Caro direttore,
devo purtroppo interrompere il mio silenzio dal Myanmar perché è accaduto un fatto drammatico che ci ha sconvolto. Colpiscono in questa vicenda: la figura che è stata assassinata, il luogo, la tempistica e la violenza con cui si è infierito.
Per la prima volta da quando è iniziata la guerra civile in Myanmar è stato ucciso un sacerdote cattolico. Era don Donald Martin. Aveva 44 anni. Era parroco del Santuario della Madonna di Lourdes nel villaggio di Kan Gyi Taw, diocesi di Mandalay.
Il santuario in questi anni era diventato luogo di ospitalità per i profughi. Prima ospitava coloro che, fuggendo dalle campagne, cercavano un “luogo sicuro”, ora dalle città. Infatti, se all’inizio le violenze dell’esercito erano concentrate sui villaggi di campagna, ora – data per persa la periferia – i bombardamenti e le violenze dei militari si concentrano sulle città, provocando un controesodo verso le zone dell’interno.
Il corpo è stato ritrovato il 14 febbraio, ma non si sa quando realmente sia avvenuto l’assassinio. Ad aggiungere dramma al dramma c’è il fatto che non si tratta di un “normale” omicidio. Dentro questo gesto c’è una violenza inaudita: il corpo è stato mutilato e sfigurato con coltelli o accette per poi essere gettato. Ovviamente, nel caos che regna, sarà difficile individuare il o i colpevoli. E certamente è impensabile supporre che l’autorità giudiziaria svolga un’indagine seria ed imparziale.
Un dato è però evidente: alla festa della Madonna di Lourdes (11 febbraio) vi era molta gente al santuario. La vicinanza tra le due date è lapalissiana. Domanda: a chi dava fastidio questo? A chi interessava uccidere don Donald o “don Don” come lo chiamavano gli amici? All’esercito, alla guerriglia o a un ladro o un ubriaco?
Certo nella zona non esiste controllo: i combattimenti sono all’ordine del giorno. È come se foste in Italia dopo l’8 settembre 1943; è terra di nessuno. Noi non abbiamo molti dubbi.
Per completare il quadro, alcune riflessioni.
È stato imposto l’arruolamento obbligatorio, così che i giovani fuggono – ma le frontiere sono chiuse – o si arruolano per poi disertare. Siamo un Paese allo sbando e senza una generazione a cui consegnare il testimone.
Le chiese e le pagode erano sempre state considerate “luoghi sicuri”: ora non più. Il messaggio è chiaro. Se neanche il Santuario della Madonna di Lourdes (Regina della Pace) è rispettato, è facile trarre le conclusioni.
Questa violenza, in un Paese buddista, ha origini ben chiare.
Infine: perché l’Europa, senza aspettare gli Usa in tutt’altre faccende affaccendati, non batte un colpo?
(Un lettore dal Myanmar)
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