Caro direttore,
come preannunciato i processi farsa contro Aung San Suu Kyi e il presidente Win Myint si sono svolti e hanno prodotto le loro sentenze: condannati entrambi a 4 anni (con un aggravio di 2 anni per il presidente).
Questo, come ho avuto modo di raccontarti nell’ultima mia mail, è l’esito dell’inasprirsi della repressione che si manifesta in vari aspetti: armata (fino ad arrivare ai bombardamenti aerei) e poliziesco-giudiziaria. Ovviamente con processi farsa.
Il punto è, fra l’altro, che questo è solo il primo di una lunga serie di processi a cui i due dovranno essere sottoposti, perché ci sono altre decine di imputazioni non ancora discusse: dalle più stupide (possesso illegale di walkie talkie, importati illegalmente dalla Thailandia) a quelle più generiche (corruzione e violazione delle norme anti-Covid) o quelle più infide (violazione dell’Official Secrets Act). Il tutto secondo alcune stime prevede oltre 100 anni di carcere.
È evidente che questa sentenza ha un triplice effetto: soffocare la libertà, e dare una prova di forza all’interno e all’esterno.
Ma una lettura più maliziosa aggiunge un altro dettaglio: questa sentenza è fatta anche per escludere la partecipazione ad un possibile tavolo delle trattative della Lady e del Presidente. L’obiettivo è cioè impedire la presenza delle due figure più carismatiche, intelligenti e capaci di tenere insieme il composito mondo dell’opposizione. Infatti, per storia personale recente e passata, sono gli unici che hanno la capacità politica e il carisma per fare sintesi delle variegate posizioni che si erano aggregate nel fronte democratico antimilitarista. Una volta seduti al tavolo delle trattative, se mai vi si giungesse, la delegazione delle forze democratiche, ad oggi senza altro leader autorevole, sarebbe in grado di fare fronte unico? I rappresentanti delle varie differenti etnie e delle diverse posizioni politiche saranno capaci di trovare un punto comune? Chi avrà l’autorità morale e politica, riconosciuta e accettata da tutti, per essere leader? Sapranno mettere da parte – e per quanto – le rispettive opinioni? Chi avrà la capacità di tenere insieme le posizioni massimaliste e quelle moderate? Tenete conto che in questo paese, come in molti paesi del terzo mondo, l’appartenenza etnica prevale su ogni cosa (a volte anche nella Chiesa). Il golpe ha fatto il miracolo di sopire queste divisioni, ma tutto ciò deve essere messo alla prova del fuoco, quando ci si dovesse sedere per le trattative.
In tutto questo parlare di politica vorrei non si dimenticasse che Auung San Suu Kyi è già stata agli arresti per 15 anni e che ci sono migliaia di persone che giacciono nelle prigioni birmane in condizioni disumane. Migliaia di persone di cui nessun libro di storia, nessun giornale, neanche un volantino parlerà: davvero militi ignoti per la difesa di una libertà che militari ammantati di un’ideologia comunista vogliono sopprimere in nome del bene del popolo.
Il sentimento nel paese davanti a questa notizia è molto diverso: c’è chi si abbandona alla rassegnazione, chi alla rabbia, c’è chi lo dava per ineluttabile e inevitabile. Appena avrò un quadro più preciso sarà mia cura relazionarti. Per ora l’unico dato certo è che la repressione si è inasprita. Come dire: voi ci attaccate? Noi rispondiamo. A Milano, una volta, sui tram c’era scritto: “È vietato disturbare il manovratore”.
Perciò scusate il disturbo.
Un lettore dal Myanmar
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