“Cercasi personale”: quante volte capita di imbattersi in questo cartello, spesso affisso sulle vetrine di supermercati e ristoranti. Non a caso, negli ultimi due anni, un’impresa della distribuzione alimentare su tre ha ricercato dipendenti. Ma quasi la metà ha avuto difficoltà nel reperire le risorse desiderate a causa di una scarsità di competenze richieste e di orari di lavoro considerati pesanti. È ciò che emerge dall’Osservatorio 2022 elaborato da Fida Confcommercio, la Federazione italiana dettaglianti alimentari, in collaborazione con Format Research. 



L’analisi, in particolare, si concentra su quattro specifici temi con cui i protagonisti del commercio al dettaglio si trovano a fare i conti oggi: oltre all’andamento occupazionale del settore, la ricerca si sofferma sull’impatto che il rincaro dei prezzi ha avuto sul comparto della distribuzione, sulla difficoltà di approvvigionamento delle materie prime e sulle conseguenze del conflitto in Ucraina. Un insieme di fattori sfavorevoli che ha spinto il 54% delle aziende aderenti al campione a rinunciare ad assumere personale e il 26% a ridiscutere il contratto di locazione. 



In merito alla metodologia adottata, invece, l’Osservatorio si articola in due diverse sezioni: una prima indagine effettuata presso un campione di 406 imprese della distribuzione organizzata e della distribuzione tradizionale in Italia, e un secondo studio effettuato sulla base di fonti statistiche e documentaristiche (Istat e Confcommercio Imprese per l’Italia).

Lavoratori cercasi 

Negli ultimi due anni, il 33% delle aziende impegnate nel settore della distribuzione ha ricercato nuovo personale. Sono stati perlopiù supermercati (50%) e minimarket (30%) a fare recruiting, seguiti da discount (24%) e negozi specializzati (21%). Tra le figure più richieste emergono banconisti (68,1%), addetti alla cassa (58,5%), macellai (42,2%) e scaffalisti (39,3%). Ma anche magazzinieri (25,9%) e addetti al banco pesce (11,1%). 



A un’ampia domanda, tuttavia, non è corrisposta un’adeguata offerta. Fida Confcommercio sottolinea infatti che tra le imprese che hanno ricercato nuovo personale, quasi la metà (47%) ha riscontrato difficoltà nel reperire i giusti candidati. Il 53%, invece, sembra aver incontrato poche, o addirittura, nessuna difficoltà. Tra i motivi che compromettono il buon esito della ricerca spiccano: la scarsità di personale in linea con le competenze e le abilità richieste (64,1%); gli orari di lavoro, ritenuti troppo pesanti da parte dei candidati (40,6%); le mansioni proposte, considerate poco attrattive (31,3%) e una retribuzione non adeguata (14,1%). 

Le criticità emerse nel percorso di recruiting, spiega l’Osservatorio 2022, avrebbero impattato negativamente sui ricavi del 42,2% delle imprese coinvolte nell’analisi. Tale incidenza è molto alta per il 7,8% delle imprese, abbastanza alta per il 34,4%, e poco considerevole o inesistente per la restante parte. 

Energia e materie prime 

L’altro fronte “caldo” che le aziende del settore si trovano a fronteggiare è il significativo aumento dei prezzi delle materie prime. Si parte con l’energia, il cui costo è cresciuto in media del +82% negli ultimi sei mesi. 

Lato aziende, le prospettive per il futuro non sono assolutamente rosee. Tutt’altro. Il 69,5% delle imprese pensa infatti che, nel 2022, il prezzo dell’energia è destinato ad aumentare ulteriormente, il 24,1% crede che rimarrà invariato, mentre il 6,4% confida in una progressiva diminuzione dei costi. Tra gennaio e giugno 2022 Fida Confcommercio stima inoltre extra costi di energia elettrica pari a 1,84 miliardi di euro (Iva inclusa) rispetto allo stesso periodo del 2021. L’incremento, mettendo a confronto le due fasce temporali prese in considerazione, ammonta a +164% in un anno. 

Purtroppo, però, non è solo la bolletta dell’energia a lievitare. L’89% del campione ha infatti registrato un incremento nel prezzo dei prodotti alimentari. Una tendenza che, secondo l’84% degli intervistati, continuerà anche nei prossimi mesi. Tra le imprese in difficoltà, le criticità più citate, oltre all’aumento dei prezzi, sono: la mancanza di alcuni prodotti specifici (35,2%), ritardi nelle consegne (34,2%) e una quantità di merce insufficiente a soddisfare la domanda (32%). Sono soprattutto discount (81%) e supermercati (71%) a lamentare difficoltà nell’approvvigionamento di referenze alimentari e, in particolare, di farine e cereali (69,4%), oli e grassi animali e vegetali (66,5%), carni fresche e stagionate (35,9%), pane e prodotti da forno (26,8%), frutta e verdura (25,4%). Uno scenario alquanto complicato che, per il 55% del campione, ha ricadute negative sui ricavi.

Gli altri fattori di crisi

Altro fattore da prendere in considerazione in questo delicato scenario è il conflitto russo-ucraino. Il 61% dei supermercati, così come il 74% dei discount e il 57% dei minimarket, teme infatti che la guerra stia provocando una cospicua carenza di alcuni prodotti alimentari. Tale carenza colpirebbe soprattutto quei prodotti di cui Russia e Ucraina sono esportatori principali, come grano, olio di semi, farina e zucchero. 

Da non sottovalutare, poi, è anche la scarsa reperibilità di strumentazioni e macchinari: frigoriferi, forni, affettatrici e bilance sono difficili da trovare per l’11% del campione. Le cause principali sono da ricondursi a ritardi nelle consegne (83%), aumento dei prezzi (55,3%) e mancanza di alcuni specifici prodotti (12,8%). 

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