo così. Forse, anche meglio di prima”. Tutti esterrefatti: quel “meglio di prima” ha lasciato senza parole e l’applauso fragoroso ha segnato che il messaggio è arrivato. Portarlo in un carcere, è cosa grande.

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