È proprio diventata una bella tradizione, nel carcere di Opera: il pranzo che i volontari di “Incontro e Presenza” offrono al gruppo che abitualmente frequentano: sembra una piccola cosa, invece conta moltissimo. Per la splendida qualità del cibo, certamente – quest’anno meravigliosamente preparato da un ex “ospite” di Opera, che ora lavora in una cucina professionale – e per il clima simpatico, rilassato, da incontro tra amici che sempre si rinnova. Una tradizione attesa e desiderata.
Vero, ma c’è di più. Sicuramente, molto del bello di questi pranzi si deve alla modalità voluta e governata da Guido Boldrin, il responsabile del gruppo di IeP, che sempre propone un “tema di dialogo” su cui, chi ne abbia voglia, è chiamato a esprimersi durante il pranzo; gli interventi si susseguono ordinati e con calma, per cui ne viene una conversazione interessante e benefica per ciascuno.
Quest’anno si è partiti ascoltando “Allegria”, canzone di Jovanotti e Morandi, soprattutto per cogliere lo spunto che viene dal ritornello:
Mi ci vuole quello che ci vuole e quello che ci vuole
è un calcio e ripartire. Ripartire!
Quanto è bella l’allegria. Devo ricordarmelo…
quant’è bella l’allegria. Non dimenticarmelo…
Le parole semplici della canzone, tutt’altro che leggere, hanno immediatamente suscitato echi profondi. Come in Ruggero, che viene ai “pranzi” da un paio di volte, che ha ricordato come il “calcio” debba partire da sé stessi (sono io che ho dovuto prendermi a calci) per ripartire e rigenerarsi, dopo scivoloni che avevano cancellato ogni allegria e anche quando infortuni, malattie o perdite, condizionano pesantemente l’esistere.
O Emanuele, che ha alle spalle 27 anni di prigione, per cui ripartire è stato possibile grazie alla presenza della famiglia d’origine e alla fedeltà di sua moglie, che aspettandolo ha aperto una piccola attività chiamandola “Attesa 27”.
Pure quando ha parlato Maurizio, che era al pranzo per la prima volta, il discorso è andato molto in là: lui ha ricordato gli anni di solitudine, l’abbandono, la rottura dei collegamenti con l’esterno, fino a che è rinato il rapporto con sua figlia, lasciata piccolissima e ritrovata donna: non facile né scontato, ma lo sta “ricostruendo” e le parole di lei sono state il “calcio” di cui aveva bisogno per ritrovare le radici profonde di un’allegria dimenticata.
Non per tutti la strada è spianata: Claudio, che da poco è stato ammesso ai “Permessi”, ha riconosciuto come pensasse che “uscire” fosse tutto, mentre ora si accorge che deve ancora lavorare parecchio per trovare un posto che sia suo, uno spazio di senso, una meta. Così come Raffaele, che ha raccontato la vicenda autentica di un suo compagno di strada che dopo molti anni “dentro” non vuole più uscire: potrebbe, ma non sa dove andare o con chi: nessun “calcio” per lui, e la ripartenza non c’è.
A questi spunti s’è riallacciato Alessandro, sottolineando come spesso i “calci” non ci siano o non vengano colti: è sempre necessaria una testimonianza forte e per ripartire ci vuole una presenza autentica, quella dell’amicizia vera e disinteressata, quella dell’amore, quella dei legami familiari.
“Ci vuole un’azione che riapra la vita” concludono Jovanotti e Morandi in “Allegria”: ci vuole un’azione, e dunque ci vogliono persone che quell’azione compiano. Non c’è dubbio che i volontari di Incontro e Presenza ce la mettano tutta per attivare quell’azione, per dare il loro contributo al “calcio” che in tanti aspettano o addirittura cercano.
E meno male! Loro – come si può dire per altri generosissimi volontari impegnati in vari luoghi – hanno una possibile risposta a un altro punto della canzone: “Mi ci vuole quello che ci vuole; e quello che ci vuole cos’è?”. Ebbene, loro sanno che, ben nascosto nella vita di ciascuno, c’è il Disegno, c’è la chiamata, c’è la prospettiva di significato. E sanno che il desiderio di riconoscerlo e trovarlo va acceso. Anche con un pranzo, anche con la “cantata” che sempre conclude questa festa, anche con le quattro chiacchiere tra amici che germogliano spontanee, anche con gli sguardi che sempre ci scambiamo, che sono luce.
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