Nel teatro della Casa di Reclusione di Opera, s’è tenuto un convegno sul “disagio in carcere” di alto profilo. Organizzato dalla Camera Penale di Milano, soprattutto per iniziativa dell’avvocato Alberta, vi hanno partecipato: Attilio Fontana, il presidente della Regione Lombardia; Giovanna Di Rosa, presidente del Tribunale di Sorveglianza; medici e funzionari ASL, uno degli argomenti era “la sanità in carcere e il disagio psichiatrico”; Francesco Maisto, Garante dei Detenuti del Comune di Milano; studenti delle università e parecchie altre persone e autorità. Ovviamente c’erano anche i vertici dell’Istituto ospitante, con il comandante e molti alti ufficiali della Polizia penitenziaria, la vicedirettrice che ha portato il saluto del direttore, indisposto, molti educatori e operatori.
Anche diversi detenuti hanno potuto esservi, incluso chi scrive e siamo rimasti molto colpiti da quanto è stato detto; parole di comprensione e di condivisione, parole di partecipazione, di impegno e annunci di decisioni. Tutto molto costruttivo e assolutamente condivisibile. Risalendo in sezione uno dei presenti commentava che se anche solo una parte di quanto asserito si traducesse in realtà, sarebbe un salto in avanti incredibile.
Ed è qui che nasce qualche riflessione. Da alcuni mesi l’amministrazione che provvede alle esigenze della struttura e degli “ospiti” dichiara ristrettezze economiche e ad esempio non ha di che pagare gli straordinari agli agenti e dunque in questi novembre e dicembre quasi tutte le attività promosse dal volontariato sono state cancellate, se non contenibili all’interno dei rigidi orari di presenza ordinaria degli agenti (pomeriggio dei giorni feriali, ma tassativamente entro le 16.30 o al sabato mattina, entro le 13). Una prima osservazione è che il convegno di cui sopra è iniziato verso le 15 e durando poi ben oltre le 18. Forse è vera la massima orwelliana che asserisce che “qualcuno è più uguale degli altri”. E questo in un periodo in cui manca anche la cosiddetta fornitura che l’amministrazione dovrebbe distribuire mensilmente a tutti: prodotti per la pulizia delle celle o per l’igiene personale, neppure la carta igienica, il che, senza scendere in particolari, è alquanto disdicevole come si comprende. Ovviamente chi può comprar cose nella “spesa” lo fa anche per chi non può (si potrà mai rimanere senza carta igienica?) ma di questo non s’è detto nulla nel convegno.
Mancano sistematicamente i pezzi di ricambio per ciò che si rompe (rubinetti, tubi, lampadine, interruttori…) e gli operatori della manutenzione ordinaria spesso devono lasciar lì le cose rotte per molte settimane, con disagi evidenti. Non si può certo farne loro una colpa e nemmeno ai responsabili locali. Ma osiamo dire che, forse, qualcuno “in alto” potrebbe meglio programmare, meglio provvedere. Da tempo la Casa Circondariale soffre di problemi di infiltrazioni: quando piove la zona al piano terra, dove si trovano le aule scolastiche, si allaga e non può essere usata. Ora sono effettivamente in corso lavori di rifacimento delle coibentazioni e delle coperture, speriamo tutti che non occorrano anni per veder finita la risistemazione.
Insomma, questa “Casa” soffre come del resto è per moltissime case e famiglie oggi, ma colpisce che lo Stato nei suoi vari ordini e istituzioni – abbia così poca cura di chi viene affidato in toto alla sua responsabilità. I soldi sono sicuramente un problema, cosa vera per tutti e sotto ogni profilo, ma questi due mesi finali del 2023 saranno ricordati, da chi li vive per lo meno, come singolarmente “stretti”.
E tutti ricordiamo che il ministro Nordio appena nominato diceva cose diversissime, che ha anche ripetuto a valle dei tragici episodi della scorsa estate, dopo i molti suicidi culminati in quello delle due donne recluse a Torino. Invece le ordinanze recenti vanno verso una progressiva limitazione delle “aperture” e delle possibilità di spostamento dei reclusi, una maggiore fatica per chi vuole avviare iniziative all’interno. E manca persino la carta igienica. Sempre risalendo le scale, dopo il grande convegno, un’altra voce commentava che era stato un po’ pesante; qualcuno mestamente rispondeva: “Ecco, una cosa di questo livello si può fare. Il pranzo di Natale con papà, no”.
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