Raid aerei di Israele, come quelli che nel fine settimana hanno colpito infrastrutture di Hezbollah a Markaba e Srebbine. Ma anche attacchi alle postazioni militari dell’Idf. Il livello dello scontro tra israeliani e milizie sciite nell’area tra il Sud del Libano e il Nord di Israele resta alto: le operazioni militari che hanno fatto già 400 morti, tuttavia, potrebbero sfociare in una guerra che interessi tutto il Libano. Nelle ultime ore anche Hamas ha ripreso a colpire nella zona. Da parte israeliana si continua a minacciare un intervento più esteso, come evocano le parole di un funzionario militare riportate da Times of Israel: “La via d’uscita è l’escalation. Israele non può fermarsi adesso, sarebbe pericoloso per tutta la regione”. Hezbollah risponde che di questo passo gli sfollati israeliani che hanno lasciato le loro case nella regione non torneranno più nelle loro abitazioni.



Tutto questo mentre Francia e USA cercano di convincere le parti ad adottare il loro piano: applicare la risoluzione 1701 dell’Onu, quella dell’11 agosto 2006, che dispone la fine delle ostilità fra Israele e Hezbollah, ma anche il ritiro delle truppe israeliane dal Libano e il disarmo di tutti i gruppi armati della zona, compreso naturalmente Hezbollah. Un documento rimasto sulla carta: secondo Israele Hezbollah ha portato i suoi soldati a Sud del fiume Litani, secondo il Libano le forze di Tel Aviv non si sono ritirate completamente dal suo territorio. Le parti dovrebbero ritirarsi a 10 chilometri dalla linea di



La soluzione messa sul tavolo dai francesi è appoggiata anche dalla Chiesa libanese e dalla maggior parte dei cittadini del Paese, racconta Mounir Khairallah, vescovo maronita di Batroun. Il patriarca Béchara Raï il Sabato santo ha fatto appello a tutti i libanesi per proclamare una immediata cessazione della guerra e per rispettare le risoluzioni internazionali. Hezbollah, però, sostenuto dall’Iran, vuole che prima a Gaza le armi cessino di sparare. E in Israele c’è chi vorrebbe sfruttare la situazione per regolare i conti contro i libanesi filoiraniani.

Il Sud del Libano è segnato da una continua escalation tra esercito israeliano e Hezbollah. Il rischio di un’estensione della guerra è più alto?



La situazione è sempre più grave, ma rimane ancora entro certi limiti: questo anche se israeliani e Hezbollah hanno esteso i bombardamenti. Il ministro degli esteri francese, Stephane Séjourné, ha appena fatto il giro delle autorità libanesi per spiegare che la Francia, insieme agli USA, ha un piano per ridurre il rischio che la guerra si estenda a tutto il Libano, puntando sull’applicazione della ormai nota risoluzione delle Nazioni Unite 1701, e chiedendo a entrambe le parti di rispettare le disposizioni che le riguardano.

Cosa comporterebbe il piano franco-americano?

Dovrebbero cessare i bombardamenti e ognuno dovrà rispettare le frontiere dell’altro. Per Hezbollah, dunque per l’Iran, la situazione, tuttavia, si sistemerà solo con il cessate il fuoco a Gaza. Le autorità libanesi, ma anche i francesi e gli americani, invece non vogliono legare le due guerre. Gaza deve essere indipendente dal Libano. Il nodo da sciogliere è questo.

Per diverse settimane da parte israeliana ci sono state dichiarazioni del ministro della Difesa Gallant o dell’esercito secondo le quali l’attacco al Libano era imminente. Anche Tel Aviv vuole sfruttare la guerra a Gaza per cercare di ridurre al minimo l’operatività dal punto di vista militare di Hezbollah?

Gli israeliani continuano a minacciare. Finora si sono limitati a questo: pensando che anche mettendo sotto pressione Hezbollah abbiano più probabilità di ottenere un accordo con Hamas. Hezbollah, però, non vuole cedere, perché l’Iran glielo impone, anche se la maggioranza dei libanesi non condivide il conflitto con Israele che si è scatenato nel Sud del Libano.

La gente come reagisce di fronte all’eventualità di una guerra che coinvolga tutto il Paese. Ricorda ancora le distruzioni operate da Israele nel 2006? Che giudizio dà sull’operato di Hezbollah, lo vede come un corpo estraneo al Libano?

La risoluzione 1701 dell’Onu è giunta al termine degli scontri del 2006: si cerca di far pressione su Israele, Hezbollah e l’Iran perché venga rispettata, mettendo fine ai bombardamenti. Hezbollah rifiuta completamente questa prospettiva finché non ci sarà un accordo con Hamas per Gaza, ma sa che la maggioranza dei libanesi non è d’accordo con questa posizione, infatti nelle sue provocazioni non è ancora andata oltre un certo limite. Sempre in attesa di un cessate il fuoco nella Striscia.

Si parla sempre molto degli effetti della guerra a Gaza e in Cisgiordania, ma anche in Libano ci sono stati finora 400 morti e 100mila sfollati. Una tragedia dimenticata?

È una situazione di cui risente tutta la popolazione: ci sono 100mila libanesi del Sud che si sono rifugiati in altre parti del Paese, più a Nord. Anche Israele conta circa 100mila residenti del Nord che si sono rifugiati più a Sud.

La Chiesa libanese che posizione ha preso su questa situazione?

Condivide la richiesta di far rispettare la risoluzione 1701 e di non legare quello che succede alla frontiera con Israele con la situazione di Gaza. Tutte le domeniche il nostro patriarca ne parla. Una posizione molto chiara: ribadita pubblicamente più di una volta.

Quindi c’è paura per la guerra ma c’è anche la speranza che si trovi un accordo in modo tale che vengano rispettati i confini sia del Libano che di Israele?

Aspettiamo. Siamo sospesi tra queste due possibilità: la guerra e la speranza di un accordo. Temiamo il peggio ma per ora non possiamo dire se si arriverà a quello. Nessuno può prevedere come andrà a finire.

(Paolo Rossetti)

 

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