Il pericolo di una guerra che coinvolga tutto il Libano sembra sempre più vicino. Ne sono consapevoli anche gli americani, tanto che il presidente Joe Biden ha incaricato il suo inviato speciale, Amos Hochstein, di una missione che punta a evitare l’attacco in grande stile che da settimane esponenti del governo Netanyahu continuano a minacciare.



E mentre il Paese, racconta Mounir Khairallah, vescovo maronita di Batroun, è costretto ad accogliere sempre più profughi siriani, gli sfollati lasciano il Sud, colpito dalle bombe al fosforo bianco di Israele, per trovare riparo al Nord. La gente teme di trovarsi, di qui a poco, davanti all’ennesima tragedia. Deciderà Netanyahu, soprattutto ora che ha sciolto anche il gabinetto di guerra che lo consigliava: il suo governo non vuole distruggere solo Hezbollah, ma il Libano, perché è un Paese dove vivono diverse confessioni religiose e posizioni politiche. L’antitesi di ciò che Israele pensa per sé: un solo popolo e una sola religione.



Della difficile situazione sociale del Libano, che comporta “un aumento vertiginoso dei prezzi dei generi alimentari e delle medicine” e produce “povertà e incapacità di soddisfare i bisogni della vita quotidiana” ha discusso anche il Sinodo dei vescovi maroniti, che ha esortato i libanesi a non avere paura e ad essere fedeli al loro Paese, nonostante la pericolosa crisi che minaccia la sua identità. Intanto però i venti di guerra sembrano soffiare sempre più forte e non si sa se si riuscirà a fermarli.

Crescono le preoccupazioni per un’estensione della guerra in Libano. Gli americani hanno mandato un loro inviato per cercare di evitare guai peggiori. Il rischio è davvero così serio?



Le preoccupazioni ci sono e sono fondate. Gli americani sembra che ce la mettano tutta per evitare un’escalation. C’è un loro inviato che ha fatto la spola tra Israele e Beirut. Nel Sud del Libano ci sono già combattimenti intensi, bombardamenti da una parte e dall’altra. Siamo in attesa. Se scoppiasse la guerra sarebbe veramente una tragedia.

Cosa pensa la gente in Libano di questa situazione?

È molto preoccupata ma è abituata a situazioni del genere, cerca di sopravvivere, di cavarsela come può. Il morale rimane alto e gioca molto la solidarietà tra le persone.

Che cosa fa la popolazione?

Le persone cercano una sistemazione lontano da casa loro. Chi è al Sud si sposta al Nord. I bombardamenti israeliani sono con il fosforo bianco: bruciano tutto. Le persone non riescono a trovare riparo.

In Libano ci sono molti rifugiati. Hanno trovato una sistemazione?

Siamo tutti rifugiati nel nostro Paese, più coloro che vengono dalla Siria. Che continuano ad arrivare. E quelli che ci sono già non vogliono tornare a casa, anche perché starebbero peggio che in Libano. L’agenzia dei rifugiati dell’ONU continua ad aiutarli a rimanere sul posto. Certe potenze internazionali sostengono questa soluzione.

Il Paese non sta vivendo un bel momento dal punto di vista economico. Come fate ad accoglierli?

Il Libano subisce tutto il peso di questa crisi e naturalmente il regime siriano non vuole che i profughi ritornino nella loro patria.

Che considerazione hanno i libanesi di Hezbollah?

Ci sono due opinioni: una che dice che comunque sono libanesi che difendono la loro terra e il loro popolo, un’altra secondo la quale sono una milizia che agisce fuori dallo Stato. Lo Stato è completamente allo sfascio, l’esercito cerca di fare quello che può. Hezbollah è comunque composto da libanesi con i quali si deve assolutamente dialogare.

Però rispondono a logiche che non sono proprio libanesi: sono alleati con l’Iran.

D’accordo, l’Iran li aiuta a tutti i livelli, alcuni dicono che sono più iraniani che libanesi. Non sono sicuro che questa sia l’interpretazione giusta. Certo, c’è un legame con Teheran, ma rimangono sempre libanesi.

Come mai politicamente non si riesce a trovare un accordo per eleggere un presidente e un governo?

Chi governa il Libano attualmente è una classe politica interamente corrotta. Sono miliziani entrati nello Stato che hanno preso tutto in mano. Non trovano un accordo per conservare il loro potere. Fa comodo che la situazione rimanga così, altrimenti li buttiamo fuori tutti. Un giorno o l’altro succederà.

Qual è la strada per evitare che Israele dichiari guerra al Libano?

Non lo so. Non c’è niente da fare con Israele: di là domina solo l’odio, non c’è altro. Inutile discutere, soprattutto con il governo attuale.

E gli americani cosa possono fare?

Non so se potranno fare qualcosa prima delle elezioni. La nostra posizione è di stare in attesa.

Cosa ci dobbiamo aspettare, che Israele attacchi veramente in grande stile? Ora Netanyahu non ha più neanche un gabinetto di guerra, lo ha sciolto, in pratica decide da solo: darà ordine di attaccare?

Netanyahu pensa al suo interesse politico. Non c’è niente da fare con Israele. Dipende solo da loro cosa succederà in Libano.

Hezbollah può cambiare il suo atteggiamento?

Israele attacca e Hezbollah reagisce. Ormai siamo abituati a tragedie come queste, manteniamo il morale alto e cerchiamo di sostenerci gli uni gli altri per poter preservare il morale fino a che non si trova una soluzione.

Creare un cuscinetto tra i due Paesi al confine, come chiede Israele, potrebbe bastare per evitare il peggio?

Sono parole. Se anche creassero una zona cuscinetto di 10 chilometri ci sono missili che hanno gittate fino a mille chilometri.

Israele vuole proprio eliminare Hezbollah?

Israele vorrebbe distruggere il Libano fin dal 1948, perché è un Paese messaggio, come diceva Giovanni Paolo II, dove le diversità, le differenti confessioni religiose e appartenenze politiche vivono insieme. È l’antitesi di Israele, che vorrebbe un Paese con una sola lingua, un popolo e una religione.

(Paolo Rossetti)

 

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