TOKYO – Mentre il mondo si sta avviando verso un allentamento delle forme restrittive anti-Covid, il Giappone si trova ancora in uno stato definito di “quasi emergenza”, ovvero di parziale chiusura delle attività commerciali e totale chiusura delle frontiere.

Con numeri delle infezioni che rimangono a livelli record, l’attuale stato di “quasi emergenza” è iniziato il 9 gennaio, prima con tre prefetture – Okinawa, Hiroshima e Yamaguchi –, poi si è arrivati a più di 30, compresa Tokyo. Giovedì il governo ha deciso che le attuali restrizioni per Tokyo e altre 12 prefetture rimarranno valide almeno fino al 1° marzo, ma il primo ministro Fumio Kishida ha dichiarato che cercherà di allentare le norme entro la chiusura dell’anno fiscale a fine marzo.



Attualmente, il numero giornaliero di nuovi decessi Covid-19 a livello nazionale ha superato i 100 negli ultimi giorni, un livello superiore al picco di 89 segnato durante la quinta ondata la scorsa estate. La comunità economica però spinge per un allentamento delle restrizioni, richiedendo al governo di riaprire i confini a studenti, ricercatori, viaggiatori d’affari e nuovi arrivati.



I rappresentanti economici operanti nel paese hanno parlato in una conferenza stampa tenuta dall’European Business Council in Giappone (Ebc) e hanno chiesto al governo giapponese di considerare i costi derivanti dalla chiusura del paese, compresa la caduta di investimenti stranieri e la conseguente perdita dei partner giapponesi. Si parla di parecchie centinaia di milioni di euro e le restrizioni del Giappone, le più severe tra le sette principali nazioni industriali, hanno impedito l’entrata ai nuovi residenti e agli studenti, così come ai viaggiatori d’affari a breve termine, per quasi due anni. I confini sono stati brevemente riaperti per tre settimane a novembre, ma su una stima di 150mila studenti internazionali in attesa oltreoceano, solo tre sono riusciti a entrare durante la breve finestra.



I controlli di frontiera dovrebbero alleggerirsi a marzo, permettendo l’entrata a circa mille persone al giorno. Un numero non elevato, ma che gradualmente dovrebbe aumentare a diverse migliaia. Le università e le aziende dovranno monitorare gli spostamenti e i contatti dei visitatori, che dovranno comunque trascorrere un periodo di quarantena in strutture governative. Il limite d’ingresso per gli arrivi, che era di 5mila prima che i controlli fossero messi in atto a novembre, aumenterà quando le restrizioni saranno tolte il 1° marzo. E un limite troppo basso potrebbe suscitare ulteriori critiche.

Un’altra conseguenza della pandemia e del telelavoro è che la popolazione preferisce spostarsi a lavorare in provincia anziché sostenere i salati costi della capitale. Nel 2021, per la prima volta da quando si sta monitorando il flusso dalle 23 circoscrizioni di Tokyo, sono uscite più persone di quante ne siano entrate, secondo un rapporto pubblicato poche settimane fa dal ministero degli Interni.

Tokyo è di gran lunga la città più popolosa del Giappone e con il suo fiorente settore commerciale attrae persone da tutto il paese. Con una popolazione di ben 37 milioni di persone (tenendo conto delle zone adiacenti), la sola Tokyo è la 17esima economia del mondo, il suo prodotto interno lordo è appena sotto a quello della Spagna e supera paesi come Olanda, Argentina, Polonia e Arabia Saudita. Ma la capitale sembra perdere il suo lustro durante la prolungata pandemia di coronavirus, soprattutto perché il telelavoro guadagna popolarità, permettendo alle persone una maggiore flessibilità nel luogo in cui vivono e lavorano.

Tokyo nel suo complesso ha visto più persone uscire che entrare nel 2021, mentre i guadagni netti hanno toccato i minimi storici per il secondo anno consecutivo. Un totale di 414.734 persone ha lasciato la prefettura – quasi 13mila in più rispetto al 2020 – e questo esodo rappresenta un importante aumento rispetto alle cifre pre-coronavirus (circa 350mila).

Come nel 2020, oltre la metà di coloro che si allontanano si sono diretti verso le vicine prefetture di Saitama, Chiba o Kanagawa. Ma un numero crescente di persone si sta trasferendo anche più lontano, approfittando di condizioni di lavoro flessibili. In un sondaggio di ottobre del Japan Productivity Center, circa il 20% degli intervistati ha dichiarato di lavorare a distanza.

Tokyo non è l’unica città giapponese il cui fascino è diminuito. Anche la prefettura di Osaka ha sperimentato una diminuzione degli afflussi netti nel 2021.

Al fine di rilanciare le economie regionali del Giappone, il governo nazionale ha esteso le sovvenzioni per promuovere il lavoro a distanza e per incoraggiare più persone a trasferirsi lontano da Tokyo e ha assicurato nuovi finanziamenti per questi sforzi in un bilancio supplementare per l’anno fiscale 2021 che termina a marzo.

Il coronavirus, insomma, ha introdotto delle novità nel paese per certi versi positive, facendo conoscere alla sua popolazione un nuovo modo di lavorare, con più attenzione ai livelli di stress e migliorando la qualità della vita. Speriamo che questi cambiamenti culturali permangano nel tempo.

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