Con riferimento alla tutela del lavoratore nel metaverso vengono in rilievo i profili di tutela della salute e sicurezza del lavoratore e la tutela della sua privacy. Quanto al primo profilo il referente normativo è chiaramente l’art. 2087 c.c., che nel richiamare la “particolarità del lavoro”, l’“esperienza” e la “tecnica” impone a carico del datore di lavoro obblighi a contenuto variabile a seconda delle caratteristiche strutturali e organizzative. Il perimetro della tutela prevenzionistica resta, anche in questo caso, il luogo di lavoro che comprende ogni ambito – quindi sia fisico che virtuale – in cui ci sia una persona che lavora.
La variabilità degli obblighi va correlata al DVR nel quale, alla stregua dei meccanismi estensivi degli obblighi prevenzionistici già sperimentati nel caso di rischi infettivi correlati alla pandemia da Covid-19, dovranno essere censiti, mappati e valutati i rischi ipotetici ai quali un lavoratore del o nel metaverso è esposto e dovranno essere adattati in chiave estensiva i presidi a tutela della sicurezza del lavoratore. Si può agevolmente presupporre una duplice tipologia di rischio, la prima – forse più semplice – correlata all’utilizzo degli strumenti necessari per accedere ed agire nel metaverso, la seconda – del tutto inesplorata – relativa alla condizione immersiva, innaturale e, sotto il profilo psico-fisico e relazionale, niente affatto neutra. Nella catalogazione degli ipotetici rischi del lavoro nel o con il metaverso ci possono supportare le esperienze già note, benché palesemente riduttive, relative al lavoro dei videoterminalisti ed ai precisi obblighi di sorveglianza sanitaria ad esso connessi relativi alle varie tipologie di rischio ad oggi note, quali i disturbi oculo visivi, i disturbi posturali e i disturbi di natura psicologica. Occorrerà poi anche approntare misure di tutela in relazione agli avvenimenti potenzialmente dannosi per la personalità morale del prestatore di lavoro, peraltro già verificatisi sottoforma di molestie tra avatar, e forieri di tutele risarcitorie di tipo non patrimoniale.
Il tema della privacy è poi particolarmente significativo perché una delle caratteristiche peculiari del metaverso è rappresentata dall’enorme quantità di dati personali e di metadati degli utenti che viene raccolta e trattata. Si tratta di dati anagrafici e di contatto, dati riguardanti gli interessi, le preferenze di consumo, le opinioni, le attività svolte, ma anche dati riguardanti la sfera fisica (come i movimenti oculari, i movimenti corporei, le onde cerebrali) e la sfera psicologica (come gli stati emotivi e le reazioni comportamentali). Si potrebbe sostenere che si tratta di uno scenario già noto e correlato all’utilizzo di internet per cui potremmo avvalerci delle coordinate giuridiche già note, ma in realtà è qualcosa di veramente esponenziale rispetto alla circolazione dei propri dati on line.
Che si tratti di un problema rilevante è attestato dal fatto tale problematica è stata già affrontata in Spagna dove l’AEPD ha tracciato un primo, seppur preliminare, quadro degli aspetti critici e ad oggi pressoché irrisolti riguardanti il rapporto tra la normativa sulla protezione dei dati personali e il metaverso. Naturalmente le aziende che intendono operare nel metaverso dovranno trattare i dati nel rispetto delle obbligazioni discendenti dal GDPR; tuttavia, l’applicazione analogica del GDPR non garantisce una tutela piena dell’utente del metaverso poiché non prevede l’interoperabilità tra le varie piattaforme, né la possibilità che più individui siano simultaneamente connessi in diverse parti utilizzando, peraltro, diversi metodi di connessione.
Quanto alla tematica dei poteri datoriali relativi alla prestazione lavorativa connessa al metaverso si tratta, in verità, di riconsiderare in termini nuovi questioni giuslavoristiche tradizionali relative al potere direttivo, nello specifico profilo dello jus variandi, ed al potere di controllo. Partendo dal potere di controllo, è facilmente intuibile come il metaverso possa fornire alle organizzazioni uno strumento esponenzialmente più potente per la supervisione ed il controllo dei lavoratori: ogni azione o movimento, ma anche ogni espressione facciale derivante da un’emozione potrebbe essere tracciata e registrata. Occorre quindi definire delle chiare coordinate ermeneutiche per l’esercizio del potere datoriale di controllo, in conformità all’art. 4 L. 300/1970, in un contesto in cui lo strumento di lavoro è condicio sine qua non per accedere al luogo di lavoro e per ivi rendere la prestazione lavorativa.
Con riferimento al potere direttivo, l’analisi può essere concentrata sull’assegnazione delle mansioni e sullo jus variandi, complessivamente inteso. Dell’assegnazione di mansioni connesse al metaverso dovrebbe farsi carico in primis la contrattazione collettiva, sia in termini di inquadramento che di trattamento economico anche per rendere conciliabili le previsioni dell’art. 2103 c.c. e le tutele di garanzia connesse all’eventuale modifica delle mansioni. Non è escluso che nel metaverso si aprano anche problematiche inedite in riferimento al potere disciplinare. Su questo aspetto, ferma restando la necessità di avere certezza dell’identità del lavoratore che opera nel metaverso per il tramite di un avatar per evitare ipotesi di sostituzioni non autorizzate, sembrano comunque applicabili, con i dovuti distinguo, i principi già noti e finanche il procedimento disciplinare ex art. 7 L. 300/1970. Tuttavia, anche in questo caso, occorrerà uno sforzo (allo stato per la verità piuttosto fantasioso) della contrattazione collettiva per l’adeguamento del catalogo dei comportamenti sanzionabili e per la riferibilità inequivocabile del comportamento sanzionabile a quel determinato avatar, tema che in un certo senso porta ad affrontare quello ben più ampio dell’imputabilità dell’azione.
In definitiva, nell’ipotesi non troppo futuristica di funzionamento globale dei metaversi, la difficoltà per l’operatore del diritto è uno sforzo di interpretazione per contestualizzare correttamente le norme giuridiche nel nuovo ambiente. Solo inquadrando correttamente il fenomeno ed individuando le criticità ed i rischi emergenti per tempo, cioè prima ancora della auto-affermazione “di fatto” del metaverso, si potrà intervenire per garantire un impiego effettivo di questa tecnologia con modalità non lesive dei presidi costituzionali di libertà, sicurezza e dignità della persona e confermare le tutele consolidate per i lavoratori. La prospettiva che emerge, per il giurista, è quella di un accompagnamento verso la significazione del corretto impianto regolatorio del metaverso, all’interno del quale governare le soggettività giuridiche e le loro azioni in una prospettiva che enfatizzi il ruolo centrale della componente umana perché le persone (nel nostro caso, i lavoratori) “dovrebbero sentirsi tanto sicuri nel mondo virtuale come lo sono in quello reale”.
(2 – fine)
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