TOKYO – Le crisi hanno sempre evidenziato i limiti dell’uomo e della società in cui esso vive. È quanto ha fatto emergere un drammatico reportage della Cnn sul tasso di suicidi in Giappone, che dopo dieci anni di calo ha visto un triste cambio di tendenza negli ultimi quattro mesi. Nel solo mese di ottobre, si sono registrati ben 2.153 suicidi, più delle 2.050 vittime per Covid dall’inizio della pandemia.



In Giappone il tasso di suicidi è meticolosamente monitorato e reso pubblico mensilmente. Storicamente le persone decidono di togliersi la vita durante la primavera, marzo o aprile precisamente, in coincidenza della chiusura dell’anno fiscale. In quel periodo i “salary men” escono esausti dai ritmi estenuanti di lavoro e i nuovi laureati cercano il primo impiego scontrandosi con una società difficile. Sempre in primavera (non a settembre come nei paesi occidentali) inizia l’anno scolastico e tra i ragazzi purtroppo c’è ancora molto bullismo.



In passato il suicidio (seppuku) aveva un significato mistico, coraggioso. Era il gesto estremo e veniva osservato un rituale preciso. Questa abitudine in un certo qual modo è rimasta nella società moderna e ci sono addirittura polizze assicurative che riconoscono un risarcimento ai familiari.

Il dato di ottobre ha segnato il record degli ultimi dieci anni e le donne sono quelle che hanno patito di più dall’inizio della pandemia, con un aumento dell’83% rispetto all’anno precedente. Gli uomini sono aumentati del 22% nello stesso periodo. L’altra categoria più debole è quella dei ragazzi tra i 15 e 20 anni. Molti sono i casi di ragazze che allevano i figli da sole. Il marito è spesso una figura marginale o assente. Chi può torna a vivere dai genitori, ma spesso molte ragazze che hanno perso il lavoro, soprattutto nei settori del commercio e del turismo, si trovano da sole senza nessuna speranza di farcela.



Il governo negli anni ha adottato diverse tecniche per scoraggiare questa pratica. I centri sociali sono stati rafforzati e le assicurazioni sono più rigide riconoscendo indennizzi solo dopo molti anni. Nelle stazioni dei treni, primo mezzo di trasporto in Giappone, hanno posto barriere in prossimità dei binari e si sentono melodie che tentano di ridurre gli stress. Inoltre ci sono diversi specchi e la cosa mi ha sempre incuriosito. Sembra che una persona, guardandosi allo specchio, sia invogliata a desistere, come se uno vedendosi come gli altri lo vedono e non come esso si concepisce sia aiutato a non annegare nei propri pensieri.

Forse quello che manca in questa società è proprio il sentire lo sguardo di qualcuno che ti vuole bene e ti aiuta, l’umiltà di ammettere di essere bisognosi e di chiedere aiuto. Concetto sul quale anche noi occidentali dovremmo soffermarci più spesso.