Caro amico ti scrivo
così mi distraggo un po’
e siccome sei molto lontano
più forte ti scriverò
Sarai stupito, mio caro amico, di una partenza così, con una citazione da Lucio Dalla. Il motivo si chiarirà subito.
Sai bene con quanta fatica abbiamo vissuto questi due anni di pandemia nel carcere di Opera. A causa della chiusura più ferrea e delle sospensioni delle attività è stato un periodo di pesantezza continua nel quale trovare spazi per non abbandonarsi o perdersi era diventato una continua lotta individuale.
Ecco perché vale la pena che ti racconti di sabato scorso. La cosa, prevista prima di Natale, era rimasta a rischio fino all’ultimo, ma per fortuna (o per Grazia: a me piace di più questa idea) la Direzione l’ha consentita.
I volontari di “Incontro&Presenza” ci hanno fatto un regalo, organizzando un “evento” bellissimo, che è arduo definire concerto. Tre musicisti hanno suonato e cantato; ma anche recital perché i tre hanno letto e commentato parti dei testi presi dal patrimonio di Lucio Dalla, parole dense e poetiche; e spettacolo perché i tre chiacchieravano con noi, scherzavano con auto ironia, lanciavano messaggi traendoli da quei testi o frutto della loro rielaborazione.
Siamo stati molto bene. Walter Muto – chitarra, canto, concertazione, arrangiatore; Carlo Pastori – tastiera, fisarmonica, canto, showman -; Carlo Lazzaroni – violino, canto, recitazione – (mi accorgo che non ti avevo ancora scritto i loro nomi, forse perché mi sembra che siano “amici”, che siano “con noi”, non nel senso di galeotti, ma di “dono immanente”, proprio così!) ci hanno offerto circa due ore di emozioni.
Musicisti con i controfiocchi e seri professionisti, hanno organizzato le scelte sceniche con maestria, alternando brani più allegri ad altri meno, componendo medley molto ben costruiti… insomma bravi. Già questo è una meraviglia. Ma oltre che bravi, sono stati veri, amabili, coinvolgenti, comunicativi. Non è da tutti.
“Quanto è profonda Lucio”: così si intitola lo spettacolo, è una carrellata attraverso le canzoni di Dalla, scelte tra le più belle, dove l’aggettivo va a significare sia l’armonia musicale, che la forza dei significati; le hanno combinate secondo una logica che privilegiava il contenuto, con Carlo Pastori e Walter Muto che si alternavano nel canto mentre gli altri eseguivano seconde voci; Carlo, col suo violino, ha spesso ricamato note sul canto, accompagnando e introducendo effetti, un tocco di maestria che ha arricchito l’esecuzione.
Mentre suonavano e cantavano io ho notato le facce dei miei compagni presenti. All’inizio c’era curiosità e attesa, ma anche un accennato timore che potesse essere pesante. Così tanto desiderato questo ritrovarsi in teatri dopo mesi e magari ora ci tocca una fregatura… Si vedeva l’esitazione serpeggiare.
Ma piuttosto in fretta ogni remora si è dissolta, le persone hanno cambiato il modo in cui erano sedute, le espressioni. Applaudivano, ridevano alle battute, le rilanciavano. Ascoltavamo i passaggi seri non perdendoci niente. Abbiamo speso ritmato il canto con le mani e poco importa che fossimo fuori tempo, bene anche così e i musicisti sapevano rallentare, accelerare, ripescare il filo ritmico quando rischiava di sbandare. Più attenti a non perdere noi che non la canzone: grandi!
Per questo alla fine non li lasciavamo andar più via: si era creato un clima di partecipata commozione che ha coinvolto tutti con saluti, pacche sulle spalle, ringraziamenti. Sembravamo un gruppo di amici che ha appena condiviso una cosa bella e rilassante.
Persino il nostro Comandante, il commissario Fusco, dicendo due parole di saluto alla fine, si vedeva che era partecipe. E, guarda, si è capito che era lì, che era “dei nostri”, quando quei tre filibustieri gli hanno cantato Porta Romana, dove c’è una strofa tutt’altro che lusinghiera verso il “commissario” di San Vittore… Ma il nostro Comandante ci stava, si divertiva, e forse questo è stato uno dei risvolti più notevoli. Magari averne di occasioni così!
“Quanto è profondo Lucio” è finito. Magari prima o poi i fantastici tre torneranno: credo di sì perché glielo abbiamo chiesto tutti. Ma intanto mi rimane un piccolo sfolgorante tesoro, che custodisco nella mente, nelle orecchie, nel cuore. Non si può che ringraziare.
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