La guerra tra Israele e Palestina sta diventando sempre più cruenta. Il governo Netanyahu sembra orientato ormai verso un’offensiva totale, mentre si scoprono gli orrori del kibbutz di Kfar Aza, con uomini, donne e bambini trucidati. Chi osserva con particolare apprensione gli sviluppi della situazione è il Libano. Hezbollah, che è un partito politico con una sua ala militare ed è sostenuto dall’Iran come Hamas, potrebbe essere presto coinvolto nel conflitto con Israele, che già in passato, nel 2006, ha attaccato massicciamente tutto il Paese proprio per ritorsione nei confronti di un’azione dell’organizzazione filoiraniana.
Il problema resta quello di trovare una via di uscita per una guerra che sembra destinata a uno scontro sempre più violento. L’unica soluzione – spiega Hanna Alwan, vescovo vicario del Patriarcato dei cristiani maroniti, che vive a Beirut – è che vengano riconosciuti due Stati, uno palestinese e uno israeliano. Ma perché si arrivi in fondo a questa strada occorre un intervento delle grandi potenze che indirizzino il conflitto verso un confronto tra le parti.
Perché il conflitto tra israeliani e palestinesi è riesploso proprio in questo momento?
Hamas è sostenuta dall’Iran, come anche Hezbollah. Ci sono diverse tesi sui motivi del conflitto, ma probabilmente quando Teheran ha sentito che alcuni Paesi arabi hanno cominciato a normalizzare i loro rapporti con Israele, con la conseguenza che la questione palestinese sarebbe stata dimenticata, ha voluto far valere le sue ragioni lanciando questa guerra, questa provocazione. I palestinesi si sentono assediati dagli israeliani, non hanno la possibilità di vivere tranquillamente: ogni tanto Israele colpisce qualche loro leader senza che nessuno ne parli nel mondo, ed è stata profanatata la Moschea di al Aqsa. Allora vogliono far sentire la loro presenza. Purtroppo ora lo scontro è molto forte, violento, esteso in tutto il Paese.
Lo scontro è in atto da tempo, ma al di là di difficoltà che ora paiono insormontabili, non è possibile ritrovare la strada del dialogo? Come si potrebbe uscire da una situazione così complicata?
La soluzione, accettata dal mondo intero, incluso quello arabo, è di fare in modo che ci siano due Stati, uno palestinese e uno israeliano. Il problema è che i fanatici palestinesi e i fondamentalisti israeliani non sono disposti a prenderla in considerazione. La soluzione può essere solo questa, ma deve essere imposta dalle Nazioni Unite o dagli Usa, dalle grandi potenze, altrimenti rimarranno sempre in guerra. E le guerre non hanno mai risolto simili problemi.
In Israele, però, l’estrema destra, che ha posizioni durissime nei confronti dei palestinesi, ora è al governo. In Palestina stanno prevalendo le forze più oltranziste o c’è una parte della società che è disposta ad aprire il dialogo?
In Palestina c’è chi vorrebbe aprire un dialogo serio, ma c’è anche Hamas, una fazione militarizzata che non accetta tutto questo e sta dalla parte dei fondamentalisti.
Si parla di un possibile coinvolgimento di Hezbollah: la guerra potrebbe arrivare anche in Libano?
Hezbollah è un partito libanese, ma è sempre stato sostenuto militarmente, politicamente ed economicamente dall’Iran. Le loro postazioni si trovano soprattutto nel sud del Libano al confine con Israele e nella valle della Bekaa, sempre in Libano, sulla frontiera con la Siria. In questi giorni quattro uomini hanno cercato di superare il confine verso Israele e tre di loro sono stati colpiti e uccisi dagli israeliani, uno invece è riuscito a tornare indietro. Alcuni dicono che provenivano da un campo palestinese in Libano. Hezbollah come risposta ha lanciato missili in Israele che a sua volta ha sparato missili contro di loro. Si teme che questi piccoli “incidenti” possano portare a uno scontro più ampio. Per il momento, tuttavia, non credo a un allargamento della guerra: l’esercito israeliano è molto preoccupato per Gaza, vuole difendere i connazionali che vivono vicino a quella zona, non ha la possibilità di aprire un altro fronte.
Hezbollah è un po’ partito, un po’ associazione, un po’ organizzazione militare: cosa rappresenta e quale peso ha in Libano?
È un partito che ha un ramo militare e un ramo politico, tredici deputati che con i loro alleati arrivano a 55 su 128 seggi parlamentari. In questo momento ostacola l’elezione del presidente del Libano, che ha finito il suo mandato a fine ottobre 2022 e deve essere maronita. Secondo la Costituzione il presidente della Camera deve convocare il parlamento già prima della fine del mandato precedente, in questo caso è stato fatto a settembre dell’anno scorso. L’elezione potrebbe avvenire in prima seduta con i due terzi dei voti, mentre a partire da quelle successive basterebbe la maggioranza. Il presidente della Camera attualmente, pur non essendo di Hezbollah, è sciita ed è loro alleato. Quando convoca una sessione per l’elezione del presidente, Hezbollah fa mancare il quorum dopo il primo voto, ma invece di proseguire la seduta e permettere la votazione a maggioranza, la sessione viene chiusa, così che bisogna ricominciare da capo, con la necessità di ritornare alla regola dei due terzi. È già successo 17 volte. Hezbollah, che ha individuato un candidato maronita suo alleato, vuole che sia sostenuto anche dagli altri partiti, che però non sono d’accordo. Sono passati tredici mesi senza portare a termine l’elezione.
I libanesi hanno paura che il conflitto si estenda fino a loro?
Nel 2006 Hezbollah ha preso in ostaggio due soldati israeliani alla frontiera e Israele ha bombardato tutto il Libano: infrastrutture, porti, tutto. È questo che temiamo. Il Paese sta già vivendo un momento molto difficile: la lira libanese è crollata. Tre anni fa un dollaro valeva 1.500 lire, adesso ne vale quasi 90.000.
Qual è l’evoluzione più probabile della guerra, ora?
Gli israeliani hanno tagliato acqua, elettricità e cibo a Gaza. Stanno pensando se entrare nella città e cercare di occuparla. I palestinesi, da parte loro, vorrebbero entrare nel territorio israeliano, occupare tutta l’area che circonda Gaza e giungere fino a Gerusalemme. Sono programmi ambiziosi che hanno conseguenze sulla vita delle persone, che portano distruzione. Ribadisco che occorre l’intervento delle grandi potenze per arrivare a una soluzione politica, altrimenti ci dobbiamo aspettare solo altre distruzioni.
(Paolo Rossetti)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.