Il governo è caduto e il parlamento è stato sciolto. Grosso guaio. Quante cose sono adesso ancor più incerte, quante riforme erano in viaggio e si fermeranno; quante azioni erano lì per essere intraprese e non lo saranno. Si perderanno occasioni, si perderanno soldi, ci sarà da recriminare e da lamentarsi: forse si incepperà il tanto decantato Pnrr. Non è un bel momento, è chiaro.



Per queste ragioni a molto pochi interesserà un sottoprodotto di tale situazione. Più di un anno fa la Corte costituzionale aveva dichiarato incostituzionale il cosiddetto “ergastolo ostativo”, quello che colpisce attualmente più di mille persone in Italia. Gli ergastolani sono molti di più ma quelli “ostativi” sono appunto un migliaio. Un illustre giurista ha detto: condannati alla pena di morte a vita, che è citazione di una battuta da un film comico, ma è anche una constatazione di realtà.



Ora, dire che una cosa è incostituzionale suona piuttosto serio, anzi grave, e crediamo che la Consulta nell’affermarlo intendesse darsi da fare per ovviare: l’Italia non può essere contenta di avere norme, leggi, prassi, regole… incostituzionali.

Ma dopo un anno il Parlamento non ha cambiato la legge seguendo le indicazioni della Corte. Ha solo cominciato a “discuterne”. La Corte ha così dovuto concedere altri sei mesi per la discussione, che erano in corso. Ma ora il governo è caduto, le Camere sciolte…

In fin dei conti a chi importa degli ergastolani ostativi? Non che contino granché. Anche se sono l’incarnazione palese che la Costituzione – per lo meno nell’articolo 27, dove si dice che la pena ha (dovrebbe avere) una finalità rieducativa. Come lo si rieduca un ergastolano? Ostativo, poi – è del tutto disattesa dal “sistema”, li si può ignorare. Non votano, dopo tutto.



Son ben altri i problemi di cui occuparsi e nessuno si sarà accorto dell’ennesima figuraccia di un Parlamento che rinvia, che non decide, che dilata i tempi… C’è ormai una inveterata abitudine a tutto ciò.

Circa un mese fa uno di questi ergastolani ostativi, detenuto nella Casa di Reclusione di Opera, è morto. Dopo più di trent’anni di reclusione. Sarà morto di vecchiaia, di malattia, comunque è morto. Una non-notizia, mediaticamente parlando. Ma si chiamava Diego, c’era, aveva vissuto, aveva sbagliato, aveva espiato? Qualcuno senz’altro lo sa. Può darsi che anche lui aspettasse di sapere qualche cosa di nuovo; che anche lui fosse curioso di vedere come sarebbe andata a finire la discussione parlamentare, ma non è riuscito a vederne gli esiti, rimandati ora sine die.

E ci viene in mente che, forse, sia proprio questa la via che viene scelta. Aspettando un po’, probabilmente non moltissimo considerando i dati dell’anagrafe, il problema di molti ergastolani sarà risolto per vie naturali. Il numero degli over 80 colpiti da questa misura è altissimo. Converrà dunque lasciar fare a sorella morte? È senz’altro una ragionevole ipotesi. Desolante, però.

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