Una tragedia immane, il terremoto di venerdì scorso in Marocco, con oltre 2mila vittime, ma anche con centinaia di migliaia di persone che devono ricostruirsi una vita. Nel mare degli aiuti che stanno arrivando in queste ore in Marocco c’è anche il contributo della Caritas italiana, attraverso la sede di Rabat, espressione di una piccola chiesa locale che comunque si è data da fare per aiutare gli sfollati.



Fabrizio Cavalletti è il referente di Caritas italiana per il Nord Africa e tiene i contatti con il Marocco. Ecco come racconta il sisma e i primi interventi sul posto: i più colpiti sono i villaggi, dove la gente viveva in povertà già prima di questo devastante terremoto. La strada per chi vuole aiutare dall’Italia in questo momento è raccogliere fondi da inviare sul posto per acquistare i beni necessari, alimentari e non.



Qual è la situazione oggi nella zona di Marrakech e quali sono le priorità di intervento?

Come Caritas italiana siamo in contatto con Caritas Rabat, con cui collaboriamo da tanti anni. Ha un’équipe non molto grande perché rispecchia quella che è la Chiesa in quel Paese, che è di minoranza, non di grande entità. Comunque si sono attivati e stanno facendo una ricognizione di quello che sono i bisogni, portando i primi aiuti. La priorità in questo momento ce l’ha l’assistenza agli sfollati. Ci sono i soccorsi per cercare di salvare vite sotto le macerie e poi ci sono moltissimi sfollati, soprattutto nei villaggi, in montagna, i più colpiti.



Le zone più colpite sono anche quelle più povere?

Questo terremoto, purtroppo, come altri, ha colpito le persone più povere: le case moderne non sono crollate, per fortuna, mentre sono crollate, appunto, quelle più vecchie e più povere, quelle dei villaggi, fuori città, dove ci sono le famiglie che vivono di agricoltura, che erano già in condizioni di povertà. Al momento bisogna cercare di contribuire a dare assistenza e supporto a questi sfollati con beni di prima necessità. Questi sono i primi passi che Caritas sta facendo, come altre organizzazioni. Caritas in Marocco non è tra le organizzazioni più importanti nel fornire aiuti in questo momento, ma sta facendo la sua parte.

Ma i vostri operatori cosa vi raccontano, come descrivono la situazione ora?

Ci raccontano di una grande devastazione soprattutto nei villaggi della zona di Marrakech e la necessità dell’assistenza degli sfollati che sono in strada e che necessitano di un po’ di tutto. In un terremoto le persone perdono improvvisamente tutto, anche quelle benestanti. Per di più le famiglie povere si sono trovate da un giorno all’altro senza quel poco che avevano, la casa, ma anche gli animali. Queste zone rurali sono anche le più difficili da raggiungere, anche i soccorsi sono difficoltosi. In alcune realtà non è semplice neanche arrivarci.

Gli aiuti che sono stati portati finora, quindi, sono alimentari? O c’è già qualche tenda o altro per ripari provvisori?

Stanno cercando anche di allestire dei ripari, ma con qualche difficoltà per i motivi di cui dicevo prima. Il ritorno che abbiamo dai nostri operatori è che le famiglie sono ancora per strada. La macchina degli aiuti si è mossa ma deve anche coprire un’area vasta.

Nel frattempo cosa fanno queste famiglie?

Si stanno arrangiando come possono: alcune non hanno neppure un’auto per dormirci dentro. La priorità è di portare coperte tendoni, teloni, tende, se è possibile. Questo non significa raccogliere questi beni in Italia. Quello che possiamo fare è una raccolta di fondi, perché il trasporto e la logistica comporterebbe un aggravio per le comunità che agiscono in Marocco. Meglio raccogliere fondi per dare la possibilità di fare acquisti sul posto: il Marocco è un grande Paese ed è stata colpita un’area. Ci sono grandi città e Rabat, dove ha sede la Caritas, è una di queste.

Come si svilupperà il vostro aiuto nel tempo?

La priorità oggi è assistere gli sfollati con beni di prima necessità e cercando di dare un riparo. Poi ci sarà la seconda fase per cercare di aiutare la popolazione a risollevarsi anche dal punto di vista economico. Molte delle persone colpite sono povere, bisogna aiutarle a ripristinare la loro capacità di sostenersi economicamente.

Avete agito così anche in Siria e Turchia: dopo l’emergenza cosa bisogna fare?

La risposta che diamo non riguarda solo l’emergenza, le nostre attività vanno avanti nel tempo. In Marocco ripeteremo lo schema di intervento che abbiamo adottato in situazioni simili, tenendo conto che ogni realtà è diversa dall’altra. Quello di ripristinare le attività economiche, in una fase due, è un obiettivo fondamentale.

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