Caro direttore,

la stagione delle piogge monsoniche qui è entrata nel pieno del suo furore. Almeno il sole e le nubi non obbediscono all’uomo! Tutto ciò sembrerebbe un elemento estraneo al dramma che stiamo vivendo, invece complica tante cose. Non solo ha effetti nella vita normale: dal piccolo commercio che sopravvive a stento (i trasporti già difficili, diventano ancor più complicati) fino al pedalatore di risciò (in alcune strade l’acqua arriva alle ginocchia!), dal contadino che deve portare i suoi prodotti in città, al pescatore che non riesce a pescare, ecc. Ma immaginate gli effetti sulla situazione sanitaria in un contesto come quello che stiamo vivendo.



Questo “dettaglio” climatico, si innesta in un quadro sempre più fosco. Da varie regioni periferiche (Loikaw e Pekhon nello stato Kayah, Mindat nello stato Akha, varie località nello stato Karen e altri stati) mi giungono voci, confermate anche da agenzie di stampa internazionali, che ci sono combattimenti feroci a cui i militari rispondono con bombardamenti aerei e da terra. Varie chiese che la gente riteneva luoghi sicuri, diventati perciò zone di rifugio, sono state bombardate. Insomma, non potendo confrontarsi sul terreno, i militari hanno deciso che i villaggi e città che non sottostanno ai loro dictat vengano bombardati. Con la conseguenza che gli abitanti di quelle zone, ora non vivono più nelle loro case ma in capanne nella giungla. Immaginate con quali disagi, con quali problemi sanitari e – per di più, come dicevo – nella stagione delle piogge. Dio li protegga.



Non solo: chi porta aiuti sanitari viene arrestato. Vari religiosi cattolici sono stati arrestati mentre svolgevano questa attività sovversiva: portare medicinali! Questa, per altro non è una novità. Le autorità birmane hanno sempre negato, anche negli anni passati, che ci fossero problemi sanitari. Addirittura nei primi giorni del 2005, appena dopo lo tsunami che fece migliaia di vittime in tutta l’area, anche a fronte di foto satellitari e normali foto sul campo che documentavano la situazione, il governo negò il disastro. Semplicemente perché questo voleva dire: abbiamo bisogno di aiuto, ergo vengono enti stranieri… meglio di no.



Sempre per rimanere sul tema sanitario ti confermo l’alto numero di suicidi di cui ti ho detto nella precedente mail. Inoltre il Covid sta arrivando anche nella versione indiana nelle cittadine al confine occidentale. Ufficialmente si parla di 150 casi. Ma non oso immaginare quale sia la reale situazione. Era inevitabile. Però la gente rifiuta il vaccino cinese. Loro sono i mandanti e i protettori dei ribelli, perciò la gente non si fida di nulla di ciò che arriva dalla Cina: dai fiammiferi ai vaccini.

Non capiamo i dubbi occidentali su chi sia il mandante di questo crimine contro l’umanità. Per i birmani non ci sono dubbi. Una cosa è certa: che senso ha aderire all’ONU, se davanti a tutto ciò, non interviene? Il contadino che mi porta i suoi prodotti, mi chiede con disarmante semplicità: “Noi sappiamo chi ha armato i fucili, chi ha dato l’ordine di sparare. Ma, anche lasciando perdere questo, ora fermate il massacro! Cosa stanno a fare quelle persone in quel palazzo di vetro in America?” (Ada: lui non sa che  il palazzo dell’ONU si chiama proprio “Palazzo di vetro”!). Sarà ingenuo ma pone domande reali su cui sarebbe bene riflettere una volta per sempre. Io non ho saputo rispondere. O almeno, lui è uscito scuotendo la testa. La saggezza dei contadini è proverbiale, anche qui.

Vi lancio una proposta che vi prego di far girare a chi di dovere perché noi, qui, avremmo un qualche problemino ad attuarla.

Fate girare una petizione affinché il prossimo premio Nobel per la Pace sia suor Ann. Mi sembra che abbia fatto un vero, grande, reale gesto di pace. Certo non l’unico: potrei citarti altre sconosciute persone di ogni religione, etnia che si adoperano per tutti. Lei è “solo” il volto, il simbolo di una nazione. Ma forse suor Ann ha due difetti: è cattolica e sarebbe la seconda donna birmana in pochi anni a ricevere questo premio (e probabilmente a non poterlo ritirare). Mi sembra comunque l’unica speranza: non solo lei in quanto lei, ma per quanto ha mosso quel gesto. Anche questo è politicamente scorretto?

(Lettera firmata)