Caro direttore,
forse c’è una piccola novità. Da alcuni giorni si susseguono voci non confermate che Aung San Suu Kyi sarebbe stata trasferita dal regime di isolamento del carcere militare nella capitale “fantoccio” Naypytaw agli arresti domiciliari in un edificio governativo a Rangoon. Altre fonti dicono che ciò avverrà a breve: è in programma.



Alcune riflessioni e commenti di sostanza e di merito assolutamente personali. Liberi di non condividerli.

Premesso che in questa situazione, in assenza di fonti indipendenti e verificate, il regime dittatoriale controlla tutti gli organi di stampa, è difficile verificare la fondatezza di questa notizia. Il mio timore è che tale notizia sia una classica fake news allo scopo di tastare le reazioni all’interno e all’esterno del Paese.



Posto che la notizia sia vera, andiamo alla sostanza: cambia poco. Rimane la stessa condizione. Dall’isolamento in un carcere militare agli arresti domiciliari con divieto di incontrare alcuno è certo un miglioramento, ma non è un cambiamento sostanziale. Stiamo comunque parlando di una donna minuta e malata di 78 anni con condanne per trent’anni di carcere!

Passiamo al merito. Se la notizia è vera, cosa se ne deduce? Le opinioni raccolte tra gli amici (certo non intellettuali, ma persone normali) seguono tre ipotesi.

Le condizioni di salute della Lady possono essere peggiorate e per mere ragioni di politica interna e internazionale non è opportuno che muoia in una cella d’isolamento in un carcere militare. È evidente quanto ne seguirebbe, sia a livello interno che internazionale. Ancora una volta lamento come le istituzioni internazionali (Onu, Croce Rossa, Asean, più il cosiddetto “Occidente”) non si siano mai mossi per constatare lo stato di salute e le condizioni di carcerazione di Aung San Suu Kyi.



La seconda ipotesi (più ottimistica) è che le pressioni diplomatiche sotterranee (certamente da noi non percepite) stiano facendo effetto. Certo è che ultimamente le efferatezze dei soldati, spesso sotto effetto di droghe e alcool, hanno superato ogni limite tollerabile. Segnalo in questo senso le morti sotto tortura nella caserma di Mindat di quattro leader cristiani di cui nessuno fa cenno. Insomma qualcuno avrà forse detto: “Adesso è troppo, non vi conviene tirare la corda”.

La terza ipotesi (più cinica) sostiene che ormai lo stato di stallo è tale da mesi che se lo possono permettere. Perché tale rimarrà per decenni. I generali controllano ciò che gli interessa controllare. Con le milizie etniche degli Stati di confine c’è una guerra guerreggiata che, tutto sommato, conviene ad entrambe le parti. Insomma i generali sono sicuri e come prova di ciò fanno anche il beau geste con la Lady o meglio: fanno quello che si definisce in gergo “window dressing” (puliamo la vetrina). Ergo: cerchiamo di apparire meglio di quanto non siamo.

Io non so quale sia la verità, quale di queste ipotesi sia vera o se ne esistano altre. Una cosa è certa: la violenza impera più che mai, la gente non ha assistenza medica, gli arresti sono arbitrari.

Sia che la notizia sia vera che falsa tutto quanto ho scritto rimane vero. Pregate per noi.

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