Il gennaio 2024 per le carceri italiane è stato duro. Si contano molti decessi per malattia o vecchiaia tra i detenuti e 14 suicidi, tanto che si è tenuta un’interrogazione parlamentare al ministro Nordio: il clima è teso. Vale la pena allora riferire un momento assai diverso, una mattinata festosa vissuta nella Casa di reclusione di Opera, un momento di serenità che ha regalato una scintilla di gioia, almeno a chi l’ha saputa riconoscere.



L’estate scorsa sono stati realizzati tre “campetti”, con fondo in erba sintetica, per potervi giocare a calcetto o a pallavolo. Dotati delle necessarie attrezzature (porte, reti, palloni…), persino i muri sono dipinti da allegri murales. L’idea è partita da due enti che agiscono a Opera: Talenti all’Opera, animato dagli Scout Agesci, e Associazione In Opera. Uniti in una cordata hanno presentato un progetto alla Fondazione Decathlon che lo ha accolto, finanziando i lavori. La direzione dell’istituto ha caldeggiato l’iniziativa e per questo va ringraziata. Il 29 gennaio i membri del direttivo della Fondazione Decathlon sono venuti tutti qui: una dozzina di persone, molte delle quali non avevano mai avuto contatti o esperienze con il mondo carcerario. La mattinata freddissima è iniziata visitando i tre campetti, collocati in differenti aree esterne al complesso e incontrando i detenuti che si erano organizzati per un torneo inaugurale; ci sono stati brevi discorsi di saluto e poi via: torneo! E già lì si è capito che la mattinata sarebbe stata anomala: il gelo invernale mordeva, ma sembrava non incidere più di tanto sulla temperatura dell’incontro: da un lato gli “atleti” erano carichi per le partite che stavano per iniziare, dall’altro gli ospiti di Decathlon erano contenti di vedere il buon esito del lavoro. L’inaugurazione formale dei campi è stata coinvolgente. Poi gli ospiti sono stati condotti in visita alle principali strutture del carcere: palestra, biblioteca, laboratori e officine nelle quali lavorano parecchi reclusi. Fatto inconsueto, sono stati accompagnati da alcuni detenuti che hanno illustrato e descritto le attività che vi si tengono.



Vedere la palestra o la biblioteca sono stati momenti forti, perché nessuno degli ospiti si aspettava strutture così grandi e organizzate – tutti molto colpiti dall’area verde prospicente la biblioteca, dove i detenuti possono sedere all’aperto per leggere e studiare. Epocale la visita ai laboratori: la sartoria dove si producono borse e accessori per marchi famosi, le officine di assemblaggio di manufatti vari, la zona dedicata al lavoro di digitalizzazione di documenti da archiviare, il call-center, la redazione del giornale del carcere Opera News. Su tutti, il momento più sensibile è stato l’incontro al laboratorio di liuteria, dove il legno dei barconi che approdano a Lampedusa, trasportati fino a qui, viene trasformato in violini e altri strumenti musicali. Metamorfosi si chiama quel progetto, voluto dalla Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti, e mai nome fu meglio scelto; Claudio, uno dei liutai, lo ha spiegato, dicendo quanto sia faticoso smontare i barconi per estrarre legno utilizzabile e come là in mezzo si trovino cose inaspettate.



Così dicendo ha mostrato la scarpina di un bambino, di tre anni al massimo, rimasta incastrata nell’angolo di una barca. La conservano in liuteria per ricordarsi quali storie nascondano i violini che costruiscono. E si sono viste le espressioni dei visitatori che capivano che cosa stessero davvero facendo le mani di coloro che lavorano lì, persone che, se sono qui, sono state giudicate colpevoli, sono stigmatizzate agli occhi dell’opinione vulgata, ma forse…

Poi tutti quelli che hanno partecipato all’inaugurazione, gli atleti, i detenuti ciceroni, gli ospiti di Decathlon, hanno trascorso un’ora insieme in una grande sala, mangiando la pizza prodotta dal forno di Opera e i dolcetti procurati dagli scout. Clima festoso, chiacchiere serene, distensione e ovunque il calore di una nascente amicizia. La Fondazione Decathlon fa tante cose buone e questa lo è moltissimo: grazie di cuore a tutti loro. Loro pure, andandosene, non finivano di ringraziare noi detenuti per quello che avevano ricevuto. Da non credere.

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