Con l’avvento dell’informatica, la diffusione di notizie di ogni tipo è diventata spesso incontrollabile e il groviglio tra bugie, esagerazioni o verità si fa inestricabile. L’Unione europea – che ha una sua specifica Agenzia contro la disinformazione – vuole regolamentare il settore imponendo anche multe salate e oscuramento ai diffusori di “fake news”, ma rischia di scontrarsi con la libertà di pensiero e anche, implicitamente, con il desiderio di spegnere voci dissenzienti.
Tre i settori sui quali sono puntati i riflettori di Bruxelles: Covid, ambiente e guerra in Ucraina. Il problema è quando l’Unione – tutta tesa a prendersela con i “disinformatori” – non vuole ammettere che molte news della stessa Ue creano sconcerto e dissenso, dando l’impressione che la stessa Ue sia portatrice di interessi occulti sui quali non si vuole informare fino in fondo.
Nessuno ha mai spiegato con chiarezza – a proposito del Covid – quanto sia costato l’acquisto dei vaccini, con quali contratti, perché si sia detto “si” ad alcuni e non ad altri (compreso il russo Sputnik), perché i vaccini siano costati così tanto rispetto a un costo di produzione infinitesimale, quali aiuti siano stati dati alle nazioni più povere usando per esempio milioni di offerte versate dagli europei in tante campagne di raccolta fonti, di cui però non è stato dato un rendiconto. È giusto accusare il prossimo se non c’è chiarezza al proprio interno?
Lo stesso per i temi ambientali e la volontà politica di ridurre le emissioni di CO2. Obiettivo condivisibile, ma nulla fa l’Ue per calmierare i prezzi petroliferi ed evitare le speculazioni e – spingendo per le auto elettriche – non chiarisce la conseguente dipendenza europea nei confronti dei produttori di materie prime e per le batterie (Cina soprattutto). L’Ue è così poco credibile anche perché non prende posizione sul nucleare e intanto in Germania si riaprono le centrali a carbone per produrre energia elettrica: passo antitetico a quanto proclamato a Bruxelles.
Se qualcuno avanza critiche su questi temi diffonde “fake news” o doverosamente cerca di far comprendere all’opinione pubblica il rischio dell’assimilazione culturale e informativa?
Il tema è diventato dirompente nel caso della guerra in Ucraina dove diventa impossibile dissentire. Può un europeo eccepire che non sempre Kiev merita appoggio? Che la fornitura di armi ha anche delle profonde contraddizioni e contro-indicazioni? Il problema poi delle “sanzioni” è surreale: è legittimo dire (e magari dimostrare) che sono forse più gravi i guasti per l’Europa che non per gli aggressori?
Se in Russia Putin cerca di oscurare gli avversari, anche in Occidente la grande informazione è (quasi) monocorde a sostenere le tesi Nato-Usa-Ue. Disturba così se il Papa accenna alla guerra in Ucraina dicendo pubblicamente “Non sono un sostenitore di Putin, ma in guerra non ci sono solo buoni e cattivi”: la posizione è contro la linea ufficiale e quindi perfino il Papa è stato di fatto censurato da buona parte dei media. “Le parole del Papa hanno indignato tutti”, sostiene Myrta Merlino, conduttrice di La 7, su “Repubblica”: è perché mai? Piuttosto possiamo allora immaginare l’indipendenza della sua trasmissione.
Così come sarebbe interessante sapere se Gazprom abbia tagliato le forniture di gas per scelta politica oppure perché l’Ue non lascia ritornare in Russia una grande turbina Siemens per il gasdotto “Nord Stream 1” che così – secondo la versione russa – non può essere messo in pressione. Elemento vero, falso o magari solo parzialmente vero?
Se Mosca avesse ragione bisognerebbe ammettere che in nome delle sanzioni saremmo da una parte così ipocriti da escludere le forniture energetiche russe dal blocco perché del gas russo ne abbiamo bisogno, poi si “fa finta” di non pagare il gas in rubli mentre di fatto è così e ora saremmo così “furbi” da auto-danneggiarci impedendo in parte la fornitura. Chi lo sostenesse però diviene un “diffamatore”. Il risultato è che comunque cresce ulteriormente il prezzo dell’energia, con i russi (ma anche i petrolieri nostrani) che guadagnano di più: danno e beffa, ma realtà.
Un atteggiamento Ue che alla fine sembra così spesso aiutare la speculazione soprattutto perché il prezzo del gas non lo blocca nessuno, tantomeno lo impone Bruxelles e mentre i Paesi produttori fanno i loro super-affari, quelli che lo consumano (come l’Italia e la Germania) vanno economicamente a rotoli.
Una persona dovrebbe essere in grado di decidere da sola dove sia la verità ascoltando fonti diverse e confrontandole, altrimenti si rischia di imporre una verità “ufficiale” che però potrebbe essere falsa o parziale, come i casi prima citati.
È comunque sempre pericoloso mettere un limite alla libertà di pensiero, mentre vanno piuttosto denunciate le singole notizie false, ma con dati alla mano e con specifiche denunce penali, non con una censura preventiva. Se però a decidere cosa sia o meno “fake news” è una parte in causa, chi sarà mai un vero garante per il pubblico?
Anche questo dibattito meriterebbe più spazio.
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