Cos’è un Poetry Slam? Una competizione in cui i poeti gareggiano e vengono valutati da una giuria composta da cinque elementi estratti a sorte tra il pubblico. Modalità nata quasi per caso nel 1984 quando Marc Smith, operaio e poeta, organizzò incontri di lettura in un jazz club a Chicago, il Get Me High Lounge, realizzati con grande economia di mezzi. Nasce una forma poetica popolare che voleva rinnovare la scena poetica facendovi partecipare il pubblico, ma anche divertirsi. Nel 1986 Smith incontra Dave Jemilo, del Green Mill Cocktail Lounge (altro locale jazz) che gli propose di organizzare ogni settimana la sua gara di poesia. Il 20 luglio di quell’anno si tenne il primo Poetry Slam. Presto l’idea venne copiata altrove e nel 2002, a Minneapolis, 56 squadre gareggiarono per cinque giorni. Nel 2001 c’era stato il primo Slam italiano, voluto all’interno del festival Romapoesia, da Lello Voce, che organizzò l’anno dopo, per il Big Torino 2002, uno Slam internazionale in cinque lingue. Il 30 novembre 2013 viene fondata la Lips: Lega Italiana Poetry Slam.
Fin qui un po’ di notizie. Ma che c’entrano con il carcere di Opera? C’entrano, perché si è tenuta proprio lì l’edizione 2023 del Poetry Slam di Lombardia, valido per le selezioni nazionali (ormai c’è un campionato “vasto”). Erano in gara dieci poeti: tre detenuti e sette liberi, donne e uomini, che hanno accettato di entrare in prigione per consentire ai loro “colleghi” di partecipare alla competizione. Sono venuti con loro molti ospiti esterni, ma significativa è stata la presenza di una ottantina di reclusi, molti dei quali hanno anche partecipato alle giurie di valutazione, in stile Slam, con grande trasporto e facendo un tifo appassionato per i loro beniamini. In tre manche i poeti hanno recitato i loro lavori: alcuni di critica politico-sociale, altri romantici, molti autobiografici e riflessivi.
Quasi quattro ore è durata la gara e nessuno se n’è accorto: il tempo scorreva leggero come mai in galera, piacevole e coinvolgente. Tutti bravissimi, qualcuno aveva testi più difficili, altri meno, ma ognuno ha dato il meglio della propria creatività e lo hanno apprezzato tutti i presenti. Il “maestro di cerimonie” Alberto Figliolia e la presidentessa della Lips hanno gestito molto bene i flussi, imprimendo un ritmo sostenuto alla gara, che ha giovato alla sua efficacia.
Notevole anche la Guest star, un affermato poeta milanese improvvisatore, Francesco: ha chiesto due o tre parole al pubblico e con quelle ha composto lì per lì poesie articolate, perfette per metrica e ritmo, che hanno sbalordito. La prima “terna” di parole che gli è stata proposta era: libertà, perdono, volontà. La seconda: incontro, poesia, Ittiti. Si fa fatica a pensare di far poesia con “Ittiti”, ma lui lo a fatto e in modo sorprendente: grande. Piccola perla finale: le giurie delle varie manche (sempre di tre “esterni” e due ”interni”) hanno dato la vittoria a Mimmo, poeta casertano ospite del carcere, a riprova che anche qui dentro, persino qui dentro, c’è molta libertà, almeno nella mente e nel cuore.
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